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La paura di fare le capriole

Creato il 19 gennaio 2012 da Andreapomella

La paura di fare le caprioleDa bambino avevo il terrore delle capriole. Nell’ora di ginnastica, quando ci mettevamo in fila indiana davanti all’enorme materasso blu della palestra, mi veniva una faccia assente, pallida e confusa. Cercavo di guadagnarmi in silenzio l’ultimo posto della fila, e quando i primi tornavano, dopo aver fatto la loro capriola, mi spostavo per farli passare avanti, cercando in quel modo di ritardare all’infinito il momento del mio patibolo. Gli altri ragazzi erano estasiati da quell’esercizio, lo aspettavano come una liberazione. Io pensavo che avrebbero fatto bene a fare finta che io non ci fossi. Cercavo di respirare piano, leggero, quelli dietro di me lo sentivano, il panico che mi correva sul corpo, dentro al corpo. A quel tempo vivevo costantemente nel panico, il panico non mi abbandonava mai. Le capriole erano solo qualcosa di allegorico, un movimento che il corpo si rifiutava di compiere. Ma nella mia mente assumevano la forma del male supremo, erano il segno dello svantaggio con cui ero venuto al mondo. Nessuno avrebbe capito. Perciò non ho mai confessato il mio terrore. Quando arrivava il mio momento, partivo veloce di corsa, con le palpebre serrate, poi le riaprivo di colpo, occhi aperti che sbattevano, che si mescolavano alle cose che avevo nella pancia. La capriola non veniva mai, mi arrotolavo sul materasso, mi attorcigliavo su me stesso, tutti scoppiavano a ridere della mia inettitudine, il panico si raccoglieva nella gola come una sacca d’aria, poi si scioglieva, evaporava. Tornavo lentamente verso la fila, mi guardavo i piedi, le scarpe chiare. Tremavano come ramoscelli appaiati.


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