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“La pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni.” Emilio De Marchi

Creato il 26 maggio 2014 da Ilariagoffredo

Per la rubrica Letteratura italiana tra Ottocento e Novecento, parliamo del naturalista Emilio De Marchi.

Emilio De Marchi

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Emilio De Marchi (Milano 1851-1901) è stato narratore, traduttore e scrittore di teatro italiano. Perduto molto presto il padre, in una famiglia di ben nove figli riuscì tuttavia a studiare fino alla laurea. Dopo essere stato insegnante di liceo, nel 1890 ottenne la libera docenza in stilistica. I primi tre romanzi furono pubblicati in appendice a periodici e quotidiani, tra il 1876 e il 1877: Tra gli stracci è un feuilleton giocato sul contrasto netto fra bene e male; Il signor dottorino, invece, recupera il modello di prosa equilibrata dei Promessi sposi di Manzoni, ma utilizzando gli ingredienti tipici della narrativa rosa di Salvatore Farina; in Due anime in un corpo il genere giallo è rivisto mescolando sogno e realtà, in un’atmosfera di mistero. Un vero e proprio giallo è invece Il cappello del prete (1887), commedia degli equivoci ritmata e veloce che ha al centro il cappello di Don Cirillo, parroco affarista ucciso per interesse dal barone di Santafusca.

Il capolavoro di De Marchi è Demetrio Pianelli, pubblicato per la prima volta in volume nel 1890. La vicenda, che si svolge a Milano, ha come protagonista Demetrio, impegnato ad affrontare le necessità economiche della famiglia del fratello Cesarino, suicida per un debito di gioco. Il nucleo narrativo principale è costituito dal rapporto fra Demetrio e la vedova Beatrice, di cui s’innamora. Il protagonista è una figura comune, quanto di più lontano si possa immaginare dagli eroi della narrativa di Gabriele d’Annunzio, alla quale l’opera di De Marchi si contrappone. Il romanzo ha al centro una lezione di buon senso, un tacito elogio della modestia, espresso con uno stile piano molto chiaro, adatto a rappresentare intonazioni sentimentali non esasperate.

In seguito De Marchi scrisse altri quattro romanzi, l’ultimo dei quali intitolato Col fuoco non si scherza (1900). In Redivivo (1894), di ambientazione esotica, il protagonista simula la propria morte, mentre Arabella (1888) e Giacomo l’idealista (1897) testimoniano entrambi la crisi profonda della fiducia dello scrittore nei valori che ne avevano guidato l’attività culturale e letteraria.

Il mondo ama più le apparenze che la sostanza, e non c’è nulla che più offenda la gente incapace di bene quanto la vista del bene che fanno gli altri. Non potendo difendersi dal bene che ricevono, gli uomini cercano di non accorgersene o di dimenticare presto, fin che giunge opportuno il momento di vendicarsi con un piccolo trionfo d’ingratitudine.

Bibliografia

 

- Ambrogio Bazzero, introduzione ad Ambrogio Bazzero, Storia di un’anima, Fratelli Treves Editori, Milano, 1885.
- Col fuoco non si scherza, prefazione di Gaetano Negri, Carlo Aliprandi Editore, 1901.
- Il signor dottorino, in “Romanzi, racconti e novelle di Emilio De Marchi”, Vol. II, Mursia editore, 1963.
- Le due Marianne – I coniugi Spazzoletti, testo teatrale a cura di Maria Chiara Grignani, prefazione di Maria Corti, Editore Lombardi, 1991.
- Milanin Milanon: prose cadenzate milanesi, Fratelli Treves, 1926.
- Nuove storie d’ogni colore, Libr. edit. Galli di C. Chiesa e F. Guindani, 1895.
- Vecchie storie, Fratelli Treves, 1926.

La poetica naturalista

 

Il naturalismo è un indirizzo letterario, nato in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, che si caratterizza per la ricerca di una rappresentazione diretta e quanto più veritiera possibile del reale.

I presupposti filosofici del naturalismo si iscrivono nella cultura del dominante positivismo e implicano l’idea che il comportamento umano sia, secondo un principio deterministico, conseguenza diretta, oltre che dei fattori naturali, delle condizioni socio-ambientali. Un altro presupposto è l’idea che la società sia luogo di sopraffazione e abbrutimento; ne consegue che il male e la malattia sono il prodotto delle strutture sociali distorte. A ciò si aggiunge l’ipotesi che la psiche umana possa essere studiata dall’artista così come il mondo naturale viene indagato dallo scienziato e, quindi, la convinzione che lo scrittore, rinunciando alla dimensione soggettiva e sentimentale e ai pregiudizi ideologici, debba assumere l’abito mentale del ricercatore impassibile di fronte all’oggetto della sua osservazione, o meglio quello di un clinico di fronte a una situazione patologica.

Demetrio Pianelli: incipit

 

Verso mezzodì Cesarino Pianelli, cassiere aggiunto, vide entrare nell’ufficio il cassiere Martini più pallido del solito, col viso stravolto, con un telegramma in mano.
“Ebbene?”, gli domandò, “che notizie mi dà?”
“Bisogna che io parta immediatamente. È moribonda!”, rispose il Martini, con un gruppo alla gola che gli mozzò le parole.
Povero diavolo! L’aveva sposata da poco più di un anno e dopo un anno di tribolazioni, e quasi di agonia continua, la poverina moriva consunta a Nervi, dove il medico l’aveva mandata a passare l’inverno.
“Vada, vada, Martini, resto io. Si faccia coraggio, vedrà. La gioventù si aiuta sempre”.
“Dovrei avvertire il commendatore, ma la corsa parte alle dodici e quarantacinque e non ho tempo. Gli scriverò appena potrò. Guardi, Pianelli, chiudo in questa cassa i valori principali e lascio a lei la chiave di quest’altra cassa. Vuole che gliene faccia la consegna? Saranno dieci o dodici mila lire in tutto”.
“Se lei si fida di me, per conto mio non ho bisogno di consegna”, soggiunse il cassiere aggiunto, tutto commosso e premuroso.
“Mi fa una carità. Tenga conto del movimento di cassa e basta”.
“Si fidi di me: vada, non perda tempo”, disse premurosamente il Pianelli, confrontando il suo orologio con quello elettrico del cortile.

Fonti: Encarta, Wikiquote

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