Nicola ha trentacinque anni e vive rinchiuso in un ospedale psichiatrico, dove lo hanno dimenticato una mamma impazzita, una nonna “ovarola”, un padre prepotente e due zii inadeguati. Le sue giornate sono scandite dalla spesa e accompagnate da una suora che prega e paga il conto e da un amico immaginario che conta le puzze della sorella e sogna di riviste per uomini senza parole. Al supermercato c’è Marinella, il suo amore infantile che offre caffè in cialde a clienti svogliati e ride ascoltando le sue cronache marziane. Nicola è un “povero scemo” che la guerra non l’ha mai fatta, che mangia ragni e beve l’acqua di mare, che crede ai santi ma non in dio, che distribuisce pasticche e torna sempre indietro al novantanovesimo cancello perché è stanco, perché il mondo fuori è come dentro, soltanto più ordinato. Nicola è la pecora nera, il diverso che diventa poesia da declamare, storia da raccontare, canzone da cantare, pio pio pio.
Dopo il teatro (tanto teatro) e due documentari per la Fandango, Ascanio Celestini gira il suo primo film di finzione, che affonda il dito nella ferita più dolorosa del corpo sociale: la malattia mentale. La pecora nera, già realizzato per il palcoscenico e già pubblicato nella forma del libro, non compie un’indagine sulla situazione della salute mentale in Italia, piuttosto parte da un’indagine condotta negli ospedali psichiatrici per approdare a un film lirico su una biografia disgraziata e un’emarginazione inespressa. Le “parole sante” dei santi matti da (s)legare le trova e le incarna il Nicola di Ascanio Celestini, personaggio di sconcertante bellezza dimenticato sotto le macerie della struttura familiare, esempio di coscienza nella parabola di un rifiuto.
Sensibile e in ascolto degli umori della natura umana (e sociale), l’autore e attore romano svolge il racconto del suo “scemo di guerra” in tempo di pace sul volto innocente del suo personaggio, specchio di pensieri poveri e puri ma vertiginosamente profondi. Nicola è nato nei “favolosi anni Sessanta”, quelli che avevano il sapore del sale ed erano ancora troppo lontani dalla riforma di Franco Basaglia, psichiatra illuminato che promosse la progressiva eliminazione del sistema manicomiale e il reinserimento nel corpo della società dei pazienti con disturbi mentali. Nicola è uno dei tanti, troppi bambini che ha visto confluire il suo disagio in un istituto religioso per persone definite “subnormali”, un luogo dove ha comunque continuato a sognare, incapace di entrare in rapporto attivo col mondo al di là del muro, inesplicabile e terrorizzante orizzonte di non-senso accomodato ordinatamente lungo le corsie di un supermercato.
È importante sottolineare la forte originalità di Ascanio Celestini nel panorama italiano, per la scelta di storie e temi di urgente attualità, capaci di non sovrapporsi al messaggio semplicistico offerto dalla cronaca, per la volontà di lavorare con volti e corpi attoriali inediti o poco impiegati sul grande schermo. Si innalza al di sopra di tutti la performance di Giorgio Tirabassi, volto fragile e proiezione dolorosa della “follia” di Nicola. Un bambino solo sul cuore della terra, un uomo mai conciliato, mai integrato.
di: Marzia Gandolfi
da: http://www.mymovies.it
Commento del Dott. Zambello
E’ la storia di un disagio familiare, sociale che si risolve, o per lo meno tenta di risolversi, come sosteneva Basaglia e poi tutta la terapia sistemica, nella costruzione di un punto debole da eliminare: la pecora nera. E’ la teoria che i gruppi per rimanere adesi hanno bisogno di individuare un capro espiatorio. Celestini dimostra di conoscere bene queste dinamiche e le descrive, direi le disegna con un tratto leggero, senza dare giudizi e in fondo, senza proporre soluzioni. C’é una cosa che non mi convince nel film, o nell’analisi dell’autore: il disegnare, il raccontare il disagio oltre i cancelli, la dove inizia la follia. Egli tenta di raccontare come una situazione limite, borderline senza un supporto di amore vero arrivi alla spaccatura, alla separazione, sociale, al fallimento totale. L’amore anche di una suora scorreggiona innamorata del Papa può permette di sopravvivere in un mondo di realtà surrettizia. Ma, la percezione dell’assenza dell’amore reale, vero, sessuale, proietta inevitabilmente nella follia, nel distacco senza possibilità di aggancio con la realtà. Un solo dubbio: questa é una storia di follia, non la follia. Celestini corre il pericolo dei famosi anni sessanta dove da una parte i perbenisti cercavano lo “schizzo-cocco” e Basaglia pensava che era tutta colpa della società. Il mondo oltre il cancello é immenso, è un universo buio e noi possiamo solo raccontarne, raccoglierne, alcuni frammenti con la consapevolezza che sono solo piccole “caccole”