Recensione di Alessia Caputo
Straziante e decadente è la frase che apre questo capolavoro inedito di Irène Némirovsky: La pedina sullo scacchiere. Decisamente nelle corde della scrittrice ebrea deportata nel 1942, morta a Birkenau nello stesso anno e autrice del celebre Suite francese, questo piccolo scritto racconta la storia di Christophe Bohun. Un uomo tremendamente fragile, in fuga da sé stesso e dalla sua vita inconsistente, che in una Parigi di inizio Novecento assiste alla propria disfatta professionale e personale come uno spettatore qualsiasi e mai come protagonista. La vita non gli regala un solo attimo di felicità ma solo giorni tutti uguali. Costretto a vivere con una moglie che non ama, un padre ormai vecchio e in fin di vita, coinvolto in un colossale crac finanziario dieci anni prima, e un’amante/amica/confidente, la cugina Murielle, che vive in casa con loro alla stregua di una sguattera.
L’unico evento atteso e sperato è proprio l’imminente morte del vecchio Bahun che negli ultimi anni ha rappresentato la sola fonte di denaro per tutti. Se non fosse che tutti in casa lo odiano tranne il suo fedele servitore.
A ogni momento è legato un ricordo straziante, un passato di fasti e serenità, il vero amore di Christophe riposto nella giovane e bella Murielle ma purtroppo per entrambi non abbastanza facoltosa e, infine, la decisione di sposare un’altra donna. Un passato di scelte ponderate ma sbagliate e ora dov’è la felicità per Christophe? E quella della povera moglie Geneviève? E di Murielle? Ognuno vive una vita al limite della sopportazione, del grottesco e dell’infelicità. E i brevi momenti di apparente serenità sono oscurati dalla cruda verità: non c’è più un tempo per essere felici, per amare e per vivere.
«La donna parlò ancora per un po’; era leggermente ubriaca e passava il suo piumino da cipria a caso ora sul viso, ora nel suo bicchiere. Senza prestarle ascolto Christophe contemplava sulle pareti smorte e affumicate del bar il trascorrere di immagini confuse di vele, alberi maestri e soli raggianti.
“E cosa ne è stato del vostro amico?” domandò lui.
“Non ve l’ho detto? È morto pazzo”.
Christophe rise sardonicamente.
“Tanto meglio!… Questo prova che al mondo è impossibile essere totalmente felici; e consola i poveracci come noi! I nuovi proletari!”.
“Ah!” disse la donna, con un tono sentimentale. “Era davvero così felice? Forse non ha incontrato il vero amore!… La vita , anche la più straordinaria, non vale niente senza l’amore!”
“Come no!” fece Christophe.»
Ripubblicati da diverse case editrici allo scadere dei diritti, tutta l’opera della scrittrice ebrea rivive una nuova vita oltre le porte dell’Adelphi. Opera di sorprendente attualità, visti i tempi e la tematica trattata, La pedina sullo scacchiere è una vera sorpresa innanzitutto perché la protagonista non è una donna, spesso alterego della stessa scrittrice, le ambientazioni sono più cupe e c’è l’azzeramento di ogni speranza per il futuro. Christophe è un uomo che affonda sempre di più e la sua vita è come le sabbie mobili. Ma è innegabile che in La pedina sullo scacchiere c’è tutta l’Irène Némirovsky che qualsiasi lettore appassionato riconosce subito e ama profondamente.
Nota sull’autrice
Irène Némirovsky (Kiev 1903-Auschwitz 1942) è stata una delle massime rappresentanti della generazione di émigrés russi che, messi in fuga dalla Rivoluzione d’Ottobre, trovarono riparo nella Parigi del primo dopoguerra. Nata in una ricca famiglia ebrea Irène crebbe in una Russia percorsa da istanze di rinnovamento e fermenti culturali. Lasciata San Pietroburgo nel 1917 soggiornò in diversi paesi prima di approdare a Parigi. Gli ambienti, le storie, i personaggi che popolarono i suoi primi anni parigini confluirono presto nella sua scrittura. David Golder, il suo primo romanzo, divenne un caso letterario nel 1929. Seguirono altri capolavori che posero la scrittrice al centro della vita culturale tra cui Il ballo, Il malinteso e Il vino della solitudine.
Prima della sua deportazione scrisse Suite Francese, il suo capolavoro. L’assegnazione del Prix Renaudot 2004, per la prima volta postumo, le ha fatto guadagnare un posto d’onore nel canone letterario novecentesco.
La pedina sullo scacchiere – Irène Némirovsky
traduzione di Maurizio Mei
Editori Internazionali Riuniti, 2013
pp.169, 14,50 euro