Ieri sera. vado a vedere la Pelle che abito di Almodóvar. Nella vecchia sala dell' A c'è una certa tensione ed un silenzio perfetto, quando il curatore della rassegna del Giovedì ricorda il gestore del cinema morto una settima fa. La sua scomparsa mette in serio dubbio la sopravvivenza non solo della prestigiosa rassegna, che in venti anni ha portato sullo schermo il meglio della produzione d'Autore, ma soprattutto del cinema stesso. Malgrado l'avesse promesso , la multisala recentemente aperta , non dedica la minima attenzione al cinema colto e continua, imperterrita a servire il caffè in bicchierini di plastica. Bianchi. Nei fatti , se chiudesse l' A , un grande comprensorio che fino a poco tempo fa vantava una decina di sale , rimarrebbe privo di un cinema tradizionale. Questo fatto contribuirebbe ad aumentare il provincialismo delle nostre belle e concrete cittadine. Quaranta chilometri per evitare il cinepanettone di turno credo siano troppi.
Ma veniamo alla pelle che abito. La pellicola è riuscita a stupirmi. Come sempre cerco di non leggere nulla sul film che ho intenzione di vedere , se non dopo averlo fatto. Non ritengo si tratti di una delle opere più riuscite del grande cineasta spagnolo. L'opera mantiene però evidenti tutte le caratteristiche stilistiche e tecniche del regista, caratterizzandosi principalmente per il fatto di non potersi collocare in una categoria definita a priori. Noire, horror, triller ? Che sia poi questa una delle cifre prime di Pedro Almodóvar ?
La prossima settimana sul bloggaccio si farà un omaggio di diversi giorni ad una grande donna.