La pensione di inabilità è una prestazione previdenziale, reversibile ai superstiti, corrisposta mensilmente al lavoratore assicurato o al titolare di assegno ordinario di invalidità che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’impossibilità assoluta e permanente di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Per avere diritto alla prestazione è ulteriormente necessario essere iscritti in un fondo previdenza da più di cinque anni ed avere versati almeno cinque anni di contribuzione di cui tre nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda.
La liquidazione della pensione a favore del soggetto inabile è subordinata alla cessazione di ogni attività lavorativa.
Per avere diritto alla prestazione è necessaria la sussistenza di due requisiti: uno medico-legale e l’altro contributivo.
Per quanto concerne il requisito medico-legale richiesto per il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità esso consiste nell’assoluta e permanente impossibilità a compiere qualsiasi attività lavorativa a causa di infermità o di difetti fisici o mentali.
L’accertamento deve essere riferito alla inidoneità a svolgere non solo il lavoro di fatto esplicato (capacità specifica), ma tutti i lavori che l’assicurato, per condizioni fisiche, età, preparazione culturale ed esperienza professionale, sia capace di espletare (capacità generica).
In merito al requisito contributivo, è necessario che il lavoratore assicurato sia iscritto in un fondo pensioni da più di cinque anni ed abbia accreditati più di cinque anni di contribuzione di cui tre nel quinquennio precedente la data di presentazione della domanda. L’indicato requisito contributivo può venire ad esistenza anche dopo la presentazione della domanda nel corso del procedimento amministrativo e giudiziario.
Per il raggiungimento del requisito contributivo della pensione di inabilità è possibile la c.d. totalizzazione dei contributi ai sensi dell’art.2 del D. L.gs. 2 Febbraio 2006, n. 42, ossia cumulare i contributi versati in diversi fondi previdenza. In queste ipotesi, il diritto alla pensione di inabilità è conseguito in base ai requisiti di assicurazione e di contribuzione richiesti nella forma pensionistica nella quale il lavoratore è iscritto al verificarsi dello stato invalidante.
Anche in materia di pensione di inabilità si applica, in quanto generale, il principio di neutralizzazione dei periodi di sospensione del rapporto assicurativo previsto dall’art. 37 D.P.R. 26 Aprile 1957, n. 818.
Anche in tema di pensione di inabilità, per il riconoscimento del diritto è necessario presentare la domanda amministrativa all’Ente previdenziale tenuto all’erogazione. La prestazione avrà, normalmente, decorrenza dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa. Tuttavia , anche per la pensione di inabilità, valgono le regole di spostamento della decorrenza medesima previste per l’assegno ordinario di invalidità. Il verificarsi dei requisiti contributivo e/o medico legale in un momento successivo alla data di presentazione della domanda, nel corso del procedimento amministrativo o giudiziario, comporterà che la presentazione avrà decorrenza dal momento in cui si è verificato il requisito originariamente mancante.
Secondo quanto prevede l’art. 2, comma 2, della Legge 12 Giugno 1984, n. 222 la concessione della pensione al soggetto riconosciuto inabile è subordinata alla cancellazione dell’interessato dagli elementi anagrafici degli operai agricoli, dagli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi e dagli albi professionali, alla rinuncia ai trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e ad ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione. Nel caso in cui la rinuncia o la cancellazione avvengano successivamente alla presentazione della domanda, la pensione è corrisposta a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della rinuncia o della cancellazione. Nel caso in cui la rinuncia o la cancellazione avvengano successivamente alla presentazione della domanda, la pensione è corrisposta a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della rinuncia o della cancellazione.
Va evidenziato che la regolamentazione contenuta nel 2° comma riguarda le ipotesi di prestazioni previdenziali non ancora concesse
Il successivo 5° comma della stessa disposizione stabilisce che la pensione di inabilità è incompatibile con i compensi per attività di lavoro autonomo o subordinato in Italia o all’estero svolte successivamente alla concessione della pensione. E’ancora incompatibile con l’iscrizione negli elenchi anagrafici degli operai agricoli, con l’iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori autonomi o in albi professionali e con i trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e con ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione.
Nel caso in cui si verifichi una delle predette cause di incompatibilità, il pensionato è tenuto a darne immediata comunicazione all’ente erogatore il quale revoca la pensione di inabilità sostituendola, ove ne ricorrano le condizioni, con l’assegno di invalidità. Detta prestazione avrà decorrenza da primo giorno del mese successivo a quello nel quale si è verificata la condizione di incompatibilità.
In siffatta ipotesi, il pensionato sarà tenuto a restituire le eventuali differenze tra l’importo dei ratei di pensione di inabilità percepiti e quelli di assegno di invalidità dovuti.
Le cause di incompatibilità riportate nel 5° comma si riferiscono alle fattispecie nelle quali la causa medesima interviene dopo la concessione della prestazione.
La pensione di inabilità è una prestazione per la quale non è prevista alcuna determinazione di durata. Essa, tuttavia, è sottoponibile al procedimento di revisione previsto dall’art. 9 della Legge 12 Giugno 1984 n. 222. Il potere di revisione è attribuito all’ente previdenziale e non è previsto, per il suo esercizio, alcun limite o alcun presupposto. Il 1° comma dell’art. 9 della Legge 222/84 citata, si limita infatti ad affermare che il titolare della pensione può essere sottoposto ad accertamenti sanitari per la revisione dello stato di inabilità “ad iniziativa dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale”.
La pensione di inabilità è costituita dall’importo dell’assegno di invalidità senza integrazione al minimo oltre una maggiorazione che si computano secondo il sistema contributivo, con l’attribuzione di una anzianità complessiva non superiore a 40 anni, aggiungendo al montante individuale posseduto al momento della decorrenza della prestazione una ulteriore quota di contribuzione riferita al periodo mancante fino al raggiungimento del sessantesimo anno di età. Questa contribuzione deve essere quantificata prendendo a base le medie contributive pensionabili possedute negli ultimi cinque anni e rivalutate ai sensi dell’art. 3, comma 5, D. Lgs. 503/92. Il coefficiente di trasformazione, come per gli assegni di invalidità, dovrà essere quello relativo all’età di 57 anni per i soggetti che hanno un’età inferiore.
Così come avviene per l’assegno di invalidità, la pensione di inabilità liquidata in conseguenza di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale non è cumulabile con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante dall’INAIL a norma del T.U. sull’assicurazione per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tale incumulabilità è limitata fino a concorrenza della rendita medesima.
Sebbene nel nostro ordinamento esista il principio dell’alternatività preclusiva fra le pensioni – per il quale il titolare di una pensione di inabilità non può godere anche di una pensione di vecchiaia o di anzianità – tuttavia la prestazione di inabilità può trasformarsi in pensione di vecchiaia. Perché ciò avvenga è necessario che il pensionato di inabilità possa far valere i requisiti di età e contributivi previsti per la prestazione da ultimo indicata.
La trasformazione della pensione di inabilità in pensione di vecchiaia non avviene in maniera automatica. Perché ciò avvenga, è necessario che il soggetto interessato formuli apposita domanda all’ente previdenziale il quale, valutata l’esistenza, in capo al soggetto richiedente dei requisiti (di età e contributivi) previsti dalla legge per il riconoscimento della pensione di vecchiaia, dovrà attribuire la chiesta prestazione con la decorrenza prevista per la medesima.
Ai fini del calcolo del requisito contributivo per la pensione di vecchiaia, in ipotesi di trasformazione, non possono essere considerati come contributi figurativi i periodi di godimento della pensione di invalidità in quanto ad essa non può ritenersi applicabile la diversa regola prevista per l’assegno di invalidità dall’art. 1, comma 10, Legge 222/84 secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia.
La regola sopra descritta non può valere per la pensione di anzianità sulla base della anzianità contributiva assicurativa raggiunta con la prosecuzione dell’attività lavorativa (in relazione alla quale è possibile solo la liquidazione di supplementi di pensione), in ragione della sostanziale diversità di questo beneficio, che rappresenta un riconoscimento ed un premio per la fedeltà al servizio e non è comparabile con le altre forme previdenziali comprese nell’area di tutela dell’art. 38 Cost.
L’art. 5 della Legge 222/84 prevede che ai pensionati di inabilità che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di assistenza continua, spetta un assegno mensile non reversibile da determinarsi nella misura stessa prevista nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. L’assegno di accompagnamento non è dovuto in caso di ricovero in istituti di cura o di assistenza a carico della Pubblica Amministrazione.
Esso è inoltre alternativo all’assegno mensile dovuto dall’INAIL a titolo di assistenza personale ai sensi degli artt. 76 e 218 del D.P.R. 30 Giugno 1965 n. 1124.
L’ammontare del rateo deve essere ridotto in misura corrispondente all’importo della analoga prestazione erogata da altre forme di previdenza obbligatoria e di assistenza sociale nelle ipotesi in cui il pensionato percepisca, eventualmente, prestazioni di tale natura. La concessione dell’assegno per l’assistenza personale e continuativa è subordinata alla presentazione di apposita domanda da presentarsi al’INPS corredata da documentazione idonea a provare il possesso dei requisiti richiesti per il riconoscimento del diritto. La prestazione, che ha natura previdenziale, decorre dalla data di presentazione della domanda amministrativa ovvero, in casi di riconoscimento successivo ai sensi dell’art. 149 c.p.c., dalla data in cui dovesse ritenere esistente una delle condizioni previste dal citato art. 5 Legge 222/84.
La pensione di inabilità spetta anche ai soggetti assicurati quando le condizioni fisiche che legittimano il riconoscimento della prestazione sono collegate con un rapporto di causalità diretta al lavoro (servizio) svolto dall’assicurato divenuto invalido.
In questi casi non è necessaria l’esistenza del requisito contributivo per come previsto dall’art. 4 della Legge 222/84 (anzianità di iscrizione di cinque anni e versamento di cinque anni di contribuzione di cui tre nel quinquennio precedente la domanda), ma è sufficiente anche un solo contributo. L’art. 5 della Legge 222/84, infatti, prevede espressamente che la prestazione privilegiata di invalidità spetta al soggetto assicurato anche in mancanza dei requisiti di cui al precedente art. 4 della stessa legge.
Vi è incompatibilità tra le prestazioni esaminate e le rendite INAIL o altri trattamenti a carico dello Stato o di altri enti pubblici, quando il relativo diritto trova fondamento nello stesso evento causativo dell’invalidità.
Teramo, 10 Marzo 2013 Avv. Annamaria Tanzi
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