E poi le strade della città tante volte battute, la Trinità di Masaccio in Santa Maria Novella di cui sono innamorata, il lampredottaio di Piazza dei Cimatori, passare la serata dentro gli Uffizi e fermarsi un attimo nel corridoio del secondo piano a guardare Palazzo Vecchio illuminato (il panorama più splendido in assoluto della città), il volto disegnato da Michelangelo sulla facciata di Palazzo Vecchio che pochi conoscono, la faccia emozionata e stupita dei turisti, i quadri degli Uffizi (l'Annunciazione di Simone Martini, l'Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, La calunnia di Botticelli: i miei preferiti), la trattoria scoperta accanto a Piazza Pitti dove si pranza un pasto completo con 15 euro.
E la nostra casetta tanto coccolata in piazza Dalmazia che abbiamo lasciato con molta tristezza, il vicino di sotto che la domenica cantava a squarciagola, i giovani immigrati nel palazzo di fronte, il gatto grasso del negozio Vodafone sotto di noi che del resto ci conosceva bene per via di tutte le volte che qualcosa cascava dal nostro balcone nel loro cortile.
Quando arriverà il giorno in cui percepirò che è finita davvero?
Mi manca anche l'Ungheria. Ma a quella mancanza mi ero già abituata. E riuscivo a rimediare tornando a casa spesso (5-6 volte all'anno). Mi mettevo in macchina la mattina e nel tardo pomeriggio ero a casa. Ora come farò a tornare sia in Italia che in Ungheria 5-6 volte all'anno?
Ho già scritto un anno e mezzo fa nell'altro blog del mio rapporto particolare con il passato (intitolato "Il fattore tempo"). Sono consapevole quanto rimanga attaccata ai ricordi del passato. Dedico una canzone a questo momento di nostalgia, di uno dei miei cantanti ungheresi preferiti (Akos), un classico del 1991 intitolato "Qualcosa è finita".