L’autore di questo interessantissimo saggio, Klaus Bergdolt, traccia un dettagliato profilo della peste nera, che a metà del quattordicesimo secolo colpì duramente l’Asia e l’Europa. I primi due capitoli fungono da introduzione. Il primo parla diffusamente della peste nell’antichità, mentre il secondo si sofferma sulla epidemia che colpisce l’impero bizantino a partire dal 541 d.C. La malattia rimase endemica fino al 750 d.C. per poi scomparire fino al 1347 d.C.
Scrive il Bergdolt: «L’epidemia della peste fece morire un terzo della popolazione europea. Per cinque terribili anni, la morte proiettò ovunque la sua sinistra ombra. Si diffuse il panico, si insinuarono agghiaccianti sospetti che non risparmiavano neppure i vincoli familiari, si misero in atto impensabili mezzi di prevenzione. E all’improvviso si scatenarono selvagge cacce ai presunti colpevoli. Alla fine di questa tragedia, l’Europa, da Venezia alla penisola iberica, da Firenze ai paesi di lingua tedesca, non fu più la stessa».
La Morte a cavallo
Il pregio dell’opera (edita nel 2002) è di evidenziare le cause, le vie di trasmissione dell’infezione e il quadro clinico della peste. Ma non solo. Informa su come si diffuse in Italia, occupandosi specialmente della sua propagazione a Messina, Firenze, Pistoia e Venezia. Successivamente pone in risalto la sua diffusione nella penisola iberica, in Francia, Germania, Inghilterra e penisola scandinava. Il Bergdolt con maestria sottolinea le conseguenze economiche e sociali della pandemia e quale peso ebbe la stessa nell’arte figurativa e nella letteratura italiana ed europea.Lo scrittore evidenzia l’assoluta inefficacia delle cure mediche di quel tempo, che non riuscivano a guarire alcun malato. I medici ritenevano di poter sconfiggere la peste, basando le proprie teorie sulla situazione astrologica, sulla contaminazione dell’aria e sui processi di putrefazione che erano presenti all’interno del corpo umano. Vista l’impotenza terapeutica molti cerusici abbandonarono le zone colpite dall’epidemia. Lo stesso Petrarca affermava che i medici parlavano molto ma non concludevano nulla e molto spesso si davano alla fuga.
La bibliografia è davvero molto ricca. I volumi citati non sono solo quelli scritti in lingua italiana e latina, ma anche in inglese, francese e tedesco. Pertanto chiunque voglia approfondire le sue conoscenze sull’argomento ha già un ricco elenco di libri sui quali contare. É opportuno ricordare che Klaus Bergdolt ha guidato per diversi anni il «Deutsche Studienzentrum» di Venezia. Ha ottenuto la laurea in Filosofia e Medicina. Ha dato alle stampe numerosi ed autorevoli studi critici su temi di storia.
In conclusione il giudizio non può che essere molto positivo sul testo sul quale si è discettato fino a questo momento. Il linguaggio è semplice, scorrevole e comprensibile non solo da persone ferrate sul tema proposto. Il rigore storico dell’autore non può essere messo in discussione. Un libro meritevole di grande attenzione che consiglio di leggere e regalare a coloro che sono interessati alla nascita e propagazione della peste nel corso dei secoli.
Giampiero Lovelli