La Piazza Silenziosa

Creato il 11 gennaio 2015 da Frankezze

In questi momenti di panico sociale e schizofrenia mediatica, sento veramente la necessità di condividere con i lettori di questo blog, con i quali fino ad oggi c’è stato un rapporto basato su coprofilia, cinismo e humour franko, mediato da una discreta conoscenza di photoshop e moltissime devianze mentali, due cose importanti che, chi come me abita a Parigi, ha avuto la possibilità di vivere sulla propria pelle e nella propria testa: la prima è una semplice testimonianza, la seconda è pura emotività.

Niente di nuovo penserete, ma sapete che c’è? Me ne sbatte cazzi di essere originale e cercare il coup de théâtre, di cercare di dire quello che ancora non è stato detto, che tanto poi è stato detto di tutto, che le note musicali 7 sono e poco ci puoi girare attorno; mettiamo il cazzo di narcisismo da parte, disinneschiamo per una volta la Maradonite (una diffusa infiammazione dell’ego di cui Fernet Franko mi parlò una volta proprio in un bar qua a Parigi mentre sorseggiavamo dell’etanolo all’aperitivo delle 11 di mattina) e cercherò questa volta di condividere la sola e pura reazione pubblica privata di coloro che da quelli spari erano solo a qualche isolato e che hanno smesso di fare qualunque cosa stessero facendo in quel momento per recarsi immediatamente e spontaneamente a place de la République come segno di sostegno, di lutto, di riappropriazione del simbolo della rivoluzione libertaria e repubblicana che quella piazza rappresenta.

Per questo modo migliore che ho di descrivervi quella piazza non è con una vignetta: questa è giusto che la facciano quelli che da lontano, attraverso la rete, vogliono dare il loro sostegno. Poi, in realtà ci ho pensato anche: ma che cazzo mi invento adesso? Non mi viene in mente niente, ah no questa cosa forse è equivoca, etc, ma quando sono uscito dal casino della metropolitana e ho preso le scale dell’uscita numero 6 lo spettacolo che mi sono trovato davanti è stato il seguente:
20 mila persone
in ateo
e rigoroso
silenzio.
Guardavano sollevarsi in cielo dodici lanterne in ricordo delle vittime della vile e schifosamente fascista esecuzione, sì un’esecuzione non un attentato, che era avvenuta lì a poche ore e a pochi metri (urge un precisazione: coloro che oppongono l’hashtag #jesuisahmed a #jesuischarlie sappia che la lanterna per Ahmed, il poliziotto di origini tunisine freddato dai killer, c’era, quindi finiamola di tracciare sti cazzo di confini e di distinguo).

Ho ripreso un po’ questo momento, mi sembra doveroso condividerlo. Fate caso alla differenza di volume tra il silenzio e gli applausi.

Ho pensato: com’è possibile produrre questo silenzio in così tanti? E soprattutto: quanto bello era quel silenzio e poi quell’applauso.

La seconda cosa da condividere è l’emotività. In un momento in cui il cinico calcolo, la riflessione postuma, il fare chiarezza, il “forse se l’è cercata eh?” stanno inevitabilmente emergendo e si stanno lottizzando nello spazio di quella che una volta si chiamava pubblica opinione e adesso io chiamerei coltivazione massiva di “like” (però ovvio il like a questo articolo mettetelo, che è spontaneo, giuro!)
La sola reazione che racconta la verità in tutta franchezza è quella a caldo.
Questa condivisione non è in risposta a coloro che in questi giorni mi chiedono “ma come state? avete paura? siete tristi? siete incazzati? mi raccomando la metropolitana non la prendere”, no la metropolitana non la prendo che tanto si ferma ogni cinque minuti perché c’è LO ZAINO SOSPETTO, quindi sto camminando molto, e sì, Parigi è bella e per strada la gente è tanta e alla fine i momenti di panico sono pochi rispetto alla normale e caotica Parigi in cui tra un po’ scatterà il panico dei saldi (e lì non c’è attentato che tenga).

Vorrei condividere quello che ho e abbiamo provato noi presenti a République dal momento in cui si è appresa la notizia, fino alla pace triste e commovente di quel silenzio di piazza.
Si parte, come i colori di Fantozzi dopo aver ingerito il tordo intero, con lo shock e lo sgomento e poi si realizza pian piano la vicinanza geografica al fatto: non è lontano come sempre, è qui, è qua dietro.
A quel punto succede una cosa: il cervello razionalizza e il corpo inizia a rilasciare una sorta di MDMA e scopri che alla fine, cazzo, come mai non ho paura? Sono notoriamente un codardo, ogni volta che mi definisco spocchiosamente antifascista c’è lo spirito franko che mi dice: “Tu nel ’45 partigiano? Ma col cazzo, massimo facevi il salto della quaglia all’ultimo”.


Ho appreso la notizia molto tardi, verso le 4 di pomeriggio, stavo facendo una lezione e vengo interrotto da una studentessa che alza la mano e dice: “Mi sa che abbiamo un problema?”.
A quel punto ci mettiamo a guardare le notizie in diretta su internet, si fanno le 5 e realizziamo che siamo fuori dal mondo e che i cellulari silenziosi sono pieni di chiamate perse e messaggi, e che per fortuna gli studenti ogni tanto il cellulare lo accendono, anzi tenetelo sempre acceso, tanto se la vostra pagina Facebook è più interessante di quello che dice il professore, sapete che c’è, il problema è suo che dice stronzate poco convincenti.
Quindi piombiamo nello shock quando il resto del mondo era già avanti nel farsi un’opinione, nel dirla e nel diffonderla. Le vignette erano già state tutte fatte. Allora che si fa? Si va a République, si esce per strada e si staccano gli occhi e le dita da quel cazzo di computer, e si va in piazza, che cristo santo, è qui dietro, ci si mette un attimo!

Non ho mai avuto la fortuna di andare in piazza con i miei professori tutti rigorosamente ex sessantottini che mi spiegavano che loro sì che andavano in piazza davvero, e ci sono finito con i miei studenti di una scuola di moda privata con tanto di tacco 12 e vestiti firmati, dai quali, vigliaccamente, una volta in piazza con i “compagni” mi sono smarcato (faccio schifo lo so, ma lo spirito franko è sempre lì che mi fissa).

Quello che è successo è orribile, ma vedere quella reazione di quella piazza, quel silenzio, mi ha in qualche modo rassicurato.
Ero in mezzo alla mia gente, quella minoritaria, sconfitta e umiliata accozzaglia di ragazzi e vecchi di sinistra, che si ostina a non estinguersi e che mercoledì è stata ferita a morte, ma che proprio a diventare razzista e reazionaria non ce la fa.
A odiare gli arabi e i musulmani non ce la fa.
A chiedere più polizia e più sicurezza non ce la fa.
A rimanere a casa rinchiusi senza dimostrare la propria indignazione pubblica non ce la fa.
E, soprattutto, a pensare che bisogna fare attenzione a non urtare la sensibilità di qualche porco fascista figlio di troia che sennò ti spara, proprio no, non ce la fa.

Mercoledì scorso è stata decapitata la redazione di un giornale satirico libertario, ateo e di sinistra, da un raid cialtrone e assassino.
E mercoledì prossimo, purtroppo, non uscirà Charlie Hebdo, ma una sua copia orfana.

p.s. se invece volete farvi un’opinione e siete combattuti leggete quest’analisi precisa e impeccabile del mio fraterno amico Marco Assennato che di mestiere fa quello che pensa e che dice bene. QUI

L'articolo La Piazza Silenziosa è ovviamente opera di Frankezze.


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