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La piel que habito

Creato il 12 luglio 2011 da Zaziefromparis
La piel que habitoNo, questa non è, come molti potrebbero pensare, una recensione dell’ultimo film di Almodóvar, questa è una Dichiarazione d’Amore in piena regola (e il mio post n° 100!).
Più passano gli anni, e meno certezze sento di avere, nella vita.
Ma è da quando sono piccola che il cinema mi accompagna per mano come se fosse un terzo genitore, ed è quindi ovvio che ci siano registi che sento più vicini, perché sono stati con me fin dall’inizio, e non mi hanno mai deluso, né abbandonato.
Sedermi in una sala buia e veder comparire sullo schermo il nome Almodóvar, ha il potere di farmi sentire bene ovunque io sia, comunque io stia. Ero giovanissima la prima volta che ho visto un suo film, non avevo nemmeno l’età della ragione, ma già capivo che quest’uomo mi stava dicendo delle cose importanti, delle cose destinate a restare. Erano i primi anni ’80. Quegli anni che a chi non li ha vissuti e li vede dal di fuori fanno un po’ orrore (come a me gli anni ’70), e che invece dal di dentro erano bellissimi, colorati, strani, intensi, iconoclastici. Erano i tempi in cui tutti insieme appassionatamente odiavamo la Tatcher, e gli inglesi incazzati da morire giravano fim come My Beautiful Laundrette e cantavano canzoni come The Queen is Dead, e ogni giorno c’era un nuovo gruppo da scoprire, un nuovo libro da leggere, un nuovo film da vedere. Erano i tempi pre-tutto: pre-cellulare, pre-iphone, pre-email, pre-facebook. Erano i tempi in cui si viaggiava per l’Europa in Inter-Rail. E io non potrò mai dimenticare l’arrivo a Barcellona, e la città tappezzata di poster allegrissimi e super pop dove un gruppo di donne dai vestiti improbabili e l’aria stranita ti facevano sapere che erano Mujeres al borde de un ataque de nervios (Donne sull'orlo di una crisi di nervi). Il titolo (ma quanto era bello quel titolo?), la foto, quelle facce, tutto mi parlava come se venisse direttamente dalla mia fantasia. Quelli erano i film della Movida Madrilena, pellicole dove la gente partecipava a gare di peni, le suore prendevano l’LSD, le nonne spacciavano droga, gli uomini facevano sesso tra di loro, le donne pure, i transessuali erano ovunque, e Carmen Maura, come una regina bellissima e sensuale, regnava su questo circo delirante a suon di frasi storiche e spesso sconvolgenti. La libertà, l’irriverenza, l’ironia che sprigionava da questi primi film di
Almodóvar non è pari a niente, per me, nella storia del cinema. 
Lui è stato, davvero, il precursoreMa ho capito che era un grande regista il giorno in cui ho visto La Ley del Deseo (La legge del desiderio), un film intenso, cupo, senza sconti e senza speranza sull’insensatezza e la necessità del desiderio. E se proprio dovessi condensare l’intera filmografia di Almodóvar in una parola sola, sarebbe proprio quella lì: Desiderio (e non è forse un caso che la casa di produzione cinematografica che Pedro ha creato con il fratello Agustin, si chiami El Deseo). Almodóvar è scivolato con noi negli anni ’90, tempi molto più opachi e prevedibili dei precedenti, seguendo un percorso coerente ma un po’ inconstante, dirigendo opere decisamente minori, nelle quali (tra tacchi a spillo e donne mutanti) sembrava non sapere bene dove andare. Eppure era chiara la sua volontà di evolversi, crescere, cambiare. Ma è con gli inizi degli anni 2000 che la sua arte trova nuova forma e nuovo splendore. Da Todo sobre mi madre (Tutto su mia madre) in poi, eccezion fatta per il non riuscitissimo La mala educación (La cattiva educazione), Almodóvar ha infilato una serie di film incredibili, compreso quello che è per me il suo capolavoro assoluto: Hable con Ella (Parla con lei).  I temi sono gli stessi, i personaggi anche, ma il regista ha raggiunto maturità e pienezza, impensabili nel labirinto di passioni della gioventù. Nei suoi film trovano ora posto una dolcezza, un'umanità, uno struggimento ed un dolore che incantano, e la sua regia diventa fluida ed elegante, un vero piacere per gli occhi. Pedro ci regala uomini che piangono senza provare vergogna (non so voi, ma io quell'uomo che piange lo vorrei tanto incontrare nella vita reale), madri credute morte che ritornano come fantasmi a vegliare sulle figlie, e registi ciechi pronti a qualsiasi cosa pur di portare a termine i loro film (a proposito di dichiarazioni d'amore per il cinema...). L'Almodóvar touch è sempre , intatto, ma è passato dal trash più spinto alla classe più inaudita, basti pensare al cortometraggio-capolavoro in bianco e nero di Hable con Ella che racconta il viaggio di un uomo in miniatura all'interno del corpo di una donna. La Piel que habito non è che l'ennesima conferma di un percorso in divenire, di un piacere costante, di un genio all'opera. Banderas è invecchiato ma è sempre Banderas, e i corpi mutano, ma per andare sempre nella stessa direzione. Quella, indovinate un po', dell'umano desiderio.
E mi viene da pensare a quella scena della Ley del Deseo in cui Carmen Maura, bellissimo transessuale, entra nella chiesa che frequentava da bambino e si mette a cantare, e il prete sente quella voce e le dice: "Un tempo c’era un bambino, qui in parrocchia, che cantava come te". E  lei, di rimando:
"Padre, quel bambino, sono io!".

Pedro, quel bambino, siamo tutti noi.


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