Nicola Lecca, uno scrittore italiano che seguo da qualche anno, è uscito in libreria col suo sesto romanzo, La Piramide del Caffè edito da Mondadori. Di Nicola Lecca ho già apprezzato Il Corpo Odiato, libro delicato e affascinante, e Hotel Borg, un viaggio musicale in una Terra misteriosa, l’Islanda. Sono per questo entusiasta di poter intervistare Nicola Lecca, che ha già attraversato le pagine di questo blog con il mini-racconto inedito, Moscerini.
1. Caro Nicola, sei stato finalista Premio Strega, hai vinto il Premio Hemingway, ti hanno definito l’autore più promettente della tua generazione, ecco, spiegaci una cosa, ma come si fa un ottimo cappuccino?
Imi il protagonista del mio nuovo romanzo “La Piramide del caffè” lavora per una catena di caffetterie londinese e deve preparare il cappuccino in maniera standard, come elencato nel manuale distribuito dalla direzione ai dipendenti. Lui però è creativo e trova il modo di prepararne uno assai migliore. Per questo verrà ripreso aspramente.
Un paradosso che denuncia in maniera scherzosa il dramma della globalizzazione.
2. Sono tanti gli italiani che fanno una valigia e se ne vanno all’estero. Tu hai vissuto in Islanda, Austria, Francia e altri Paesi Europei. Ti chiedo: tu perché sei andato via?
Curiosità, desiderio di conoscere e di esplorare.
3. Qualcuno una volta mi ha detto, riferendosi alle mie origini, che gli scrittori meridionali sono accomunati da una forza, un’ossessione: la fuga. Qual è la forza, l’ossessione di uno scrittore che viene dalla Sardegna?
Dovresti chiederlo ai miei colleghi che ambientano le loro opere solo ed esclusivamente in Sardegna.
4. Il tuo prossimo romanzo, La Piramide del Caffè, in uscita in questi giorni con Mondadori, è ambientato a Londra, una città che ho amato, ma che, dopo gli anni di Berlino, mi mette ansia e stress ogni volta che ci torno. Tanta gente per le strade, i vagoni della metropolitana così stretti, gli avventori che giocano a freccette nei pub… Tu cosa hai trovato a Londra? Perché l’hai scelta?
Era lo scenario più giusto e più adatto per contrastare con la serenità idilliaca del villaggio ungherese da cui proviene il protagonista. Un orfano di nome Imi.
5. So che sei spesso a Berlino. Sono convinto che splendide città come Roma, Londra, Parigi siano città “già successe”, mentre Berlino è ora. Qual è la strada, il quartiere o il bar dove ti piace scrivere qui a Berlino?
Di Berlino mi piace proprio il fatto che è impossibile scegliere un solo luogo (a Parigi sarebbe Place des Vosges) a Berlino sono tanti, troppi.
6. Hai 36 anni e sei ormai al sesto romanzo, ecco, non è che ci freghi e fai come a Philip Roth e smetti di scrivere?
Vivo dei miei diritti d’autore e scrivere è per me una passione grande. Spero di poterlo continuare a fare con serenità.
Nicola Lecca scrive sul suo sito/blog
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