LA PIRAMIDE DI SANGUE, Stefano Isaia

Creato il 03 settembre 2012 da The New Noise @TheNewNoiseIt

Prima considerazione che mi viene in mente: sin dal nome m’avevano incuriosito, quindi armato di pazienza me li sono gustati on stage a metà luglio, e ad un’ora impossibile, al bolognese XM24. Quasi un colpo di fulmine, pur nella consapevolezza che di strada devono farne ancora. Però le caratteristiche di un gruppo interessante ci sono tutte: quel clarinetto che spadroneggia imperterrito tra le chitarre impazzite, gli effetti elettronici psicotici e un gusto sopraffino che mescola krautrock e il free più pachidermico. Aggiungete poi che è stato un piacere constatare la gentilezza di Stefano Isaia, che ringraziamo pubblicamente. Questo il resoconto della nostra chiacchierata, con un ironico affondo finale.

Ciao Stefano, mi introduci i membri della band? Siete in sette o in otto, ancora non l’ho capito bene (anche se dal vivo eravate effettivamente in sette…)

Stefano Isaia: Siamo in sette: Ayatollah Kebab suona il basso, Jenaa El-Fna la chitarra, Walter Maghreb il basso e il synth, Indaco Violento fa rumori e loop vari, Dedalo 666 la chitarra, il Nipote di Mubarak la batteria e infine io, a nome Gianni Giublena Rosacroce, suono il clarinetto.

Tu vieni dai Movie Star Junkies, che sono ancora attivi. Quindi posso immaginare che questo sia solo un progetto collaterale, o è qualcosa di più?

È un progetto che è nato lo scorso anno quasi per caso, ci siamo formati, abbiamo registrato e fatto uscire un disco, il tutto in meno di sei mesi. Ma il 2012 è stato anche l’anno di uscita dell’ultimo Movie Star Junkies, e stiamo suonando parecchio; i live piramidali per ora riesco a farli solo nei ritagli di tempo, ma spero di potermici dedicare per il tempo che meritano il prossimo anno, magari con un bel tour di promozione dell’album, che per ora è stato presentato solo a Torino, Massa, Bologna, Roma e in Sardegna.

Mi spieghi da quali urgenze estetiche ed espressive è nato Tebe, e perché è stato pubblicato solo in lp? Non mi sono del tutto chiari (ammesso che debbano esserlo per forza) dei particolari, tipo l’accostamento di alcuni titoli all’intestazione del disco. La musica invece mi ha colpito parecchio, devo dire.

Tebe è nato dall’esigenza di un gruppo di amici di suonare insieme e vedere cosa ne usciva. I primi pezzi ad essere arrangiati sono stati presi dalla cassettina di Gianni Giublena Rosacroce uscita lo scorso anno per la Yerevan Tapes, da cui abbiamo tratto anche il nome del progetto. Alcuni titoli dei brani sono gli stessi della cassetta, altri invece sono saltati fuori in sala e in totale fattanza

Dal vivo m’è sembrato palese il fatto che la componente cinematografica che traspare sia solo una delle mille influenze della band, vero?

Sì, proveniamo da realtà musicali parecchio diverse tra loro (Movie Star Junkies, Love Boat, King Suffy Generator, Murdercocks, Dirty Sanchez, Vermilion Sands, Licenza Di Collina), ma abbiamo iniziato a suonare grazie ad ascolti comuni come il free e l’etno-jazz, la psichedelia, il krautrock, oltre che Ennio Morricone e le colonne sonore dei film di John Carpenter…

In quale modo avete agito in sede di composizione? Provate molto i pezzi?

Abbiamo registrato tutto in presa diretta, io ho poi doppiato alcune parti di clarinetto, ed è stato tutto più semplice e veloce di quel che mi aspettavo, il disco è stato registrato in due giorni. Abbiamo poi la fortuna di poter provare a casa di Jenaa El-Fna, tutti schiacciati in camera sua sotto il soppalco, e lì ci troviamo spesso, sia per suonare che per fare una cenetta, sempre in fattanza.

Come siete approdati alla Sound Of Cobra e al sodalizio con Onga di Boring Machines?

Finito di registrare il disco non avevamo ancora pensato ad una ipotetica etichetta a cui mandarlo, la mail di Ricky (Sound Of Cobra) è stata quasi profetica, senza che sapesse che avevamo appena finito di registrare mi scrisse «appena hai qualcosa mandamelo». Gli mandai il file del master fresco fresco, e il giorno dopo mi disse che l’avrebbe fatto uscire in coproduzione con Onga, che ho conosciuto grazie a questa collaborazione. Ricky invece lo conosco dai tempi dei G.I.Joe, quando organizzava concerti spettacolari all’XM24 di Bologna.

Ti piacerebbe collaborare con un gruppo o un musicista che stimi particolarmente?

Stiamo pensando ad una collaborazione con gli Embryo, avendo il contatto diretto proprio tramite Ricky, che con loro ha già fatto delle uscite, ma sono parecchi i gruppi con cui vorremmo fare qualcosa.

E quali sono i dischi che state ascoltando quando siete in tour, visto che venite da una manciata di date in giro per l’Italia?

La selezione sul furgone è spesso affidata all’Ayatollah Kebab con brani che spaziano dai Nerorgasmo agli Arab On Radar e ad Alvaro Vitali. Ha anche registrato una cassetta con degli spezzoni di Radio Padania che fa molto ridere.

Spiegaci com’è nato il teaser-trailer del disco (è molto divertente, e sembra quasi girato di nascosto da una roulotte o un furgone…).

Il protagonista del teaser è Pietro, attore comico (insieme a Franchino) nei Senso d’Oppio, che, tra un’apparizione a Zelig e l’altra, è riuscito a regalarci questo splendido filmato delle vacanze. Noi ci abbiamo semplicemente messo su la musica, nell’originale sta ballando su “Fumo Blu” di Mina… Pietro è anche il vicino di casa di Jenaa El-Fna, e conosce a memoria tutti i pezzi perché si ascolta dalla cucina tutte le prove.

Mi racconti della tua passione per l’Armenia? Pare esserci, visto che – come accennavi anche tu prima – hai pubblicato il tuo progetto a nome Gianni Giublena Rosacroce per un’etichetta che si chiama Yerevan Tapes, e spulciando sul sito ci sono quelle fantastiche immagini tratte dai film di Serghei Paradžanov.

Sono più che altro un appassionato di etno-jazz , dell’Art Ensemble Of Chicago, di Pharoah Sanders, Rahsaan Roland Kirk, ma anche di Ahmed Abdul-Malik e il jazz contaminato da musiche tradizionali, ascolto molto Sun Ra e il jazz più sperimentale (tipo Albert Ayler, Muhal Richard Abrams, Anthony Braxton, e alcune cose di Don Cherry) ma mi sono appassionato al Medio Oriente in generale negli ultimi anni. Grazie ad una serie di blog come ad esempio Exp Etc e Awesome Tapes From Africa è diventato molto facile per gli amanti del genere recuperare materiale un tempo introvabile…

Un’ultima curiosità: un tuo punto di vista sulla situazione musicale a Torino oggi. E ci sono stimoli e band che ti colpiscono anche fuori da quella realtà?

Rispetto a qualche anno fa sono diminuiti i locali per la musica dal vivo, intendo quella più underground, come il Velvet in San Salvario, ad esempio, da cui abbiamo fatto passare una buona fetta del sottobosco proveniente da Oltreoceano, dagli Aids Wolf agli Intelligence (è stato recentemente chiuso da una retata di Siae e Polizia). In compenso la rete dei centri sociali, soprattutto di matrice anarchica, sta ricominciando a far girare ottimi gruppi e ad organizzare concerti la cui partecipazione cresce sempre di più, come se ci fosse un ritorno ai grandi live negli squat di inizio Novanta. A livello di gruppi si sta muovendo qualcosa, ce ne sono di italiani che adoro e che non hanno nulla da invidiare alle band straniere più blasonate, come ad esempio i Father Murphy e gli In Zaire, ma anche la scena di Roma Est, e gli eterni Jooklo Duo con i loro incredibili progetti.

A te il compito si salutare i lettori di The New Noise.

Un abbraccio a tutti i lettori di The New Noise! E ricordatevi che d’estate le piante si bagnano di sera!

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