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La più grande bufala della storia: la green economy

Creato il 03 febbraio 2014 da Conflittiestrategie

La nostra avrebbe dovuto essere l’era dell’energia pulita, il secolo lindo e trasparente delle fonti rinnovabili “non convenzionali”. Da quando poi il profeta nero dell’ecologia verbale, simbolicamente perfetto ed eticamente furbetto, al pari dei suoi scaltri predecessori,  è salito sul pero della prima potenza mondiale non si è parlato d’altro perché egli stesso non aveva nient’altro di coinvolgente da dire.

Il signor Presidente aveva ricevuto il mandato preciso di accendere le coscienze per spegnere i cervelli, di infiammare i cuori per bruciare i concorrenti, di innalzare gli spiriti per seppellire le nazioni. Questo ha fatto con premura prima che il tanto annunciato futuro radioso dell’umanità sostenibile ed ecocompatibile si sciogliesse al sole e si volatilizzasse nell’aria.
Le bugie hanno le gambe corte ma il passo spedito, quel che basta per seminare i potenziali competitori creduloni che restano indietro quanto più avanzati e moderni si sentono. Sole, vento, combustibili vegetali e non inquinanti in generale avrebbero dovuto prendere il posto delle fonti classiche, dal carbone, al petrolio, al gas, nel giro di qualche anno. Ed, invece, siamo ancora al punto di partenza con la differenza che rispetto al passato abbiamo accumulato montagne di balle sesquipedali e di menzogne monumentali, piuttosto difficili da smaltire.
Il conformismo propagandistico  ecologistico ha alimentato l’illusione energetica “non convenzionale” per recondite ragioni geopolitiche, accollando spese pazze alle collettività più incaute ed ingenue. I buoni di cuore e gli ultrasensibili ai destini del globo, nonché al fato delle generazioni a venire (machissenefrega), alle quali avremmo l’obbligo di riconsegnare il pianeta perché ne siamo meri usufruttuari per volere della sorte, di dio o di chissà cos’altro (salvo soprese spaziali che potrebbero cancellarlo all’istante senza tener conto delle nostre speranze) se la sono bevuta tutta d’un fiato.  L’unica cosa che è aumentata a dismisura è la produzione di scorie intellettuali che hanno avvelenato il buon senso e le faticose risultanze della scienza in questo campo.  I padroni del mondo adesso se la ridono impunemente essendo stati più pragmatici e meno accecati dalle fandonie del Global Warming o da quelle sui limiti della crescita. Essi sanno come fornire le dosi giornaliere di “soma” social-ambientale a chi gli scodinzola intorno, evitando di contaminarsi e di rincitrullirsi a loro volta. Così, all’abbisogna, con estrema lucidità, impartiscono il contrordine senza stuzzicare i popoli che dormono da quando sono nati.
Non che non ci abbiano rimesso pure loro qualcosa ma il gioco valeva la candela e, comunque, gli altri avrebbero perso tutto, compresa la faccia. Obama ha incominciato decantando i colossali investimenti in imprese innovative del settore delle rinnovabili. Solyndra e A123 Systems, i casi più eclatanti. Entrambe miseramente fallite con sperperi di denaro pubblico e posti di lavoro. Tuttavia, dietro le quinte, gli Usa lavoravano ad altro senza andare tanto per il sottile e mettendo da parte le chiacchiere verdi. Scommettevano sul gas di scisto e ancora sul petrolio (alla faccia delle teorie sul picco e sul suo esaurimento imminente) perché, ai livelli tecnologici dati, non c’è finora nulla di superiore, di conveniente e di performativo (escludendo il nucleare). Oggi, grazie alla tecnica del fracking  che consiste nella frantumazione delle rocce per estrarne il gas (shale gas) Washington ha raggiunto la quasi autonomia energetica. Sapete come hanno chiamato gli americani questo sistema di sfruttamento delle risorse naturali che  presenta controindicazioni ambientali elevatissime?  La ‘rivoluzione tranquilla’. E meno male…

Ma questo è il minimo della presa per i fondelli. Sabato 1° febbraio il Washington Post, in un articolo a firma di Juliet Eilperin e Steven Mufson, ha scritto del maxi-oleodotto progettato tra Canada e Stati Uniti che a pieno regime sarà in grado di trasportare di 830.000 barili di greggio al giorno. La pipeline attraverserà tutto il Midwest, da Nord a Sud, fino al Texas, un percorso lunghissimo e costoso (oltreché ad alto impatto ambientale) che, tuttavia, si completerà lo stesso, nonostante gli ecologisti siano già sul piede di guerra, perché si tratta di acciuffare il primato mondiale sul petrolio (del Nord America su paesi come l’Arabia). Gli interessi nazionali e strategici del Paese vengono anteposti, com’è giusto che sia, alle favole belle e impossibili. La testa prima del cuore ed il fegato di rischiare prima di tutto il resto.E in Italia, invece, che facciamo? Continuiamo a strapagare sulla bolletta energetica ogni “inutilità alternativa” per fare contenti i parassiti del verde e a costituire comitati di opposizione, altrettanto alternativi, ma soltanto al raziocinio, per bloccare qualsiasi sviluppo. A che serve il progresso vero quando si hanno a disposizione pozzi inesauribili di progressismo finto? Vivremo di quelli, cioè decresceremo felici e impotenti.


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