di Piero Innocenti
Che l’Italia sia la patria delle mafie non è una novità. Come non lo è la loro consolidata ramificazione nazionale e nel mondo. Il panorama criminale, sempre molto dinamico, va guardato, tuttavia, con molta attenzione, perché accanto alle mafie tradizionali e a quelle straniere presenti in Italia (alcune divenute stanziali), ce ne sono altre, poco conosciute, nate e cresciute più o meno silenziosamente o sottovalutate (dalla stampa, dalle autorità), in alcuni contesti territoriali nostrani. Bisogna leggere i due libri del magistrato Domenico Seccia, per capire, per esempio, che anche nel Gargano esiste, da tempo, una mafia che ormai “..impone il suo comando, la sua forza, la sua violenza”. I media nazionali non hanno dato mai particolare risalto a quella “mafia innominabile” (o “mafia sociale”) da lui descritta nei due libri, pubblicati nel 2011 e 2013 (Editori La Meridiana), frutto della sua esperienza di Procuratore della Repubblica a Lucera, con un linguaggio asciutto, non sociologico, ma basato sui fatti e gli atti giudiziari. Una mafia quella del Gargano, arrogante e, per lungo tempo, negata, come ha denunciato Seccia. Soltanto nel marzo 2009 la Cassazione, confermando una sentenza della Corte di Assise di Foggia, ha riconosciuto la mafiosità di una famiglia garganica detta dei “montanari” (i Li Bergolis).
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