di Rina Brundu. Il problema è che dopo Guarna non si può neppure morire in pace! Per capire di cosa sto parlando basti pensare che sull’esterno del monumento funebre di Dante, a Ravenna, vi sarebbe scritto soltanto “DANTIS POETAE SEPULCRUM”. L’epitaffio sulla tomba dell’incommensurabile bardo di Stratford-upon-Avon, recita invece:
«Good friend, for Jesus’ sake forbear,
To dig the dust enclosed here.
Blest be the man that spares these stones,
And cursed be he that moves my bones.»
Che è scrittura che impressiona sicuramente ma forse più per l’ammonimento in essa contenuto che per la sua qualità estetica. Certo, le cose migliorano in quel di Roma, laddove sulla tomba dello straordinario poeta inglese John Keats (1795-1821), gli amici vi fecero incidere anche le sue ultime parole famose, o almeno quelle che lui avrebbe voluto fossero considerate tali: “Qui giace uno il cui nome fu scritto sull’acqua”. Descrizione indovinatissima per raccontare una vita che è stata un soffio di vento nel mare magnum dell’eternità, ma che in quel suo brevissimo istante ha saputo fare una differenza e caricarsi di una qualità estetica assolutamente unica. Però, si sa, qui si sta parlando di John Keats, vale a dire di uno dei più grandi poeti di ogni tempo!
Il contemporaneo Vincenzo Guarna (1934-2005) era invece un pressoché sconosciuto professore di Lettere, nonché Preside di alcuni istituti secondari di Calabria, sua terra d’origine (lui era nato in Croazia), e oltre a dedicarsi all’insegnamento si era fatto conoscere per gli studi su Eugenio Montale. Tuttavia, sul suo sepolcro si legge una EPIGRAFE veramente sublime:
Scrivete sulla mia tomba: Visse
per ischerzo”. Il mio
inferno
in questa epigrafe. Perchè
i giorni tramarono vicende
e io in quelle vicende,
senza convinzione.
Ho sofferto, ho lottato
senza convinzione: anima
divisa, inerte
volontà. E vissi
per ischerzo e oggi
nulla
è veramente mio. Un muro
sotto la luna, il tedio
dei ricordi, questo
vuoto disagio(1)
Ma non basta! Ecco il mio segmento preferito nella sua ELEGIA AL PADRE:
Come un animale ferito, sedevi
la gran parte dei tuoi giorni nel tuo
angolo di stanza e il tuo silenzio,
come un rimorso senza colpa,
mi feriva e offendeva. Poi ti guardavo,
così esile, così perduto nel lembo
di vita che t’avanzava e si scioglieva
la mia rancura in una pena muta.
Ed ecco un’altra composizione che ho trovato in Rete, nella mia affannosa ricerca di tutto ciò che lo riguarda:
L’ILLUSIONISTA
Ho camminato tutta la vita,
strade, strade, le strade
del mondo. E forse
la felicità era
una sosta, un amore di donna,
la casa, la famiglia.
Ma la strada chiama, la strada
diventa destino: ora – una
sera di nubi e di vento
in un borgo remoto -
non posso più fermarmi, e sono
vecchio, e sono
stanco.
Mai, nei quasi venti anni da quando mi occupo di scrittura, e specialmente di scrittura digitale, dunque anche di poesia fondamentalmente digitale (in senso lato), mi è capitato di leggere qualcosa di così esteticamente valido, stilisticamente nuovo e filosoficamente intenso in un autore contemporaneo. Mai! Ed è tale la mia ammirazione per quest’uomo che – pur volendo scrivere della sua straordinaria capacità di gioco con le parole, della sua quanto mai appropriata scaltrezza grammaticale, della sua inimitabile capacità di poetare seguendo la “musica” del discorso piuttosto che la forma ingessante, della sua facilità nel costruire e de-costruire ogni struttura poetica omologata, del suo mirabile saper cogliere la sostanza e le ragioni dell’Essenza; e, pur desiderando di provarmi in una analisi stilistica e tecnica di tutte e tre le opere pubblicate in questo pezzo - preferisco fermarmi qui. Preferisco non rischiare di “offendere” anche con una sola parola di troppo tanta bellezza-dell’-anima. Sarà quindi per un’altra volta. Di certo c’è soltanto che se sono sempre poche le persone che si vorrebbe conoscere per davvero, per quanto mi riguarda Vincenzo Guarna era una di quelle! Semplicemente straordinario!
Note:
(1) Pubblicata in “Tre istorie” (Galleria, XVII, n.1-2, genn.apr. 1967).
Featured image Vincenzo Guarna.