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La poetica della materia: la bellezza della sinestesia (parte 2)
Creato il 09 dicembre 2010 da Adele Rotella (www.adelerotella.com)Se ve la siete persa ecco la prima parte del post, scritto da Jole Paolantonio.
Potereall’edificioNonè un caso che H&deM non attribuiscano nomi ma numeri ai propri lavori.
Ilmetodo di lavoro dei due svizzeri si basa su un processo che sfrutti ilpotenziale dell’architettura inteso come energia emanata dal contesto incui si opera, ma soprattutto comeprocesso cognitivo che si sviluppa naturalmente e che inevitabilmente provocauna continua mutazione formale e concettuale.
Ogni progetto è un’entità a séstante, frutto di un processo in cui non è la mano dell’architetto a guidare,ma è il progetto stesso che prende le redini del gioco lo porta al risultatofinale. Ciò contribuisce a sviluppare anche il potenziale umano, estremamenteimportante per H&deM; l’uomo rimane un elemento fondamentale dellaprogettazione, ma non così importante da prevaricare i significantidell’edificio.
Per questo motivo è difficile trovare nella carriera diH&deM una cifra stilistica, un filo rosso che accomuni gli edifici a chi liha progettati. In questo aspetto, come in altri d’altronde, la coppia svizzerasi discosta dal loro maestro Aldo Rossi.
Nell’architetturadell’architetto italiano è infatti possibile rintracciare, prima nei disegni epoi nelle opere realizzate, un continuum che definisce uno stile dell’autore,stile caratterizzato da forti riferimenti alla memoria storica che determinauna cristallizzazione della realtà, una sorta di continua attesa.
H&deM hanno imparato e subitodimenticato la lezione del loromaestro, trasformando l’attesa in movimento, in un perenne hic et nunc che dilata lapercezione, la amplifica, si muove con il muoversi della società.
Riprendendoun paragone che Alessandro d’Onofrio, nel libro Anomalie della Norma: Herzog&de Meuron, ha utilizzato per rendere più esplicita la differenza tra ilmaestro e gli allievi.
Il primo si lega alla pittura di De Chirico, in unadimensione atemporale, immutabile, rarefatta; i secondi si collegano a Picasso,alla visualizzazione di un momento che non pretende di rievocare il passato nétantomeno di alludere al futuro, un momento che però non rimane fisso, ma siscompone infinite volte, muta la percezione.Vitra House, progetto di Herzog & de Meuron
Percezione:tra disvelamento e ingannoUnodei principali cardini del pensiero di HdeM, se non il principale è lapercezione.
Tutto è percezione e l’architettura, alla stregua di un sismografo,è in grado di coglierla in tutte le sue accezioni.
Questo concetto, come giàespresso in precedenza, ha guidato la coppia svizzera nel loro primo lavoro esi andato man mano affinando e ampliando. Gli effetti di straniamento, didisvelamento e di inganno ottenuti durante la parata a Basilea grazie ad unattenta osservazione degli autori vibrano come un’onda in tutte le opere, aqualsiasi scala d’intervento.
Allabase della percezione vi è il recupero dell’uso di tutti e cinque i sensi.
Lungo tutta la storia dell’architettura, così come lungo tutto l’arco dellastoria umana, il senso che più di tutti ha dominato è stato la vista.Conseguenza di questa inconscia “perdita” dell’uso dei sensi è stato unprofondo appiattimento culturale, una ricerca di valori nel passato, unamancanza di osservazione del mondo.
H&deM hanno sovvertito questa tendenza,diventando predicatori di un nuovo approccio non solo progettuale, ma ancheindispensabile nella vita dell’uomo. Sfruttando appieno i sensi è possibilescoprire una dimensione diversa della realtà, una visione legata ad unminimalismo che i nostri esercitano tramite una profonda indagine analitica chepredilige lo spessore interpretativo piuttosto che la sovrabbondanza di dati.
Risultatodell’indagine percettiva di H&deM non è però un’architettura che vuolelanciare obbligatoriamente un messaggio; anzi, essi sembrano quasi fuggire daquesto intento, dichiarando che l’architettura nasce per essere tale, non peressere portatrice di valori.
Ciò può sembrare un controsenso, in realtà non ècosì; ogni opera nasce sì come una sorta di performance artistica fuori scala,come pezzo unico, come frutto di un processo percettivo, ma rimane comunqueun’architettura nata per adempiere ad una funzione.
Questanetta dissonanza emerge negli edifici; essi contengono un’inquietudine latentee al contempo una familiarità che attraggono l’utente, lo spingono a vivereun’esperienza sensoriale completa, totalizzante.
Nelle opere di H&deM lavista è di certo il primo senso coinvolto, anche se molto spesso è il senso piùingannato. Si è convinti di vedere, ad una certa distanza, una superficiecompatta, uniforme; avvicinandosi si scopre l’inganno, il gioco otticosapientemente realizzato. Dopo un primo momento di straniamento e di timoresopraggiunge il dialogo polisensoriale; si scopre la qualità di un materiale,il suo suono, la sua texture, perfino il suo odore.
Trai sensi maggiormente coinvolti è l’odore il senso più sviluppato negliarchitetti svizzeri. Paradossale ad un primo impatto; riflettendoci è invece uncampo d’azione che apre notevoli spunti progettuali. Attraverso l’odore èpossibile creare una mappatura ideale di uno spazio, si possono richiamare allamente ricordi, immagini. Sin dalla primissima infanzia l’odore guida l’uomo, lospinge verso la curiosità. Riacquistare questo senso, così come i restantisensi, ha fornito a H&deM la chiave per un’architettura empatica, in cui l’uomo non è spettatore passivo, maperformer di un’esperienza sensoriale e cognitiva inaspettata.
Forum Building di Barcellona, progetto di Herzog & de Meuron
(appuntamento alla settimana prossima, con la terza ed ultima parte dell'articolo)
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