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La poetica musicale di Luca Isidori

Creato il 07 marzo 2016 da Wsf

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Benvenuto su WSF Luca,

Chi è Luca Isidori, attore, poeta e..?

Grazie mille Christian dell’ospitalità.
Forse musicista, performer.
Infatti sto portando “in tour” “Nuovosole” ,una raccolta che ha riscosso ottimi consensi, attraverso la formula ormai per me consolidata della “Performance poetica”, in cui si mescolano alla poesia il linguaggio teatrale oltre appunto alla musica con alcuni pezzi per chitarra che ho scritto l’anno scorso e riarrangiati poi per chitarra e clarino per le performances.
Mi piace essere eclettico, appassionato di tutto, delle commistioni tra arti diverse.

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Nel tuo ultimo lavoro “Nuovo Sole”, leggiamo delle poesie brevissime. Un misto tra ermetismo ungarettiano e haiku. Come nasce questo lavoro e cosa dice di te?

“Nuovosole” è un lavoro particolare. Rappresenta per me un riscatto. Un segnale vivo di tenacia. Il primato della volontà personale rispetto agli eventi esterni. È una riflessione sul tempo, sul senso della vita, sul senso della vita nel tempo, sulla precarietà dell’esistenza umana. Sulla voglia di dire la propria, a testa alta, nonostante tutto. E’ un lavoro, sì, a tratti ermetico. Ci sono attimi totalmente essenziali in cui il senso dell’esistenza si condensa in poche parole, quasi d’improvviso il rivelarsi, risvegliarsi di un segreto. A questo, si alternano componimenti che sono dei veri e propri monologhi, dove il flusso delle parole scorre e scorre alla ricerca di una risposta riguardo la vita e il tempo ad esempio. Questo è un lavoro più riflessivo, se vogliamo, rispetto a quello precedente “Diario Costante dei giorni”, anche se rimangono forti slanci vitalistici. Un lavoro soprattutto esistenzialista, leopardiano. L’essere umano con tutte le proprie paure e aspettative messo di fronte a tempo storia esistenza. Le liriche “Carpe diem”e “Liberi” riassumono benissimo iI senso generale dell’opera. C’è tutta la “rivolta” di Camus, in cui, dopo aver capito come stanno le cose nella vita, un uomo (io, generalizzando a tutti gli esseri umani, uomo o donna che siano) non deve mollare, deve continuare a trovare il modo per farcela, per risollevarsi, per emanciparsi, per lasciare un segno nell’infinito. I componimenti risalgono, tranne alcuni, al 2011. Però all’epoca li sentivo troppo pesanti, che non rispecchiavano il mio stato d’animo di allora. Così li tenni da parte, finché non mi successero (recentemente) fatti che mi portarono a voler dire certe cose, perché mi sentivo più maturo. Così vennero corretti e ampliati. E finalmente ad ottobre sono stati pubblicati e da lì è iniziato questo entusiasmante viaggio. Idealmente quest’opera fa parte di una sorta di trilogia dell’individuo assieme a “Diario costante dei giorni” e a “Dittico dell’assedio” (testo teatrale “politico” di denuncia, che vedrà le prime messinscena ad aprile a Piacenza.

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Come ti sei avvicinato al teatro e come alla poesia?

Scrivo da quando ho sedici anni. Iniziai da prima a tenere costantemente un diario in cui annotavo pensieri finché un giorno, d’improvviso, e in maniera del tutto naturale, uscirono le mie prime due poesie “Sempre pioggia” e “Parlami”mentre ero in classe, alle superiori. Sentii queste parole arrivarmi come dettate da una voce interiore, un flusso che si condensò sulla carta del mio diario di scuola. Successivamente, la nostra professoressa di italiano, organizzò un cenacolo poetico (avendo scoperto in me e in altri ragazzi la passione della poesia. Fu un’esperianza bellisiima, con confronti e letture personali).
Per quanto riguarda il teatro invece, iniziai ad interessarmi a vent’anni e volevo frequentare un’accademia a Torino, ma problemi familiari cambiarono le carte in tavola. Così iniziai a 29 anni, sentendo che fosse una sorta di ultimatum che mi davo. Il teatro mi ha dato tantissimo, quanto la poesia. Mi ha permesso di affrontare e sconfiggere alcune difficoltà interiori che avevo e di sperimentarmi nelle mie mille sfaccettature, crescendo. Ho cambiato molte compagnie fino ad iniziare la carriera “solista”, proprio facendo leva sulla capacità di un multilinguaggio. E poi, nel 2014, la possibilità di poter recitare nell’ultimo film di Marco Bellocchio “Sangue del mio sangue”, è stato qualcosa di indescrivibile.

Il tuo essere attore ti ha aiutato nella creazione poetica?

Tantissimo, e mi ha anche cambiato. Facendomi percorre forme poetiche vicine al monologo teatrale, aiutandomi a far sgorgare dalla mia fonte un proliferare sempre maggiore di parole e situazioni, anche grazie all’immedesimazione teatrale nello scriverle. E poi mi ha permesso di poterle rendere di carne, agite nello spazio, vere, faccia faccia con il pubblico, i miei testi. Rendendole interpretate, valorizzate dall’azione teatrale in un vero e proprio spettacolo come in una performance, raggiungendo e interessando molte più persone, svecchiando la classica forma della lettura drammatizzata, del reading, creando suggestioni scenografiche, registiche, musicali un po’ come il Teatro Valdoca.

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A quale lavoro ti senti più legato?

Un po’ a tutti. “Diario costante dei giorni” è stata la prima vera prova della maturità, mentre “Nuovosole”, portarlo in scena, come ho già accennato, ha rappresentato una sorta di riscatto rispetto a fatti di natura sia privata che artistica avvenuti recentemente. Un segnale forte di carattere e determinazione che volevo mandare. Un punto di ripartenza. Senza dimenticare “ Dittico dell’assedio”: scritto di getto da un nucleo di pochi versi del 2011, l’indomani del “Premio Internazionale Città di Cattolica” , è stato un togliermi il tappo dalla bocca per dire finalmente tutto quello che sentivo rispetto a tutto quello che secondo me non va, che non mi va nella nostra epoca, in cui l’individuo singolo e la società tutta è “sotto assedio”. Una denuncia sociale e politica, partendo dal dolore e dal riscatto dell’individuo nel mondo. In maniera sofferta e lucida, senza saccenza. Solo per dirlo. Perché lo sentivo. In ogni modo, parlando delle mie opere, a volte rileggendomi, ho quasi la sensazione di trovarmi di fronte all’opera di qualcun altro, provando così nuove suggestioni. E’ un fenomeno particolare, strano e bello che, quando capita, mi affascina.

Che cos’è per te la poesia?

È profonda indagine verso la conoscenza di sé e del mondo, per elevare tutto ad uno stato più puro, più intenso, più vero. Fuoco interiore, vocazione, voce interiore che vuole sapere tutto, vivere tutto , ricerca di senso , di verità. Partecipazione. Resistenza attiva per esistere.

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Quanto si deve essere “nudi” quando si recita su un palco?

È fondamentale: meglio qualche imprecisione tecnica (solo qualche, ad alti livelli) ma grande verità e pathos e carisma che ti tiene gli occhi incollati alla scena rispetto a tutta tecnica (bravissimi) ma in assenza di trasporto-cuore-dimenticanza in scena. Il recitare “di maniera”, per intenderci, sia per la tecnica, la dizione che per il ritmo, andrebbe evitato. Ma tutti poi in fondo hanno la propria maniera, anche i più grandi… Per risponderti meglio sull’essere “nudi” , Carmelo Bene diceva che l’attore in scena deve arrivare a “non essere”, essendo totalmente, vero, “nudo”, appunto, nel personaggio (traendo spunto, in un dibattito, dall’”esser-ci” di Heidegger).

In moltissimi tuoi testi hai usato il self publishing per dare al mondo le tue opere. Come descriveresti quest’esperienza e soprattutto ti sentiresti di consigliarla?

Ho deciso di utilizzare questa modalità, perché mi permette di controllare nei minimi particolari il lavoro di creazione dell’opera, dai testi all’impaginazione alla copertina. In più, non sono vincolato al pagamento di cifre spropositate per la pubblicazione di un libro, ma di volta in volta posso ordinare il numero di copie che mi serve per ogni singola presentazione o spettacolo. E poi il risultato finale, anche graficamente, è ottimo, alcune volte migliore rispetto alle produzioni di varie case editrici medio-piccole. È un’esperienza che consiglio caldamente a tutti, appunto perché permette di essere più liberi (i diritti dei singoli libri rimangono a te) e di subire molto meno il peso economico di una pubblicazione. Grazie a tutto ciò ho potuto pubblicare sei libri in tre anni, impensabile per costi e contratti con case editrici tradizionali.

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Cosa dobbiamo aspettarci dalle tue future produzioni artistiche?

In aprile e maggio porterò in scena, a Piacenza, in forma ridotta, performativa, “Dittico dell’assedio”, il mio primo testo teatrale, mentre mercoledì prossimo alle 21 in un circolo culturale sempre di Piacenza sarò in scena con una “Performance Poetica” tratta dalla mia nuova raccolta “Notturni – Poesie e prose liriche”. Nata quasi per caso, circa due mesi fa, nel progettare eventi con il ragazzo che gestisce il circolo. Intanto, ho iniziato l’elaborazione di un prossimo lavoro tra poesia e teatro. Per quanto riguarda la musica invece, inizierò le registrazioni del mio primo mini cd, con calma, senza fretta. Vediamo.

Grazie Luca

Grazie mille ancora Christian, a te e a tutto il Words Social Forum per l’interesse e l’ospitalità!
A presto!

Christian Humouda


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