Guido Crainz, docente di Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Teramo boccia la serie: «Tralasciamo i dettagli, che pure hanno colpito il pubblico e hanno valore. Nel momento in cui scompare il clima dell’autunno caldo, quello che accade dopo resta incomprensibile» spiega il professore «Questo per me è l’aspetto centrale. Non se ne fa cenno e risulta incomprensibile, nella seconda puntata, l’emergere della pista nera. All’inizio del racconto non si spiega mai che la stragrande parte degli atti violenti sono fascisti: penso alle bombe dell’aprile e dell’agosto ‘69. La responsabilità principale è far scomparire le offensive di quei mesi, ignorare la pista nera, che era battibile da subito».Un’altra pecca, secondo lo storico, è che gli autori non sono riusciti a restituire l’immagine autentica dell’Italia di quegli anni.«Manca il clima sociale» dice lo storico. «Quella rappresentata è un’Italia finta, inesistente. Non faccio il processo alle intenzioni, vedo una falsificazione del periodo. Poi ho trovato che altri aspetti, invece, sono stati curati, senza omissioni: come il fermo protratto di Pinelli. Alcuni punti chiave ci sono, e sono spiegati allo spettatore. Per esempio mentre Pinelli scompare, Calabresi dice: “È la mia stanza, quelli sono i miei uomini”».
«Per capire quale fosse il clima di quegli anni» continua Crainz, «c’è un documentario straordinario di Giuseppe Fiori e Sergio Zavoli, Quelli che perdono, trasmesso da Tv7 il 19 dicembre del 1969: partiva dalla folla ai funerali delle vittime di Piazza Fontana». E qui si apre il discorso sul ruolo del servizio pubblico «che ha una grande responsabilità quando si tratta di raccontare la storia di questo Paese. Che sia un prodotto di quart’ordine si vede, ma è insensato prendersela con gli attori» dice Crainz «fanno il loro lavoro, la colpa è nella scrittura. Non accennare al golpe Borghese, trattare in quel modo la morte di Annarumma, quelle sono colpe. Cancellando la pesante presenza dei neofascisti — c’è solo una scritta su un muro — si deforma tutto, non si capisce come nasca la pista nera. E infatti leggo che ai giornali di destra la serie è piaciuta... La sinistra da salotto, il modo di rappresentare Pansa o la Cederna, certe fesserie non le considero. Il punto è questo: scompaiono i fascisti, le ragioni da cui nasce la strage di Piazza Fontana, e scusate se è poco. Dietro quella strage c’è tutto quello che sarebbe successo dopo».
Silvia Fumarolaper "La Repubblica"