La politica del lavoro non è stata mai netta e precisa nel nostro territorio, non si è mai data una connotazione chiara sulla tipologia di investimenti da fare sul territorio comunale. Basta fermarsi ad analizzare il porto di Vibo Marina, che non ha un utilizzo specifico a metà tra industriale e turistico, questa connivenza, dannosa e antiquata, non può più andare avanti e richiederebbe quindi una scelta coraggiosa e ben precisa ragionando in prospettiva. Dal nostro punto di vista la scelta non può che essere quella dello sviluppo della vocazione principale del nostro territorio e dunque quella turistica perché al momento ci ritroviamo la costa con tanti villaggi e alberghi, ma anche con impianti industriali e silos. Cementificio e Pignone che insistono sul versante marino del comune capoluogo. La zona industriale, si sviluppa a macchia di leopardo su tutto il territorio comunale sebbene il PRG la individui in prossimità dell’eliporto militare di Ionadi.
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La politica quindi non ha mai vigilato sullo sviluppo industriale del territorio, facendo denotare la sua incapacità, ed è grazie a questo modo di fare politica che oggi a Vibo marina, i lavoratori si trovano in mobilità per volere dell’azienda che giustifica la sua scelta, di chiudere lo stabilimento, legata alla crisi internazionale del comparto edilizio. Una spada di Damocle, che punta diritta sulle loro teste, che li potrebbe anche portare a dover scegliere tra lavoro e salute, quindi la classica minaccia “o la borsa o la vita.
Ancora una volta infatti la politica affronta la questione in modo sbagliato, aprendo le porte ad un possibile utilizzo del CDR come combustibile per gli altiforni. Sbagliata perché sappiamo bene che è della salute di un intero territorio comunale che si parla, ma sbagliata soprattutto perché l’Italcementi non ha mai detto: “se ci fate usare il CDR non chiuderemo lo stabilimento”!
Questa apertura al CDR era abbastanza prevedibile, già nel gennaio 2011 infatti noi avevamo lanciato l’allarme, con una domanda ben precisa: “Nel caso in cui l’Italcementi tiri fuori una minaccia del tipo “o facciamo così o chiudo” cosa deciderà la nostra classe politica?” Oggi possiamo rispondere dicendo che la politica tutta si è “schierata” dalla parte dei lavoratori che senza condizione alcuna ha aperto al CDR, ha messo disposizione il porto, ed ha detto si alle cave di Briatico. Si schiera dalla parte dei lavoratori facendo però gli interessi dell’azienda! Senza preoccuparsi di cosa è meglio per gli operai!
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Per non parlare dei sindacati tutti : Cgil, Cisl, Uil e slai cobas che addirittura hanno proposto loro stessi all’azienda i tre punti precedentemente citati. Questo secondo noi non è un ruolo serio da parte di sindacati e istituzioni tutte, perchè bisogna avere il coraggio in alcune fasi di fare scelte anche impopolari, difendendo fino all’ultimo l’interesse della SALUTE dei lavoratori e di una comunità, senza servire la propria dignità ed i propri polmoni su un piatto d’argento.
Questa classe politica non guarda aldilà del proprio naso perché non riesce a programmare il piano industriale, in questo caso, arrivando tardi alla risoluzione del problema con la via d’uscita più semplice e meno impopolare. Quando prova a risolvere il problema non riesce a investire in tecniche industriali più moderne offrendo soluzioni “tampone”, cure palliative che non offrono di certo un futuro di sviluppo al nostro territorio, non creano nuove opportunità per i giovani e non sono in grado nemmeno di mantenere i posti di lavoro attuali!
Possiamo cercare di analizzare la questione dell’Italcementi e ipotizzare qualche soluzione e cioè: il cemento (moderno) si produce da quasi 100 anni, mentre raccolta differenziata, centri di stoccaggio sono “invenzioni” del nuovo secolo, vogliamo restare al passo coi tempi? Vogliamo puntare sulle nuove tecnologie, ecologiche e poco inquinanti?
La coerenza si sa appartiene a pochi, di certo non ai consiglieri comunali di Vibo Valentia, i quali si sono pronunciati all’unanimità sul possibile utilizzo del CDR, maggioranze ed opposizione, quest’ultima poco meno di un anno fa si batteva apertamente contro l’uso del CDR, vista la posizione assunta oggi possiamo di certo dire che quella era una lotta condotta solo per puro opportunismo, giusto per andare contro gli avversari politici, senza che la battaglia fosse supportata dalle idee!
L’intero consiglio comunale (all’unanimità) hanno vestito i panni dei paladini dei lavoratori, firmando in bianco “una cambiale ambientale” che sarà pagata negli anni dai cittadini vibonesi, dai lavoratori tutti e dai loro figli. Noi non abbiamo la memoria corta e ricordiamo perfettamente chi un anno e mezzo fa si scagliava contro l’uso del CDR soprattutto dai banchi dell’opposizione, che un anno e mezzo fa si batteva apertamente contro l’uso del CDR, ma vista la posizione assunta oggi possiamo di certo dire che quella era una lotta condotta solo per puro opportunismo, giusto per andare contro gli avversari politici, senza che la battaglia fosse supportata dalle idee! Cosa è cambiato da un anno e mezzo a questa parte? Perché questo cambio di rotta? Lo chiediamo al gruppo consiliare del PD ed anche al consigliere Stefano Luciano eletto soprattutto con i voti della Federazione della Sinistra.
La provincia è invece stata coerente, voleva l’uso del CDR prima e lo vuole adesso, sebbene una parte della sua colorita maggioranze, e ci riferiamo a SEL, vorrebbe rivestire, male, il ruolo di partito di lotta e di governo, stando dalla parte della salute dei lavoratori sul giornale, mentre sostiene un governo provinciale a favore del CDR e anche della mega discarica di San Calogero. Una coerenza, anche questa, senza pari.
Secondo la Corte di Giustizia europea, con la sentenza che riguarda la causa n° C‑283/07 del 22 dicembre 2008, il CDR‑Q, anche se corrisponde alle norme tecniche UNI 9903‑1, non possiede le stesse proprietà e caratteristiche dei combustibili primari. Come ammette la stessa Repubblica italiana, esso può sostituire solo in parte il carbone e il coke di petrolio. Peraltro, le misure di controllo e di precauzione relative al trasporto e alla ricezione del CDR‑Q negli impianti di combustione, nonché le modalità della sua combustione previste dal decreto ministeriale 2 maggio 2006, dimostrano che il CDR‑Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili. L’Europa in merito si è già pronunciata.
L’incenerimento del CDR non garantirà la continuità del lavoro agli operai dell’Italcementi, anzi molto probabilmente comporterà una forte riduzione del personale.
Ma quello che ci chiediamo, senza trovare risposta logica è: visto che il “mondo” sta differenziando e riciclando sempre di più i propri rifiuti perché non creare a Vibo Marina un centro nuovo e innovativo di stoccaggio della raccolta differenziata per esempio? In questo modo non solo si possono riconvertire gli 82 operai che oggi lavorano al cementificio ma anche l’indotto che ruota intorno allo stesso.
Ma non solo, l’avvento della bioedilizia apre nuovi campi di investimento e di sviluppo, come detto il cemento appartiene al secolo scorso, si potrebbe puntare allora sulla produzione di pannelli fotovoltaici, nuovi sistemi di condizionamento edilizio ed industriale ecc.
Ci rendiamo conto che, facendo anche noi politica, la classe politica non può “costruire” fisicamente questo impianto ma sicuramente ha l’obbligo di dover attirare idee e capitali nuovi cosi come si è fatto negli anni 60’ con l’allora CEMENSUD. Allora la classe politica del tempo ha creato le condizioni affinché si fosse potuto installare l’odierno cementificio. Oggi questa classe politica ha la capacità di innovare il territorio? Oppure vuole creare il precedente affinché si possa meglio smarcare nella gestione del ciclo dei rifiuti? Perché chi ci garantisce oggi che nel momento in cui la Italcementi accetti le proposte dei sindacati e creato quindi il precedente, altre aziende, magari più modeste, possano richiedere il diritto di bruciare questo CDR nelle proprie fornaci?
Noi siamo comunque dalla parte dei lavoratori per la loro difesa e tutela, perciò chiediamo loro di stare attenti e di vigilare anche su questa classe politica che gioca con la salute loro e nostra. Non fatevi ammaliare da false promesse e da facili risoluzioni, perché se l’azienda decide la sola macinazione del clinker, o se deciderà di bruciare il CDR o il petcoke, il vostro numero sarà inevitabilmente ridimensionato al ribasso e quando andrete a chiedere spiegazioni ai politici vi stringeranno le spalle dicendovi che non dipende da loro oppure giustificandosi che questo era il male minore.
Lottate e lottiamo, perché il vostro posto di lavoro non si perda e che vi sia dato un futuro vero. Se il cementificio domani chiuderà occupate lo stabilimento e riconvertitelo a centro di stoccaggio rifiuti, come hanno fatto in altre parti d’Italia. Prendiamo d’esempio il caso del “Centro Riciclo Vedelago” a Treviso che da solo ha 80 dipendenti e che ha creato un indotto di 9600 persone. Anche a Vibo Valentia è possibile ottenere un centro simile, qualcosa già nel nostro comune esiste e da lavoro ad alcune persone, nonostante le note difficoltà. Esistono imprenditori lungimiranti e disposti a lavorare per un grande progetto.
Voi lavoratori avete il vostro futuro in mano e non occorre che l’affidiate a questa classe politica inetta e superficiale a cui starebbero bene altre 400 famiglie disposte, per necessità, a bussare alla loro porta per chiedere un posto di lavoro. Voi dovete pretendere, coraggiosamente, che il vostro lavoro abbia una funzione socalmente accettabile e che contribuisca all’accrescimento culturale e sociale del vostro territorio. Questione che i sindacati e taluni partiti non vogliono affrontare perché impopolare anche se sana.
Una cosa è sicura, nonostante quello che vogliono farci credere politici e sindacati: se l’impianto resterà aperto avrà una riconversione del piano industriale dell’azienda, perché gli stessi vertici hanno fatto sapere che sarà macinato solamente il clinker (che è un ingrediente del cemento), quindi di conseguenza si andranno a perdere inevitabilmente ulteriori posti di lavoro per l’azienda e per l’indotto.
Rigettiamo con forza gli inviti all’unità lanciati, in questi giorni, sulle testate giornalistiche locali. qui nessuno è contro nessuno, ancor meno contro i lavoratori e noi, da comunisti, non accettiamo lezioni in materia di tutela e difesa del lavoro e dei lavoratori ma non possiamo sottacere dinnanzi ad un simile ricatto, attuato dalla società con il bene placito di politica e sindacati locali, che finirebbe con l’avvelenare, ulteriormente, questo territorio e il suo popolo.
Documento congiunto, delle federazioni provinciali di Vibo Valentia, del Partito dei Comunisti Italiani e del Partito della Rifondazione Comunista sulla questione della chiusura della Italcementi di Vibo Marina.
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Partito dei Comunisti Italiani – federazione provinciale di Vibo Valentia
Partito della Rifondazione Comunista – federazione provinciale di Vibo Valentia