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La politica e Cucchi

Creato il 07 giugno 2013 da Giuseppe Lombardo @giuslom
Nonostante gli sforzi perpetrati dalle Penne Armate, quel variegato esercito di giornalisti sempre solerte nel difendere le forze dell’ordine in barba a qualsivoglia ragione, il caso Cucchi non può essere relegato a semplice vicenda di cronaca giudiziaria. Se accusa e parte civile convergono nel denunciare gli abusi di un corpo dello Stato, il fatto in sé assume una rilevanza politica oggettiva, e come tale va trattato. Non è neppure vero, come scrivono alcuni pennivendoli, che le sentenze in un ordinamento democratico e rispettoso della separazione dei poteri vadano comunque tacitamente accettate: non è vero, in primo luogo, perché la democrazia è dibattito e pluralismo, e le scelte di un giudice – per quanto rispettabili – non sono frutto dell’infallibilità divina, ma di un’interpretazione più o meno azzeccata dei fatti; non è vero, in secondo luogo, perché la sentenza in questione non è definitiva, essendo stato celebrato soltanto il primo grado del processo; e non è vero, altresì, perché la tutela dei diritti dell’uomo, anche fosse un uomo carcerato, travalica i confini del politicamente corretto e si assesta nell’ambito delle libertà fondamentali, peraltro riconosciute costituzionalmente.Un dato è certo: Stefano Cucchi è stato arrestato perché in possesso di sostanze stupefacenti, 20 grammi di hashish e qualche pasticca possono costare la vita in un paese occidentale che si ostina ad adottare un’insulsa logica proibizionista. Arrestato nella notte fra il 15 ed il 16 ottobre del 2009, il 22 Cucchi è deceduto su un grigio tavolo, il corpo tumefatto e pieno di lividi. Basta guardare le foto per capire quanto quel ragazzo abbia potuto soffrire. Tra 90 giorni usciranno le motivazioni che hanno spinto i giudici ad assolvere gli agenti Nicola Menichini, Corrado Santantonio e Antonio Dominici, accusati di violenza nei confronti del defunto. Valutando le prove fornite nel dibattimento, chi scrive è curioso di analizzare i dettagli della sentenza, fosse anche solo per capire quale grave responsabilità ricade sui medici ritenuti colpevoli di un “tragico errore sanitario”, da Aldo Fierro a Silvia Di Carlo.

La politica e Cucchi

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Essendo un caso politico, però, dobbiamo volare più in alto. E’ lecito chiedersi: cosa dovrebbe fare il Parlamento di fronte ad una spinosa vicenda come questa? Come può la classe dirigente rispondere dell’accaduto? Innanzitutto l’etica e la pietas dovrebbero indurre alla prudenza certi arditi commentatori. L’ex ministro Giovanardi, ad esempio. Uomo di Chiesa e pio cavaliere degli atti di dolore, avrà anche avvertito l’esigenza di sottolineare come le sue interpretazioni passate, tanto vituperate dall’opinione pubblica, fossero in realtà puntuali e non viziate da pregiudizi di sorta. Va bene: se il Palazzo di Giustizia gli ha dato (momentaneamente) ragione, resta però l’umano scetticismo e lo sconcerto nei confronti della tempistica e dei toni. I politici, si presume, dovrebbero fornire un esempio e non uno scempio di tal portata.La Boldrini e Grasso, per parte loro, sentite le diverse forze politiche, potrebbero vagliare l’ipotesi di istituire una Commissione d’indagine volta a chiarire i fatti con audizioni pubbliche del ministro competente. C’è di mezzo la dignità dello Stato, un dettaglio che non può essere trascurato né affrontato marginalmente.Il governo, infine, potrebbe gettare il cuore oltre ogni ostacolo e dimostrare di non essere retto da un immondo spirito di sopravvivenza: potrebbe cioè rilanciare in Parlamento una grande battaglia civile, che impone, oggi più che mai, l’introduzione del reato di tortura da codificare nel nostro impianto normativo. Sono tre piccoli passi che potrebbero offrire l’esempio di un nuovo modo di concepire la sfera pubblica, anche per sfuggire ad un tremendo paradosso, ormai stridente e di banale evidenza: quello di chi assiste a zuffe parlamentari volte ad accertare improbabili parentele di Mubarak, salvo poi disinteressarsi della morte di un ragazzo avvenuta in circostanze assai sospette all’interno di una delle tanto vergognose carceri italiane.

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