di Massimo Donadi. Si preannuncia un agosto caldo, caldissimo. Forse addirittura più caldo dello scorso anno. Non dal punto di vista meteorologico naturalmente. Sarà caldo per gli assalti speculativi che prenderanno di mira l’Italia. Sarà caldo per le tensioni politiche. Sarà caldo per gli effetti sociali. In un anno molte cose son cambiate. Innanzitutto il governo, che non è più quello smandrappato di nani e ballerine guidato da Berlusconi. E’ un governo grigio composto da stimatissimi ‘tecnici’. Ma lo spread non se ne è accorto! Per due motivi fondamentali: il primo è che l’eredità era talmente pesante da non lasciare spazi a rapide soluzioni; il secondo riguarda l’incapacità di questo governo di essere abile nelle misure per la crescita così come lo è stato nei tagli. Scrivendo abile, non voglio affermare che condivida il modo in cui questi tagli sono stati fatti. Nel modo più assoluto. Hanno colpito i più deboli, non hanno fatto abbastanza contro i veri speculatori. L’hanno fatto nel modo più facile (e doloroso) possibile. E i risultati si vedono. Ma scaricare interamente la colpa del fallimento sul governo Monti sarebbe fuorviante. Il contesto è difficile: la crisi è globale e l’Italia non è più una potenza economica di prima fascia. Ciò detto non si può, però, far finta di non vedere le cose. La politica italiana deve fare esercizio di introspezione. La classe dirigente che ha guidato sino ad oggi il Paese ha fallito. Ha fallito per mancanza di progetti e di ambizione. Non di ambizione personale, che è una dote di cui i politici italiani certamente non difettano, ma di quell’ambizione politica che è il motore del cambiamento: la volontà di cambiare la società. Oggi sembra quasi che i partiti si candidino per amministrare lo Stato, non per rinnovare la società. Monti ha detto che la differenza tra un politico e uno statista è che quest’ultimo guarda alle future generazioni. Se l’ha detto per darsi il patentino di statista ha detto una sciocchezza e poteva risparmiarsela, ma se lo ha detto per stimolare la politica ha ragione. Alla politica italiana manca il progetto, il sogno di una nuova società.
Magazine Politica Italia
di Massimo Donadi. Si preannuncia un agosto caldo, caldissimo. Forse addirittura più caldo dello scorso anno. Non dal punto di vista meteorologico naturalmente. Sarà caldo per gli assalti speculativi che prenderanno di mira l’Italia. Sarà caldo per le tensioni politiche. Sarà caldo per gli effetti sociali. In un anno molte cose son cambiate. Innanzitutto il governo, che non è più quello smandrappato di nani e ballerine guidato da Berlusconi. E’ un governo grigio composto da stimatissimi ‘tecnici’. Ma lo spread non se ne è accorto! Per due motivi fondamentali: il primo è che l’eredità era talmente pesante da non lasciare spazi a rapide soluzioni; il secondo riguarda l’incapacità di questo governo di essere abile nelle misure per la crescita così come lo è stato nei tagli. Scrivendo abile, non voglio affermare che condivida il modo in cui questi tagli sono stati fatti. Nel modo più assoluto. Hanno colpito i più deboli, non hanno fatto abbastanza contro i veri speculatori. L’hanno fatto nel modo più facile (e doloroso) possibile. E i risultati si vedono. Ma scaricare interamente la colpa del fallimento sul governo Monti sarebbe fuorviante. Il contesto è difficile: la crisi è globale e l’Italia non è più una potenza economica di prima fascia. Ciò detto non si può, però, far finta di non vedere le cose. La politica italiana deve fare esercizio di introspezione. La classe dirigente che ha guidato sino ad oggi il Paese ha fallito. Ha fallito per mancanza di progetti e di ambizione. Non di ambizione personale, che è una dote di cui i politici italiani certamente non difettano, ma di quell’ambizione politica che è il motore del cambiamento: la volontà di cambiare la società. Oggi sembra quasi che i partiti si candidino per amministrare lo Stato, non per rinnovare la società. Monti ha detto che la differenza tra un politico e uno statista è che quest’ultimo guarda alle future generazioni. Se l’ha detto per darsi il patentino di statista ha detto una sciocchezza e poteva risparmiarsela, ma se lo ha detto per stimolare la politica ha ragione. Alla politica italiana manca il progetto, il sogno di una nuova società.
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