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La politica sul corpo e sul desiderio

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Diceva Paola Tablet che nella nostra società ”la donna non ha sesso, è sesso”. Questa affermazione racchiude un grande significato, poiché va a riassumere le logiche che ancora oggi legano il corpo femminile, o meglio la sessualità delle donne, a credenze stereotipate circa il modo di interpretarne la nostra sessualità. Eppure la sessualità delle donne racchiude un grande valore, che troppo spesso nella nostra società viene taciuto. Limitata al mero ruolo di maternità, limitato a saziare la libido maschile, il corpo femminile da secoli è stato percepito in questa maniera. Alla donna non era permesso esprimere la propria sessualità, di essere soggetto attivo di un piacere che in realtà è tutto naturale.

Queste credenze continuano ad essere tramandate ancora oggi attraverso i media, la famiglia e altri mezzi di socializzazione che si alternano tra la negazione del piacere femminile con credenze false che ritengono la libido femminile inesistente o minore a quella maschile, e la condanna della sessualità femminile bollata come patologica o perversa.

In un’intervista, Stefano Ciccone, afferma che nella comune percezione ” le donne sono corpi senza desiderio e gli uomini desiderio senza corpo“. Questo luogo comune viene confermato ogni volta che osserviamo come i media rappresentano i corpi femminili e quando osserviamo le cifre del fenomeno dell sfruttamento della prostituzione (grazie ancora a Valentina S. per il suo impegno), traffico di schiave costrette a saziare la libido maschile per saziare la sete di denaro dei loro aguzzini che si servono dei loro corpi. Perfino lo stupro nasce da questa logica. 

Questa analisi va ad intrecciarsi con la condizione maschile delle società patriarcali, dove il corpo maschile appare un tabù, mercificato e utilizzato come un’arma di guerra, un strumento di lavoro nelle società capitalistiche, dove gli operai continuano a morire nei cantieri. E’ la logica della rimozione del proprio corpo maschile. Perché questo avviene? 

Secondo le logiche patriarcali, l’uomo deve negare il proprio corpo o trasformarlo in una macchina invincibile. Il corpo umano essendo vulnerabile, debole va rimosso. Questo è pericoloso, con tutti i rischi che comporta. Infatti, ad esempio sono tantissimi gli uomini che mettono a rischio la propria salute perché per vergogna non si rivolgono dal medico. Vergogna perché qualcuno gli ha insegnato che per essere uomini devono sopportare il dolore dovuto ai limiti del proprio corpo.

Se il corpo è percepito cosa prettamente femminile è chiaro che i corpi che appaiono sui media sono esclusivamente femminili. Però quando il corpo viene associato al sesso, qui sorge un problema: siamo di fronte ad una logica che nega alle donne l’autoderminazione e la proprietà esclusiva sui propri corpi. Dunque se le donne sono esclusivamente corpi, essi appaiono sotto il controllo maschile.

Le migliaia di pubblicità che appaiono sul nostro territorio suggeriscono questo: le donne non possono vivere senza una figura maschile che le completa! Perché  “secondo la maggior parte degli uomini, una donna non può vivere per fare sesso, ma deve fare sesso per vivere”.

Questa concezione è diffusa in gran parte delle società, profondamente radicata nel contesto italiano. Per questo la donna-oggetto sui media non solo è diffusissima, assieme alla prostituzione, ma è ancora ampiamente tollerata e giustificata.  Quando, invece, una donna manifesta apertamente il suo desiderio sessuale o mostra il proprio corpo fuori da quel contesto, al contrario viene reputata una donna di facili costumi. 

Di facili costumi, perché manifesta quel desiderio sessuale che viene proibito e questo spiega perché la donna oggetto nei media-pur all’apparenza disponibili sessualmente-viene tollerata:  ”quelle immagini non sono altro che la rivelazione di un corpo femminile privo di ogni desiderio“. Va da sè che le immagini dei media appaiono fortemente artefatte, in pose innaturali, stereotipate. Esse sono la materializzazione del desiderio maschile, ma non riflettono in alcun modo i desideri femminili. Ecco perché il porno non piace a molte donne, infatti per questo esiste il post-porno che è completamente diverso. 

Tuttavia, ancora oggi una donna che consuma materiale pornografico viene considerata “perversa” “immorale” “puttana”, anche se le protagoniste della pornografia sono donne. Questo spiega benissimo come il desiderio venga considerato ancora prerogativa maschile, mentre le donne sono relegate alla funzione di corpi. Dal momento che il porno viene utilizzato prevalentemente per masturbarsi, da ciò che se ne deduce è che alla donna non è permesso l’autoerotismo. Non a caso l’opinione pubblica tollera maggior mente una donna che condivide la visione del materiale pornografico con il partner, possibilmente se è lui a proporglielo per “sbloccarla”.

Si intuisce che da una parte gli uomini lamentano la differenza tra donne “normali” e pornostar, dall’altra vorrebbero che le donne rispettassero di più i valori come la modestia, poiché riconoscono che le pornostar stanno recitando. Si intuisce anche una concezione comune secondo la quale la donna deve condividere il piacere col partner, deve soddisfare il partner secondo parametri imposti dalla pornografia e va “disinibita” da quest’ultimo che potrà vantarsi di essere il primo.

Come gli uomini, anche le donne ne escono praticamente disorientate: da una parte devono conformarsi alle aspettative sociali che le vogliono sante “nel pubblico”, e disinibite “nel privato”. Insomma, devono conciliare i due aspetti purché il secondo avvenga all’interno di una relazione coniugale o con il partner fisso. Non è un caso che mentre la nostra società condanna la sessualità femminile fuori dal matrimonio o dalla relazione fissa, dall’altra impone che la donna faccia molto sesso con il marito, quindi che rispetti i doveri coniugali, pena lo scioglimento del matrimonio. Tutto purché la donna sazi solo le voglie sessuali del partner. 

Se gli uomini ne escono disorientati esclusivamente quando cercano una relazione occasionale, lamentando la carenza di donne “disponibili” le donne che vedono privato il loro piacere, rinunciano al sesso o sviluppano gravi disfunzioni sessuali e disturbi alimentari, legati al cattivo rapporto con il corpo. Venendo paragonate a meretrici anche quando il fine del  sesso non è il denaro, ci sono donne si convincono che tanto vale la pena “vendersi”  per tutto ciò che concerne i vantaggi. Non è un caso che nelle società patriarcali è in aumento il numero di donne che si prostituiscono-mi riferisco a quelle che lo fanno per scelta e non a quelle costrette o a quelle che lo fanno per necessità.

Gli scandali delle Olgettine ne sono un esempio: pensiamo alla notorietà che hanno acquistato queste ragazze, chiamate con il nome di “escort” quindi trattate con maggior rispetto rispetto alle ragazze che hanno rapporti sessuali per il loro piacere. Tutto ciò rientra appunto nella percezione del desiderio femminile. Assente.

Perché nel 2009 aprii questo blog? E’ chiaro che-come abbiamo ribadito più volte- denunciare le pubblicità che ci ritraggono come veline non è una sorta di moralismo, ma racchiude tutto ciò che ho scritto in questo post. Moralismo è affermare che una donna è zoccola se vive il sesso con leggerezza. Eppure nessuno contesta ciò. 

Ci sono tantissime prove che dimostrano come in Italia la sessualità femminile E’ CANCELLATA. Aumenta il numero degli obiettori di coscienza, tant’è che tra qualche anno nemmeno potremmo più abortire né avere accesso ai contraccettivi e le famiglie ritorneranno a chiudere le figlie in casa per paura delle gravidanze, recludendo la possibilità non solo di avere un’intimità ma anche di uscire di casa, di studiare e di scegliere un partner?

L’aumento del numero degli obiettori di coscienza dimostra la politica  ideologica del nostro paese che mira alla “maternalizzazione” delle donne italiane, che ancora una volta vedono la propria libertà sessuale negata e limitata alla mera funzione procreativa. Il silenzio sulla sensibilizzazione maschile all’uso dei contraccettivi e il costo altissimo dei preservativi, il mito della sessualità maschile identificata come dominante, la fruizione facile del materiale pornografico, la presenza assidua di corpi femminili “eccitanti”,  ha sapore di un’ideologia che spinge gli uomini al desiderio, quindi a mettere incinta le donne per acquistare controllo sui nostri corpi e le nostre vite.

Perché ancora oggi in Italia restare incinta significa perdere il proprio lavoro, il proprio status e la propria indipendenza economica, quindi la propria libertà e questo i politici lo sanno bene ed è per questo che lo fanno. Quando una donna fa sesso per propria iniziativa, assume il controllo sulla propria fertilità, decidendo così se diventare madre o no. Questo non va giù ad una società cattolica che vuole la donna schiacciata al ruolo perenne di madre. Dunque è l’uomo che dovrebbe decidere quando una donna è degna di esserlo o meno. Non a caso le donne sono state divise in madri e prostitute. Per questo che credo fermamente che la questione di decostruzione di corpi e immaginari dovrebbe essere politica, che per politica non intendiamo strumentalizzazione ma dibattito pubblico per riaffermare i nostri corpi e i nostri desideri. 



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