King John III Sobieski
di Michele Marsonet. Non occorreva molta fantasia per prevedere l’impetuosa crescita dell’euroscetticismo sancita dalle recenti tornate elettorali in alcuni Paesi dell’Unione. D’altronde cos’altro ci si poteva attendere vista la politica – o, ancor meglio – la “non” politica praticata dall’apparato burocratico-finanziario di Bruxelles da molti anni a questa parte?
La UE appare ormai a molti, probabilmente la maggioranza dei cittadini, come un’entità astratta creata in un periodo storico assai diverso dall’attuale e, quindi, non più in sintonia con un continente (e il mondo intero) profondamente cambiati. Dimostra inoltre, a parte la totale assenza di una politica estera degna di questo nome, l’incapacità di autocorreggersi. I parametri di Maastricht, peraltro non avallati da un vero voto popolare, sono un dogma da cui non si può prescindere e costituiscono, in pratica, l’unica stella polare di un’Unione che arranca sempre più.
In tale situazione riemergono naturalmente le differenze nazionali che ci si era illusi di superare mediante la sola unione monetaria. Oggi la UE è un collage di nazioni che, invece di avvicinarsi, si allontanano, molte di esse paventando il rafforzamento di un’egemonia tedesca diventata vieppiù pesante.
Si noti però che l’euroscetticismo non si espande soltanto nei Paesi sull’orlo del default come la Grecia o ancora in mezzo al guado come l’Italia. Tocca pure la Spagna, che mostra segni di ripresa, e la Polonia. E questo è sorprendente, considerato che nell’ultimo decennio l’economia polacca ha conosciuto uno sviluppo impetuoso, tanto da attrarre un numero crescente di lavoratori stranieri, in molti casi con istruzione superiore e in grado di svolgere mansioni altamente qualificate.
Eppure la vittoria di Andrzej Duda, capo di un partito di destra populista e ultranazionalista, dimostra che buona parte dell’elettorato polacco non gradisce la vicinanza alla UE dei precedenti governanti liberali. Né approva la progressiva cessione di sovranità a Bruxelles. La Polonia del cattolicesimo conservatore e del nazionalismo nostalgico prende dunque il sopravvento, sconfiggendo i “modernizzatori” tipo Tusk e Komorowski.
Un altro fatto interessante merita di essere notato. Il partito di Duda, “Diritto e Giustizia”, essendo molto nazionalista è pure ostile alla Russia. Però fino a un certo punto. Come già avviene in Ungheria, una forza politica conservatrice o addirittura reazionaria può finire col trovare maggiore sintonia con Putin piuttosto che con Angela Merkel, con la Federazione russa piuttosto che con Nato e Usa. Già si parla, infatti, di una minore presenza polacca in Ucraina, dove invece l’europeista Komorowski aveva assunto impegni pesanti (anche sul piano militare).
A Duda è bastato presentarsi quale alfiere dei diritti della nazione per ricevere un consenso che gli ha permesso di staccare di parecchi punti l’avversario. Senza scordare che la piattaforma del suo partito è favorevole alla pena di morte e all’intervento statale in economia. Contraria, invece, alle unioni omosessuali e alla liberalizzazione delle droghe.
La Polonia è una nazione che in passato ha avuto momenti di splendore, in particolare nel XV secolo con l’Unione Polacco-Lituana. Un passato che Komorowski ha cercato di far rivivere stringendo i rapporti con Vilnius e poi proiettandosi in Ucraina dopo i fatti di Piazza Maidan. Ha tuttavia la sfortuna di essere incuneata tra i giganti russo e tedesco, subendo nei secoli occupazioni e spartizioni a non finire.
I nazionalisti di “Diritto e Giustizia” non sembrano intenzionati a percorrere la strada degli europeisti liberali. Hanno più volte dimostrato la loro ostilità nei confronti delle sanzioni antirusse che danneggiano in modo pesante il Paese (in particolare la parte orientale). E non amano molto – anche per ragioni storiche – la Germania, del cui sistema di Stati satellite nell’Europa dell’Est e del Nord la Polonia è diventata l’anello principale.
Com’è ovvio non si possono azzardare “a caldo” previsioni precise. E’ tuttavia plausibile pensare che Nato, Usa e UE saranno a questo punto costretti a ripensare la loro strategia in Ucraina, mentre Putin potrebbe avere qualche carta in più da giocare.