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Sono tornato ancora una volta al Cairo, primavera calda, di città sotto rivoluzione. L’ho trovata più deserta e silenziosa, sempre passeggiante in equilibrio su un filo, con nobiltà cialtrona, eleganza trascurata, sempre accuratamente sfasciata, insospettabilmente ricca e decadentemente pezzente. Nei club a Maadi, dove gli anziani Egiziani che hanno vissuto tempi di città borghese ormai passati da un pezzo giocano a crocket su prati spelacchiati, ho succhiato la Pepsi dalla cannuccia e mi sono sentito affondare indietro nel tempo fino a quando questo pezzo di Nilo era ancora una colonia inglese. Improvvisamente, finalmente, ho iniziato ad amarla. E iniziando una nuova storia d’amore ho cominciato a percepire cose che non avevo mai notato prima (l’amore, si sa, fa di questi scherzi), cose che sembrano piccole, che generalmente passano inosservate, atomi invisibili che in realtà sono all’origine e alla fonte di tutto. Per esempio, al Cairo ci si trova inevitabilmente ad avere a che fare con la polvere: è impossibile da ignorare, sta ovunque, in basso in alto, per terra, sui balconi, a destra, a sinistra, sui marciapiedi, sulle auto, sulle piante sugli animali. Dappertutto.
La polvere del Cairo è una polvere speciale: si prende un terzo di polvere generica, di quella che arriva da chissà dove e dalle ultime pulizie fatte chissà quando; la si mescola con un terzo di sabbia fine del deserto - in fin dei conti è qui appena fuori porta - e si aggiunge come un ingrediente segreto un terzo di particelle inquinanti, di smog da traffico, particolato di veicoli che da almeno vent’anni se ne dovrebbero meritatamente stare tranquilli impilati da un autodemolitore. Si agita il mix e lo si spruzza per bene sopra tutta la città, rinnovando continuamente. La polvere del Cairo ricopre tutti e tutto, sempre, ovunque, assolutamente; la polvere del Cairo è una presenza immantinente, un concetto assoluto, fuori dal tempo, dallo spazio e dalla velocità. Forse la polvere del Cairo sta lì a rappresentare il fine ultimo dell’uomo, l’inizio e il termine della vita perché la polvere del Cairo è la polvere di Dio. Io ho cercato le parole per descriverla e ho scoperto che conducono all’infinito.
Polvere, sabbia, pulviscolo.
Abbandono.
Deposito, sedimento, residuo, accumulo.
Terriccio, cenere, semi, cocci, briciole, avanzi, resti, frantumi, rifiuti, detriti, rottami.
Terra, suolo.
Particelle, atomi.
Nulla.
Infinito.
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