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La Possibilità di un’Isola: Malessere, Ossessione e Voglia di Felicità

Creato il 05 aprile 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il aprile 5, 2012 | LETTERATURA | Autore: Santonocito Claudia

La Possibilità di un’Isola: Malessere, Ossessione e Voglia di FelicitàPartiamo dall’abominevole “è carino, te lo consiglio”, giudizio intermedio che a mio parere non dice assolutamente nulla ma che in moltissimi casi è un’àncora di salvezza da magre figure artistiche. Passiamo anche da entusiastici “è geniale”, da castranti “mi ha fatto schifo” o ancora, proprio per non farci mancare alcunché, dai consueti “non vedevo l’ora di finirlo”. Girando sul web sono questi i commenti degli internauti in cui mi sono imbattuta riguardo La possibilità di un’isola di Michel Houellebecq (edito nel 2005 dalla Bompiani, traduzione di Fabrizio Ascari). È una cosa che non faccio mai, quella di andare a leggere le critiche di altri lettori, ma questo libro mi ha lasciato talmente di stucco che dovevo capire se era una mia impressione oppure una sensazione condivisa. Michel Houellebecq è uno scrittore francese notoriamente controverso, e per l’occasione ha tagliato, fantasticato, ricucito, inventato, copiato, incollato ma soprattutto immaginato quello che gli scienziati in tutto il mondo tentano dal lontano 1996, dopo la pecora Dolly: la possibilità della clonazione umana. Ma non solo questo, Houellebecq ha preso tutti i temi scottanti degli anni ‘90 e li ha messi insieme in un unico calderone: dominano il sesso e l’amore, strettamente connessi con la paura di invecchiare e la morte, il tutto infarcito da una misteriosa setta religiosa che promette la vita eterna. Ne è venuto fuori un romanzo che è un impasto di fantascienza, porno (c’è davvero tanto tantissimo sesso e anche qualche sprazzo di splatter), pieno di pessimismo e riflessioni sull’infelicità della vita.

La Possibilità di un’Isola: Malessere, Ossessione e Voglia di Felicità

Non immaginiamoci però un libro di fantascienza pieno di formule matematiche e strani esperimenti. La narrazione è sospesa tra due piani temporali, i capitoli alternano la biografia di un comico francese Daniel, e i commenti dei suoi successori neoumani creati nei millenni successivi. Daniel1, l’originale, racconta la sua vita, una vita tanto ossessionata dal sesso quanto rivolta alla ricerca della felicità e dell’amore. I suoi cloni trascorrono la loro esistenza in un ambiente circoscritto stando lontani dalle gioie del sesso e dai capricci dell’amore e rileggendo la storia del loro predecessore. Sintetizzata così, la trama sembra abbastanza innocua. Cos’è che può aver dato tanto fastidio ai lettori? Senza dubbio la vivisezione dei sentimenti e delle sensazioni: il cinismo, il fanatismo, il desiderio sessuale portato allo stremo, il sapore amaro di una vita che va verso il fallimento e la vecchiaia, il logorio fisico che distrugge il protagonista. C’è un pessimismo talmente acuto da far storcere il naso, c’è talmente tanta vitalità sessuale da far arrossire il lettore meno pudico. Stilisticamente, pur essendo una biografia, la scrittura è molto fluida e le elucubrazioni filosofiche sono comprensibili, ma la grande ricchezza verbale e descrittiva non fa che incrementare quella sensazione di malessere, la narrazione così dettagliata rende l’aria quasi soffocante, l’incubo della misera condizione umana è quasi tangibile. Nel finale Houellebecq stupisce. In veste di profeta, dopo tanto pessimismo elargito a piene mani, lascia agli uomini e ai neoumani “la possibilità” di una salvezza, e lo fa nascondendo questo messaggio tra le righe dell’ultimo componimento poetico di Daniel. Ovviamente non c’è una soluzione a vivere nel regno delle possibilità, né la certezza di una felicità ma l’esitazione a non fare, conduce inevitabilmente all’infelicità. Il mio giudizio? Un bello e democratico odi et amo catulliano.



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