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di Franco Pilloni. Ieri sera mi sono comportato controcorrente: ho ascoltato il discorso di fine anno del Presidente Napolitano che ha fatto gli auguri agli Italiani elettori-ascoltatori col tono rituale proprio per condoglianze di maniera.
Dire che ha impressionato, non è esatto, ma stupito sì. Per essere chiari, la posta di Napolitano non è una scommessa con se stesso e con la storia, una posta in gioco grande o piccola che sia, ma la corrispondenza vera e propria con i cittadini elettori-ascoltatori, materializzata nei classici foglio-busta-francobollo o nelle forme più attuali di posta elettronica di vario titolo, compresi gli SMS e le telefonate vocali.
Il Presidente avrà rispettato gli standard di segretezza e della privacy, chiedendo il permesso di fare i nomi pubblicamente o eventualmente di usarne di fantasia?
Sull’argomento si può stare tranquilli, in considerazione dei precedenti noti, quando il Presidente si è battuto sino in fondo per tenere segrete le telefonate degli amici, quali il sen. Mancino, ad esempio, per non parlare delle conversazioni col sig. B, i signori Letta e via supponendo. Non è dato sapere però se alle segnalazioni dei cittadini siano seguite le telefonate del Presidente a chi di dovere, nello stile del Ministro Cancellieri, oppure si sia limitato a ricordare gli sfortunati cittadini elettori-oranti nelle sue preghiere serali.
Ma cosa ha fatto in concreto il Presidente per rendere giustizia, almeno con un gesto simbolico, ai tantissimi cittadini sfigati?
Ha almeno tolto il saluto a quel suo capo usciere, o al maggiordomo che sia, del suo Palazzo, quello a cui tutta la stampa è concorde nell’attribuirgli minori poteri e minori responsabilità del Presidente degli USA, pur se percepisce un appannaggio pari o superiore?
Perché il Presidente è ricorso all’espediente della posta, quando tutti i cittadini elettori-ascoltatori sanno benissimo le condizioni in cui vivono essi stessi, i loro figli e nipoti, i parenti, i vicini di casa, i parrocchiani?
Si può ipotizzare un fenomeno di noia, di rifiuto da parte del Presidente che lo porta ad appisolarsi davanti ai telegiornali di mezzodì e si risvegli al momento della “vita in diretta” e delle altre trasmissioni incentrate su casi umani?
O non sarà che lo stesso Presidente stia testando l’appeal per una sua eventuale rubrica di corrispondenza questa volta con cittadini lettori-ascoltatori?
Oppure, e infine, si può pensare che abbia giocato in contropiede verso Grillo che gli aveva minacciato un contro-discorso di fine anno?
Al Presidente che sa di calcio, oltre che di tante altre cose, non è sfuggito che chi gioca di contropiede, gioca sulla difensiva. E sulla difensiva si è arroccato con “l’invito” che sa tanto di preghiera, perché i politici facciano in fretta le cose che aveva richiesto di fare quale contrappeso allo sforzo suo personale di accettare un secondo mandato da Presidente.
Si era prefigurato un film col Presidente protagonista nel salvataggio dell’Italia, ora se ne sta girando un altro con un titolo provocatorio: “Chi salverà il soldato Presidente?”.
Nel cast sono sgraditi i volontari e dilettanti, ci si fida solo dei professionisti.
Ecco cosa ho percepito nell’ultimo discorso presidenziale: gli auguri sono a pro di tutti noi elettori-ascoltatori, ma specialmente auspicio a favore del Presidente rieletto.
Come a dire: non sparate sul pianista!
Dietro quelle parole non c’è un presidente spavaldo, ma uno avvilito che ha paura. Insomma, un uomo solo. Anzi, un uomo qualunque.
Featured image, locandina di “He was a quite man” (Un uomo qualunque) di A. Cappello, 2007.
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