Magazine Cultura
Partendo dalle ultime mie esperienze teatrali (Giovanni e Nori di Daniele Biacchessi e il Monaco Nero di Checov) dove ho cercato di portare l'illustrazione dal vivo davanti ad un pubblico in un ambito prettamente teatrale, il percorso sperimentale iniziato più di un anno fa è logicamente arrivato alla sua naturale radice e cioè nel campo dell'arte visiva.
Come già avevo scritto nei precedenti interventi (skenè rhei, l'illustrazione a teatro) , "il fare", il produrre un opera visiva è di per se stessa un opera artistica al di là del suo risultato finale.
Disegnare dal vivo in teatro interagendo con la recita degli attori, è stato un primo tentativo di separare l'opera dal suo " fare ". La prassi artistica la considero infatti come un'opera indipendente, uno spettacolo formidabile da far vedere ad un pubblico e il palcoscenico era lo spazio più logico per esporre una simile performance e interagire con la recita teatrale era un risultato più che naturale. Dunque uno spettacolo dentro un altro spettacolo.
Ma ora sono convinto che il discorso del fare artistico come opera in sè può uscire dall'ambito teatrale e proporsi per quello che è: un opera d'arte a tutti gli effetti. E il luogo dove esporla non può che essere lo stesso spazio dove sono esposte le opere definitive e compiute. Il mio proposito è dunque quello di espormi in una galleria d'arte ed eseguire davanti ad un pubblico il mio fare. In diversi momenti mettermi a disposizione dei visitatori ed eseguire dei disegni dove la fruizione dell'opera non è il prodotto finale ma bensì vedere l'opera in divenire. Il gesto che si emancipa dal segno. La registrazione di questo evento potrebbe diventare un' opera autonoma dal suo prodotto finale.
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