Yannen lo odiava, odiava il fratello con tutto se stesso. Non erano mai andati d'accordo loro due. Forse la causa era l'ampia differenza d'età, oppure, più semplicemente, il carattere strafottente e gli ideali estremi di Royald. Si sentiva stufo di stargli intorno, non ne poteva più di dover dipendere da lui. Un'infanzia e un'adolescenza passati all'ombra di quel fulgido esempio di perfezione, di quella rappresentazione perfetta dell'uomo di potere che si era fatto da sé, con le proprie forze, in grado di cogliere tutto il meglio che la vita potesse offrirgli. Come se non bastasse poi, Yan era stato scelto come ufficiale nel corpo delle Sentinelle, promozione che certo, sarebbe stata sicuramente un grande onore per lui, se non si fosse ritrovato sotto il diretto comando di un coglione come Roy, per l'appunto.

<<Non volevo spaventarla, non era mia intenzione mi scusi.>> pronunciò subito quella accorgendosi di aver fatto trasalire il nobile.<<Spaventato? Oh no, non preoccuparti. Mi era solo sembrato di sentire qualcosa e mi sono fermato un secondo a controllare. Piuttosto, perché non mi dai del tu? Non sono come quel bacchettone di mio fratello là davanti. Non aver paura di me.>> gli sorrise un po' inebetito.Lei ricacciò indietro una ciocca di ricci castani che le era scesa lungo la fronte e ricambiò il suo sorriso.
<<Hai ragione.>> iniziò poi, <<Non assomigli per niente a tuo fratello e se devo dirtelo, mi fa un bel po' di paura. E' sempre così...>>.<<Acido? Burbero? Maleducato? Stronzo? Mmm, direi proprio di sì! Non è per nulla facile stargli attorno. Ma tornando a noi, davvero non sai nulla del mondo nell'Altro Spazio? O semplicemente non sei ferrata in videogiochi?>> chiese Yan, cercando di sembrare il può simpatico possibile.Vedete di darvi una mossa! tuonò direttamente nelle loro menti la voce roca di Royald. Sussultarono entrambi, poi si guardarono, un fugace incrocio di sguardi, e ripresero con andatura più rapida e un nuovo sorriso stampato in faccia. Era una situazione bizzarra pensò il nobile. Ritrovarsi quasi felici in un posto e una situazione tanto schifosa. Da quant'è che non sorrideva poi, nemmeno se lo ricordava. Percorsero intanto le sponde rosso brillante di quel che pareva uno stagno. L'estensione almeno era quella, ma la visione ricostruita digitalmente non ne permetteva la comprensione, a meno che, certo, non ci avessero messo il viso a un metro di distanza respirandone il fetore. <<No, non sono mai stata nemmeno fuori da questa Città. E riguardo a ciò che sta nell'Altro Spazio non mi è permesso ancora di sapere.>>. A conclusione di quelle parole Irys si zittì di colpo, come si fosse morsa la lingua. Yan se ne accorse e rifletté un po' stranito di quella frase e quel gesto. Ora non aveva dubbi, quella giovane non era una persona qualunque. Era certo possibile che ad alcuni individui della bassa popolazione di Myrith, emissari come lei, fosse possibile passare da una Città all'altra, ma ciò che stava nell'Altro Spazio, e spesso anche solo sapere dell'esistenza di quest'ultimo, non era da tutti.<<Ma tu chi sei? Qual'è il tuo ruolo in questo posto? Non per essere indiscreto ma... Se conosci l'Altro Spazio, e a quanto sembra ti sarà permesso di studiarlo, non puoi che essere qualcuno di rango elevato, dico bene? Altro che tizia nel posto sbagliato nel momento sbagliato.>>.<<Veramente...>>.
Un nuovo rumore, stavolta accompagnato da un lieve cambiamento dell'ambiante digitale, li fece voltare di scatto...*** Quella lurida puttana, quella bastarda di una ribelle che si era presa gioco di tutti, aveva distrutto molto più che il suo orgoglio. Era stato umiliato di fronte ai suoi superiori, di fronte alla sua e a tutte le altre famiglie, ed ora, con una fuga di informazioni da giustificare e un misero e flebile ricordo come traccia su cui imbastire le indagini, si doveva pure dirigere dalla grande e potente Aetherea, la succhia cazzi che più detestava tra tutti i Cercatori. Chissà quali frecciate piene di veleno aveva già in serbo per lui, ora che finalmente aveva commesso un passo falso. Non aveva nessuna voglia di essere lì, di rivederla. Era ingiusto il modo in cui la sfortuna gli si era accanita contro. Quegli imbecilli dei suoi sottoposti li avrebbe ben presto puniti. Dovevano sputare sangue per tutto ciò che stava subendo. Ripensò ai bei momenti di appena ventiquattr'ore prima, mentre si scopava di gusto quella puttanella dell'Altro Spazio, quell'animale ignorante e debole che probabilmente aveva addirittura ingravidato. Ma qualche bastardo in più non era di certo un problema, pensò. Un modo come un altro per rinforzare le fila degli adepti sotto la sua Città. Il ricordo di quelle calde e morbide tette svanì in fretta così com'era venuto, lasciando spazio al nauseabondo fetore del letamaio in cui si ritrovava, a quegli alberi carichi di marciume e vermi, accompagnato da un'ovattata nebbiolina che regalava un'atmosfera spettrale. Più si guardava attorno e più non riusciva a raccapezzarsene. Com'era possibile che esseri tanto intelligenti vivessero ridotti a quel modo, senza uno straccio di progresso tecnologico e con gran parte dei loro territori lasciati a se stessi, in balia della natura selvaggia? Sarebbe bastato un minimo senso imprenditoriale per accorgersi che quel luogo era una potenziale miniera d'oro. Sbuffò sonoramente, infastidito dalla risata del fratello e dell'altra ragazzetta, e continuò a mettere un piede davanti l'altro, lentamente, che se pure avesse provato a correre per raggiungere prima il suo obiettivo, si sarebbe potuto ritrovare con quei cazzo di angeli alle costole, pronti a sbudellarli tutti e tre senza esitazione. Anche questo detestava della Città della famiglia Moku. Oltre a non sfruttare quell'immensità di risorse naturali, lasciavano scorrazzare quelle creature sulle loro terre. Forse, pensò con una nota d'orgoglio, non avevano le capacità per ridimensionare la loro espansione così come gli Shang facevano tanto bene. Magari un impiego in questo senso poteva addirittura trovarlo, ricavandone un bel gruzzoletto e qualche consenso in più da parte dei regnanti. Ma prima, la sua missione... Quel ricordo catturato dalla mente della ribelle doveva essere decriptato. E Dio solo sapeva quanto Roy sperasse di trovare un senso all'unico elemento che era riuscito a strapparle da quella testa intricata e piena di merda inutile, dato che in preda alla furia, com'era suo solito, l'aveva fatta saltare in aria in un tripudio di sangue e fluidi cerebrali. Ancora una volta fu irritato dalle risate dei due alle sue spalle. Suo fratello se la faceva con una nullità, probabilmente senza alcuna speranza di concludere qualcosa. Anche in quello Yan era un'incapace. Talvolta dubitava fortemente scorresse lo stesso sangue nelle loro vene. Ma... fu proprio indirizzando l'attenzione verso i giovani che Roy si accorse che qualcosa non andava. Si voltò, vedendo anch'essi intenti a cercare qualcosa in mezzo a quel panorama multicolore che si estendeva ovunque. Ampliò la sua percezione in ogni direzione, espandendo la sua coscienza come una bolla dal volume in continuo aumento. Un grido sgraziato gli squarciò i timpani, rimbalzandogli nella testa come fosse stata una cassa vuota. Cadde in ginocchio. Il fratello e la ragazza ora erano rannicchiati al suolo, schiena premuta forte contro una roccia, mani affondate nel fango, terrificati e incapaci di qualsiasi azione sensata. Il cavallo nitriva disperato, gli zoccoli che affondavano sempre più in una zona rossa, ingurgitato dalla putrida melma che gli ribolliva tutto attorno.Si accorse di lacrimare liquido denso e argentato dagli occhi, simile al mercurio. Le lenti si erano disintegrate a quel suono. Le tolse di fretta, scrutò il buio e senza capacitarsene vide un essere ancora più scuro della stessa notte stagliarsi sopra i giovani indifesi. Lo spazio attorno a loro sembrò deformarsi. Fili neri di paura e buio si snodavano lungo tutto il terreno, staccandosi dai piedi della creatura, come fossero centinaia di serpi. Roy chiuse la mente, conscio che quelle bestie agivano prima di tutto distorcendogli i sensi. Sollevò una spessa zolla di terra, pietre, radici e fango, e la scagliò con la forza del pensiero in direzione del mostro, per levare il fratello da quella situazione disperata. L'angelo, come rinvigorito da quel flusso di energia, indirizzò tutta la sua attenzione verso Roy, appiattendosi e spandendosi come un ombra al suolo, rapida, silenziosa e letale. Una pantera che attacca la sua preda, dritta con le sue fauci nere spalancate ed enormi, pronta a cibarsi di quell'invitante prelibatezza, di quel minuscolo uomo. Suo fratello, per lo meno, ora era in salvo.