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L’immagine che più mi ha colpito, nel diluvio di fotografie e video sui fatti di Roma, non è quella dell’assalto al blindato o quella delle vetrine fracassate, o quella dei dimostranti pacifici che insultavano (“fascisti!”) i ragazzotti in nero. No, io sono rimasto preso dalla sequenza, trasmessa sulla “Sette” sabato sera e che aveva come protagonista una ragazza. Questa piangeva affannata, correndo attraverso i cortei sbriciolati, gridando “Ma io sono come voi!”.
Aveva trovato la sua macchina bruciata e per lei era un danno insopportabile. Ecco quella ragazza, forse una precaria, indignata come tanti in quel sabato che doveva essere di lotta e non di carneficina, era una testimonianza vivente. Lei era il “nemico” colpito dalla furia repellente dei Black Block. Lei, come quei tanti giovani corsi a un appuntamento che consideravano decisivo. Lei come quel ragazzo con tre dita bruciate, come quei cittadini che dovranno pagare le spese comunali per i danni provocati alla città. Non sarà il sistema finanziario a soffrire e disperarsi, non saranno i proprietari dell’agenzia bancaria devastata, non saranno i tanti imprenditori che continueranno imperterriti a negare diritti e tutele ai precari.
Con questo non intendo associarmi a quelli che cercano un alibi e dicono: erano tutti infiltrati, forse erano poliziotti travestiti. No, per lo meno la gran parte dei ragazzi incappucciati, travestiti da Robin Hood, era convinta di compiere atti rivoluzionari, di far tremare così un sistema globale che sta mettendo in difficoltà l’intero assetto capitalistico, facendone pagare il prezzo ai più deboli, ai meno abbienti. Una sequenza perversa: la folla dei precari ferita da chi invoca tagli e sacrifici e nello stesso tempo da chi li assale mentre manifestano.
Certo si può accusare d’insipienza il ministro Maroni per non aver saputo prevenire quelle devastazioni. Anche se non era facile spedire le forze di polizia dentro i cortei per tentare di isolare a catturare i malvagi vestiti di nero. C’era il rischio di un bagno di sangue. Semmai si poteva tentare qualcosa prima. E comunque meglio non aspettarsi aiuti dall’alto. Meglio fidare nell’autogoverno, giurare che una cosa così non succederà mai più. E allora spetta alle organizzazioni promotrici o aderenti a simili manifestazioni (compresi pezzi di sindacati) . mostrare fino in fondo la capacità di difendere le proprie risorse umane, il proprio patrimonio di valori, la dignità di una protesta, la possibilità di incidere davvero su scelte più generali.