Un giorno,ai margini del ”nostro” consueto villaggio, in piena foresta, mentre le grandi piogge venivano giù a secchiate, in quanto era proprio la stagione giusta, il “re” leone, incurante del maltempo, pensò bene, piuttosto che di rintanarsi, di convocare in assemblea, al riparo di una enorme grotta nelle vicinanze, tutti gli animali suoi sudditi, cui rendere esplicito un certo suo pensiero.
E questo non era altro che la formale richiesta di obbedienza cieca, quali che fossero le circostanze in cui essa era domandata.
Si fosse trattato anche delle più imprevedibili, secondo “re” leone bisognava solo obbedire.
Tutti gli animali allora, consapevoli di non potersi sottrarre al dictat, e pur borbottando, loro malgrado, assentirono come devoti gregari.
Ma non fu così per le minuscole e, apparentemente timide formiche che, fattesi coraggio, presero la parola per intervenire nello stupore generale.
Esse non esitarono a far notare al leone che il suo discorso non era per niente democratico. Che, chi lo avesse assecondato, sarebbe divenuto nient’altro che suo schiavo. Che loro non condividevano affatto questo punto di vista.
E che, pur consapevoli di tutte le difficoltà,delle esigenze e della pericolosità del contesto, sarebbe stato sicuramente meglio discutere la “cosa” ogni volta che c’era bisogno di entrare in azione.
Il leone ,che non se l’aspettava,abituato com’era ad avere solo sudditi timorosi ed ossequienti, prese molto male l’ intervento e minacciò con vocione tonante e rabbioso una terribile punizione alle sfrontatissime formiche.
Con il calare della notte, però, il leone (che non pensava più alla sfrontatezza delle formiche, perché le sottovalutava) e la sua famigliola si misero a caccia di gazzelle, allo scopo di procurarsi cibo in abbondanza per l’indomani e per i giorni a venire.
E riuscirono nell’intento.
Quando però il “re” leone, la leonessa sua “regina” e i cuccioli “principini”, stanchi della caccia, decisero finalmente di schiacciarsi un meritato sonnellino, le formiche ,che erano rimaste di vedetta tutto il tempo, ben organizzate, in gruppo, partirono all’attacco.
E così divorarono interamente quel ben di Dio di saporosa carne di gazzella.
E ciò che rimase del banchetto era poi così insignificante che nemmeno gli avvoltoi ne furono attratti.
E,infatti, per questo motivo volarono altrove, lontanissimo da lì.
E il superbo leone, gabbato, rimasto a stomaco vuoto lui e la sua cucciolata, quasi certamente dovette almeno un tantino riflettere sull’accaduto e riproporsi, nella prossima assemblea, di ascoltare il parere di tutti e di ciascuno prima di prendere una qualche decisione.
Forse.
E questo ,naturalmente, nella migliore delle ipotesi.
Oppure, molto probabilmente, proseguì nelle sue solite prepotenze.
Perché non è solo il “lupo” che perde il pelo ma non il vizio.
Certamente però le formiche,organizzate a dovere, non gli diedero mai più vita facile con ripetute azioni di disturbo, nella certezza che, lavorando sodo e sul serio, un giorno o l’altro l’avrebbero spuntata nel convincere quel “testone” prepotente a cambiare.
E avrebbero avuto la meglio per sé e per tutti gli altri animali della foresta.
E così niente più cieca sottomissione per nessuno.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)