Magazine Psicologia

La prerogativa della vongola

Da Ilgrandemarziano

La prerogativa della vongolaOgni cosa ci cambia, ogni cosa ci manipola. Perché la nostra esistenza, la nostra intelligenza, le nostre esperienze, i nostri ricordi, le nostre opinioni si nutrono degli stimoli che ci arrivano da tutto il resto del mondo. Quello che le vongole fanno con la sabbia, noi lo facciamo con le informazioni. Siamo dei filtri. Le cose, eventi, immagini, idee, ci passano attraverso, qualcuna resta impigliata nella trama del nostro cervello, e lì mette radici, altre ci superano senza nemmeno sfiorarci, altre ancora passano oltre, ma solo in apparenza, perché nel loro transito modificano qualcosa, anche solo impercettibilmente, nella struttura della nostra mente, come un colpo di sponda tra le biglie di un biliardo. Non possiamo prescindere da questo, perché la nostra individualità nasce e si sviluppa dal rapporto e dal confronto continuato e istantaneo con una realtà relativa in cui trovano posto e interagiscono altri come noi.
La prerogativa della vongolaTutti ci cambiano, tutti ci manipolano. Non è detto che sia loro proposito farlo, ma l'intenzione, o la mancanza di essa, non cambiano di molto il risultato: lo fanno e basta. Lo fanno coloro che ci sono vicini, come i genitori, i parenti, gli amici, gli insegnanti, i fidanzati, i coniugi, i colleghi, e lo fanno coloro che ci sono lontani, come il barbiere, il fruttivendolo, ma anche (soprattutto) i libri, i giornali, la televisione, Internet. Per cui, giacché molte cose (tutte?) che si mettono in relazione con noi ci fanno uscire da quella relazione in qualche misura diversi rispetto a come eravamo prima di entrarci, non esiste un valore etico assoluto della cosiddetta manipolazione. La manipolazione è tanto necessaria, quanto inevitabile. Del resto, noi stessi facciamo ogni giorno la medesima cosa con gli altri, anche solo quando vogliamo affermare le nostre idee. Dunque la manipolazione, intesa in senso lato, non è un universale negativo. La manipolazione è, semplicemente, una regola del gioco, o forse addirittura il gioco stesso, la conseguenza più diretta e inevitabile del nostro relazionarci con il mondo, ovvero la causa primordiale il cui effetto è, né più né meno, tutto ciò che siamo.
La prerogativa della vongolaEd è proprio questo stesso paradigma, quasi paradossale, che contiene in sé i germi del pericolo, in quanto configura una situazione in cui la libertà individuale di valutare, scegliere, pensare, viene messa in discussione in linea teorica a ogni occasione di scambio di informazioni, o almeno - più propriamente - tutte le volte in cui un (eventuale) atteggiamento passivo lascia alla manipolazione la facoltà di andare a scrivere nella nostra mente tutto ciò che le pare, a prescindere dalla sua consapevolezza di volerlo fare oppure no. D'altro canto è pur vero che nemmeno il contrario è possibile. Vale a dire non ci si può chiudere a riccio, tagliandosi così fuori da tutti gli stimoli, al fine di proteggersi dalle ingerenze esterne e pensare di mantenere così il primato dell'autonomia di pensiero. Barricarsi dentro una boccia di cristallo è semplicemente inconcepibile.
La manipolazione assume dunque connotati potenzialmente nocivi non tanto a causa delle (perniciose) intenzioni del mittente, quanto piuttosto dalla (scarsa) consapevolezza del destinatario. Perché non potendo smettere di relazionarci col mondo, tutto quello che si può fare è innanzitutto conoscere i meccanismi che la manipolazione usa e gli interruttori mentali su cui essa agisce, cercando nello stesso tempo di evitare di cadere nel (troppo) facile tranello opposto, ovvero quello di pensare che la manipolazione sia sempre lì a tendere dei tranelli a ogni angolo. Atteggiamento conservativo, questo, ma pericoloso almeno tanto quanto quello di fidarsi ciecamente di ogni cosa che ci viene detta. Secondariamente ci si deve allenare alla disponibilità a cambiare opinione, ad abbandonare i sentimentalismi, le presunzioni e gli appiccicosissimi rigurgiti di orgoglio che tendono a tenerci gelosamente arroccati sulle nostre posizioni, e concedere sempre la possibilità a un confronto reale e leale (e ragionevole) nei confronti della diversità.
La prerogativa della vongolaIn terzo luogo è necessario rinunciare alla comodità della pigrizia della ricetta a senso unico e dell'informazione cotta-mangiata-e-digerita, dunque uscire dai territori familiari e gratificanti dentro i quali le nostre idee vengono riconosciute e appoggiate, ed esplorare la realtà nella variabilità delle sue innumerevoli sfaccettature di pensiero, anche quelle scomode, anche quelle che non ci piacciono. Il tutto nella spiacevole consapevolezza che dubitare costa sempre molta, molta più fatica di credere. Eppure solo così potremo avere, se non la certezza, almeno la confidenza, che quella visione, alla quale noi siamo pervenuti magari anche dopo molto tempo, premesso che non potrà mai essere la Verità, sarà stata almeno una nostra (libera) scelta. Il tutto nella spiacevole consapevolezza che essere liberi costa sempre molta, molta più fatica che essere vongole.


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