Nel romanzo “The Minority Report” di P.K.Dick la prevenzione dei crimini era affidata ad una squadra di tre mutanti, i precog, veggenti in grado di prevedere il futuro, anche se non tutti lo prevedevano allo stesso modo. Nel mondo reale, sostituendo il crimine con la malattia, diventa invece sempre più realistico l’impiego dell’analisi predittiva come modello di ricerca per la caratterizzazione delle attività biologiche di molecole naturali e artificiali, rivolto alla creazione di nuovi farmaci e principi attivi dalle proprietà inedite.
Il coinvolgimento di diverse aree di competenza come la chimica, la biochimica, la biologia molecolare, l’immunologia e naturalmente la bioinformatica naturalmente richiede la stretta collaborazione di esperti in ciascun campo specifico e la crescita dell’interesse per le parole chiave “predictive analytics” è evidente, soprattutto in questi ultimi due – tre anni, e non solo in campo terapeutico, occupando sempre più spazio anche nelle pubblicazioni scientifiche con impact factor assolutamente rispettabili.
Molti gruppi di ricercatori iniziano dall’identificazione degli estratti di piante e oli essenziali che mostrano effetti di rilievo in termini biomedici. Ad esempio vi sono diversi estratti da piante attivi contro il virus dell’herpes simplex, in qualche caso emersi da ricerche condotte su rimedi della medicina etnica e tradizionale. Altre esperienze su principi attivi estratti dimostrano promettenti effetti nello sviluppo di farmaci contro malattie genetiche.

doi:10.1093/ecam/nep096
Il diagramma di flusso riportato a lato applica numerose azioni successive che contribuiscono alla caratterizzazione delle attività biologiche dei prodotti naturali estratti dalle piante. La numerazione rappresenta la sequenza con cui il flusso si evolve concludendosi con l’identificazione di una molecola bioattiva isolata dall’estratto iniziale, attraversando uno più passaggi intermedi e avvalendosi di database e librerie di composti chimici meglio noti, impiegando tecniche di data mining e terminando con la validazione biologica della bioattività del composto in esame.

Phyllanthus emblica. Credit: Wikimedia Commons
Un esempio collaudato è rappresentato dalla Phyllanthus emblica, o uva spina indiana, una pianta originaria delle regioni bagnate dal Gange, i cui frutti contengono notevoli percentuali di acido ascorbico (alcune stime indicano 445 mg di vitamina C per 100 grammi di frutto), ma anche un ricco cocktail a base di tannini, polifenoli, flavonoidi, acido gallico ed ellagico. Esistono evidenze di efficacia di alcune molecole estratte da questa pianta nel trattamento del processo infiammatorio correlato alla fibrosi cistica, come anche dell’effetto apoptosi (il processo di morte cellulare programmata che si contrappone alla necrosi) indotto verso gli osteoclasti, per un possibile trattamento contro l’osteoporosi e l’artrite reumatoide.
Dopo la dimostrazione di una rilevante attività biologica, possono seguire due approcci complementari per l’identificazione dei potenziali composti su cui concentrarsi. In primo luogo interviene l’analisi chimica con metodi di separazione e riconoscimento tramite gascromatografia e/o cromatografia liquida ad alta prestazione abbinate a spettrometria di massa (GC-MS e HPLC-MS). In parallelo è necessaria un’attività di data mining che si concentra sulla ricerca delle informazioni disponibili che riguardano le sostanze in esame. Un esempio di questa parte del flusso è rappresentato dall’identificazione del pirogallolo come molecola bioattiva contenuta nell’estratto di P. emblica responsabile dell’inibizione dell’espressione del gene che codifica l’interleuchina-8, uno dei principali attori della risposta immunitaria.

Struttura di una rete neurale artificiale. Credit: Wikimedia Commons
L’identificazione di potenziali molecole bioattive è avvalorata da almeno due importanti motivi, ovvero lo sviluppo di test biologici avanzati e il monitoraggio di insiemi di molecole con strutture correlate. Nel caso in cui sia disponibile l’identificazione di un obiettivo molecolare, possono essere intrapresi nuovi approcci per la caratterizzazione sia del meccanismo di azione che delle modalità di legame applicati alle nuove molecole bioattive. I risultati finora ottenuti sostengono il concetto che questi tipi di approcci e le loro performance siano predittivi per le attività biochimiche ipotizzate. In supporto a questa procedura, completano l’iter le più recenti applicazioni basate su modellistica e algoritmi statistici avanzati, il virtual screening e i network neurali.
Sempre nella chimica farmaceutica l’applicazione dell’analisi predittiva è rivolta anche alla previsione degli effetti sull’ambiente e in particolare alle ripercussioni sulle acque reflue e sui depuratori che le accolgono da parte dei principi attivi o metaboliti che ne derivano, i quali potrebbero alterare i delicati equilibri dei cicli di trattamento delle acque. Talvolta alcuni substrati possono anche regredire al principio attivo originale durante il trattamento, e l’aumento della concentrazione (ad es. di antibiotici) potrebbe ripercuotersi sull’efficienza della depurazione biologica.
La preoccupazione su questo aspetto è in aumento, soprattutto nel caso di acque trattate destinate al consumo umano, nelle quali è sempre più frequente la presenza di cocktail di farmaci a basse concentrazioni (dell’ordine dei nanogrammi per litro), i cui effetti a lungo termine sono ancora ignoti. In un recente studio pubblicato su Water Air and Soil Pollution, si propone un nuovo strumento per la determinazione della probabilità che possiede un farmaco di diffondersi nell’ambiente e a quale concentrazione, adempiendo in tal modo alle prescrizioni dell’EMEA, ossia l’obbligo di valutare il rischio ambientale per i nuovi farmaci che vengono messi in commercio.
Il nuovo modello, sviluppato da Marc Ribera e colleghi, utilizza alcune caratteristiche chimico-fisiche note di prodotti farmaceutici e il tasso di crescita nel loro uso in Spagna tra il 1999 e il 2006 per determinare come si comporteranno nell’ambiente. I farmaci analizzati sono quelli più comunemente consumati in Spagna (più di 1 mg di principio attivo per persona e per anno), fra i quali ibuprofene, diazepam, naproxene, omeprazolo e paracetamolo. Per la validazione del modello, il team di ricercatori ha confrontato i risultati previsti con i valori effettivamente rilevati nelle acque di fiumi e laghi, riscontrando un buon grado di corrispondenza.
Ulteriori studi si rendono tuttavia necessari, con la collaborazione di ricercatori che apportino le competenze specialistiche che devono integrarsi, come la chimica analitica, la sintesi chimica, la biologia molecolare e cellulare, amalgamando discipline avanzate essenziali come proteomica, trascrittomica, bioinformatica e molte altre ancora.
Dovrebbe esserci lavoro per molti allora …
Fonti:
Gambari, R. (2011). Predictive Analyses of Biological Effects of Natural Products: From Plant Extracts to Biomolecular Laboratory and Computer Modeling Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine, 2011, 1-4 DOI: 10.1093/ecam/nep096
Domènech, X., Ribera, M., & Peral, J. (2010). Assessment of Pharmaceuticals Fate in a Model Environment Water, Air, & Soil Pollution, 218 (1-4), 413-422 DOI: 10.1007/s11270-010-0655-y