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La prima lettera a mia figlia mentre sto volando verso Marte

Creato il 05 giugno 2012 da Dbellucci

Messaggio stellare del papà alla sua bimba: “Gli scienziati sono affamati gravi che mangiano immaginando”.

Mia piccola Maya,

la mamma mi ha promesso che leggerete insieme questa lettera di notte, quindi faccio finta che sia notte anche per te, dato che qui lo è sempre. Ecco dunque il tuo papà che ti scrive dall’alto. Da in altissimo. Guarda su. Mi vedi? Guarda su e non ti stancare. Sai perché? Perché ci vuole del tempo per imparare a guardare bene. Un bambino che sa usare gli occhi, riesce a guardare vicino e lontano. Bada, lontano in tutti i sensi. Riconosci qualcosa che assomiglia a papà? Tiro a indovinare: no. Forse è perché guardi a caso senza una mappa, una bussola spaziale e una buona guida. Bene. Nomino in diretta la mamma “buona guida”. Fatti dire dov’è Marte. Io resto qui e aspetto. Tanto il tempo non mi manca. Dormo cinque minuti di nascosto dalle telecamere.

…Zzzz…

Ah. Spettacolare. Dunque, dicevo. Trovato Marte? Trovato. Bene, guarda da questa parte. Io sono sulla strada che porta a Marte, immerso in un prato di stelle. Rispetto a te in alto, in altissimo, così in alto che non posso più cadere a terra. Perché? Poi ti spiego. Intanto, mi riconosci? Vedi qualcosa di minuscolo che brilla e si allontana da te? Sì? Bene: è un aereo. Non sono io. Oppure è un miracolo. Nemmeno col più grande cannocchiale ingranditore potresti vedermi: sono troppo lontano e troppo piccolo, proprio perché sono lontano. Mi devi immaginare. Ti aiuto. Sono su una navetta tutta bianca che va velocissima. La navetta ha un oblò rivolto versola Terra.Adessoio sono all’oblò, dove abbiamo il computer della malinconia per scrivere a casa, e vi cerco con gli occhi. Neanche io vedo te la mamma, la nostra casa, la nostra città: siete troppo lontani e piccoli, affogati nella brillantezza della Terra, il nostro pianeta azzurro come un fiore. Non vi distinguo e devo immaginarvi. Sai che qui, sulla navetta spaziale, passiamo il tempo ad immaginarci le cose? Secondo me siamo diventati astronauti grazie alla nostra immaginazione. Perché vedi, immaginare non è avere solo avere la testa per aria, con tutti suoi pensieri. Immaginare vuol dire costruire delle immagini dentro e noi, con le matite della mente e del cuore. Queste immagini arrivano dove non arrivano gli occhi e le gambe. Grazie alla nostra mente e al nostro cuore, non esiste “troppo lontano” e non esiste nemmeno “troppo piccolo”, e diventiamo creature bellissime, dai poteri quasi infiniti, che possono vivere in tanti mondi contemporaneamente, parlare la lingua degli altri, andare dove non arriveremmo mai anche correndo tutta la nostra vita.

Piccolina, mi hai fatto tantissime domande. Sono molto orgoglioso delle tue domande. Le ripeto cento volte ai miei amici, qui, nella navetta spaziale. A proposito, devo ricordarmi di presentarteli. Magari la prossima volta. Tra noi astronauti facciamo a gara a chi ha i bambini che fanno più domande. Ti avviso che si vince una pietra speciale direttamente da Marte. Quindi, non aver paura di fare domande stupide: è meglio una domanda stupida che un silenzio vuoto. Attenta a quando rispondi, però: è meglio un silenzio pensieroso che una risposta stupida.   

Le domande nascono dalla fame della mente. È la fame della mente aiuta che ci aiuta a guardare le cose con amore, anche quelle che non si conoscono. Quando poi questa fame è continua, uno che cosa fa? Dirai tu: mangia. Oppure fa uno spuntino, se non è ora di cena. Oppure immagina le risposte alle domande costruendo forme, colorandole, scrivendo nell’aria, facendo i conti sulla sabbia, sognando e ascoltando, mentre si sogna, il rumore del mondo che ti passa sotto i piedi. Sai che facendo così, la fame cresce sempre più? Pensa un po’: la fame di risposte è l’unica che si accresce mangiando. Tutti noi veniamo al mondo con questa fame. Qualcuno ne ha un po’ di più, qualcuno cerca di non pensarci, qualcuno fa finta di niente, qualcuno ne ha così tanta che se non mangia va nei matti.

 

I libri sono scritti dagli affamati gravi che immaginano. Gente innamorata dei fatti che capitano alle persone, dei loro amori e delle loro malinconie. Gente innamorata della natura. Anche gli scienziati sono affamati gravi che immaginano. Gli astronauti, poi, sono affamati gravissimi che immaginano. L’immaginazione è uno dei semi da cui nasce il coraggio, se ben coltivata. È per questo che siamo partiti per Marte. Siete in tanti, lì a casa, che ci aspettate affamati di risposte. Noi siamo andati per tutti voi, col desiderio di mettere, per la prima volta, Marte dentro agli occhi degli uomini, con la sua polvere e il suo cielo arrugginito. Sarebbe bello portare tutti voi su Marte, insieme a noi, ma costava troppo. Speriamo di tornare con tanto cibo per togliere la fame a tutti. Di bello c’è che le risposte sono come un pezzo di pane che si moltiplica: con una dai da mangiare a tanti e anche a quelli che verranno.

 

Piccolina, penserò alle domande che mi hai fatto e proverò a risponderti poco alla volta. Il linguaggio del mondo richiede pazienza e lentezza, passi di bimbo come i tuoi. Ti ho detto: io e i miei amici dell’astronave facciamo a gara a chi ha il bambino più curioso. Non ti aspettare delle risposte troppo lunghe e complicate. Anzi, io fossi in te avrei paura delle risposte complicate. Il mondo è semplice, continuo e musicale: se ne parliamo in maniera complicata è perché trascuriamo qualche fetta di verità.

 

Ora ti lascio andare a letto, se no domani dormi tutto il giorno. Sai che dove sono io, dentro all’astronave, non è mai giorno e non è mai notte? È sempre la stessa cosa. Puoi chiamarla giotte, se vuoi. Ti spiegherò anche il perché di questo. Dormi bene e prometti che da adesso in poi ti allenerai ad immaginare. Chi lo sa fare ha un potere grandissimo. Io direi che è potente come un mago.

 

Papà



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