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La prima neve

Creato il 01 dicembre 2010 da Enricobo2

La prima neve.
Che meraviglia la prima neve! Poter essere un poeta del periodo Tang, tracciare qualche carattere con un tratto deciso, ma dolce, del pennello appena intinto nella china, sciolta con cura nella pietra concava con i rilievi dei Tien Shan. Carezze delicate sulla carta porosa per esprimere concetti, idee, sensazioni. Certo bisogna avere del sale nella zucca, come diceva mio papà, essere poeta davvero. Però quando ti svegli, come oggi, di primo mattino (verso le nove e mezza) e invece dello sferragliare delle auto che si ammassano sotto casa, complice l'abbattimento del ponte, senti quel suono ovattato, attutito, delle gomme che schiacciano la neve con un lieve croc, capisci subito che la prima neve è arrivata e vuoi correre fuori, felice a godertela tutta. Veramente sono già un paio di giorni, calcolando anche un breve intervallo, che ha cominciato a cadere 'sta prima neve; in linea di principio potremmo anche chiamarla seconda neve, ma non so se è poetica come la sua sorella primogenita.
Comunque scendo in strada per respirare quel gusto metallico che ha l'aria quando nevica, il gusto delle foreste di betulla di Jangantau, negli Urali o la brezza fine delle rive del lago Bajkal, inebriante e selvatico; par di vedere i lupi eccitati che scrutano la valle dal limitare del bosco. Eccomi pronto, la sciarpa gettata di lato sulla spalla con gioia, sono già fuori dalla porta e quasi scivolo sul leggero strato di ghiaccio che ormai ha fatto presa definitiva sul marciapiede. Una zaffata di benzina mal combusta, mi brucia subito la gola, poi gli occhi. Accidenti, sembra di essere sul kalzò di Mosca agli inizi dei '90, quando i motori delle Ziguli bruciavano qualunque cosa; un sapore acro, ti sembra subito di avere la gola foderata di uno strato nero oleoso. Ma non c'è manto bianco.
Solo una schifosa fanghiglia sporca e putrescente, quasi nera, che si appiccica alle scarpe tentando di corroderle. Ho già i piedi bagnati; una macchina passa spazzando la strada con ferocia, mi schizza con gioia da capo a piedi. Salto indietro e quasi investo un tizio che mi guarda male e si barrica subito nella sua auto, tirandosi dietro la consolatoria barriera di lamiera del portellone, poi parte sgommando, mettendo il SUV nero di traverso nel corso. Dal cielo continua a scendere della roba umida e fredda, flocculazioni acide, forse radioattive. Misto neve, si direbbe, subito sciolta dal passaggio della coda rabbiosa a mostrare il nero rassicurante dell'asfalto. Qualche corvo rabbrividisce nei sottotetti malati di amianto. Black rain, my friend, succhiamoci ancora un po' di ossidi di azoto, poi torniamocene a dormire.
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