La domanda che muove tutto sembra essere: è giusto che lo Stato tuteli nicchie di opinione oppure è meglio che queste vengano sostenute da privati o da altri enti? Sicuramente dati i lauti rimborsi elettorali dei partiti, sembrerebbe più appropriato che le stesse formazioni politiche finanzino le proprie idee. Se nemmeno i partiti credono nel prodotto sfornato dalle loro veline perché deve crederci lo Stato e soprattutto il contribuente italiano?
Il momento difficile del Foglio sicuramente coincide con lo smantellamento del fronte berlusconiano. La rotta politica impostata da Ferrara in questi anni si è dimostrata letale per il paese. Se Napolitano avesse seguito i suoi consigli adesso ci troveremmo con le pezze (sul didietro) come i greci, in rotta con Francia e Germania, ed un presidente del consiglio - snobbato dall’Europa - intento ad organizzare festini a Palazzo Grazioli. La storia è andata diversamente. Per ora e per fortuna.
Le copie invendute de Il Foglio ricalcano il terreno perso dal PDL con l’ultima esperienza governativa. E’ giusto che adesso proseguano con le proprie forze, senza ricevere annulamente l’obolo dello Stato. Potranno chiedere sicuramente un aiuto esterno al Vaticano o ai Teocon di Bush per ripagare i debiti. A meno che Berlusconi non decida di mettere Alessandro Sallusti o Daniela Santanchè alla testa della redazione per aumentare esponenzialmente il numero delle copie vendute.
I lettori italiani dovranno incominciare a preferire il profumo della rete a quello della carta stampata. Il mondo dell’editoria sta rapidamente cambiando. Prima erano i giornali e le radio a farsi dettare i tempi dalla televisione, adesso tutti devono farei i conti con l’influenza dilagante di internet.
I veri liberisti "foglianti" incominceranno a navigare senza il salvagente delle sovvenzioni statali nel mare magnum della concorrenza nell’oceano digitale. Doveva accadere prima. Oggi tocca al Foglio di Giuliano Ferrara, presto lo seguiranno altri. Come hanno scritto tante volte: è la dura legge del Mercat