Così Arnold de Wyon ci parla di San Malachia: “ … di lui non conosco che una profezia sui Sovrani Pontefici. Siccome questo scritto è breve e, come sembra, non ancora stampato, lo riproduco qui per rispondere al desiderio di molti”. Seguiva lo scarno elenco di 112 motti profetici riferiti ai Papi a partire da Celestino II (1143-1144) fino ad un certo “Pietro Romano”, l’ultimo della lista.
San Malachia
Il nobile irlandese Maelmhaedhoc della famiglia O’Margair nacque ad Armagh nel 1094 e si narra che fosse un devoto cristiano fin da giovanissimo. Il suo nome fu latinizzato ed egli è noto come Malachia, monaco, vescovo e Primate d’Irlanda nel turbolento XII secolo. In questo periodo Malachia fu un grande riformatore della chiesa irlandese, propugnandone sempre l’unità e la fedeltà a Roma. Si racconta che in quei tempi di guerre e disordini il vescovo abbia affrontato da solo e senza armi una milizia nemica decisa a catturarlo: i soldati furono messi in fuga dopo che il capitano fu miracolosamente colpito ed ucciso da un fulmine.
Il vescovo Malachia nel 1138 rinunciò al titolo per umiltà e desiderio di solitaria preghiera, tornando ad essere un semplice monaco e cominciando a viaggiare in Europa. Papa Innocenzo II lo accolse a Roma con grandi onori, sia per la sua energica opera come Primate d’Irlanda, sia per la sua grande fama di profeta: si diceva infatti che sapesse prevedere e predire tutto, fin nei minimi particolari. Divenuto amico di San Bernardo di Chiaravalle, che fu poi il suo biografo, volle finire i suoi giorni in sua compagnia all’abbazia di Clairvaux. Il 2 novembre 1148 Malachia fece chiamare San Bernardo e morì fra le sue braccia. Si pensò che conoscesse la data della propria morte, ovvero l’avesse scelta per essere la significativa ricorrenza di Tutti i Santi, e, forse, secondo il sincretismo dell’epoca, anche l’antica festività celtica e irlandese di Samhain. Clemente III lo canonizzò nel 1190.
Secondo la tradizione, San Malachia avrebbe avuto una visione a Roma nel 1139 e, in base a questa, avrebbe scritto la serie degli aforismi riferiti personalmente a tutti i Papi che si sarebbero succeduti, compresi una decina di Antipapi. Oltre a vari miracoli gli si attribuisce anche un’altra profezia sulla sua amata isola, che, si dice, fu copiata da un antico manoscritto custodito a Clairvaux. Secondo questa previsione l’Irlanda avrebbe sofferto per sette secoli l’oppressione inglese, risultando alla fine libera grazie al mantenimento della fede originaria.
Presunte Conferme della Profezia
Anche se molti motti profetici appaiono oscuri e di incerta decifrazione, altri sembrano estremamente precisi nell’individuare una caratteristica personale dei vari Pontefici. Talvolta l’aforisma riguarda i simboli presenti nello stemma del Papa, oppure la sua origine geografica, altre volte la frase in latino sembra riferirsi alle sue qualità.
Analizziamo alcune significative corrispondenze.- Al primo Papa della serie, Celestino II (1143-1144), corrisponde il motto “Ex Castro Tiberis” (Dal Castello del Tevere): egli proveniva infatti da Città di Castello, nella valle del Tevere.
- Lucio II (1144-1145) si chiamava Gherardo Caccianemici dall’Orso ed il motto della lista di Malachia è “Inimicus Expulsus” (Nemico cacciato).
- Il brevissimo pontificato di Celestino IV (1241), che era cardinale di Sabina ed aveva uno stemma con un leone rampante è in corrispondenza con il motto “Leo Sabinum” (Leone sabino).
- Un paio di Antipapi, Niccolò V (1328-1330) e Clemente VIII (1423-1429), possiedono aforismi che ricordano appunto lo scisma: “Corvus Schismaticus” e “Schisma Barcinorum” (Corvo scismatico e Scisma di Barcellona). Ci sono anche precisi riferimenti geografici, in quanto Niccolò V era nato a Corvara, presso Rieti, e Clemente VIII regnò per breve tempo in terra d’Aragona.
- Urbano VIII (1623-1644) proveniva da Firenze, la città del giglio, ed il suo motto è “Lilium et Rosa” (Giglio e rosa).
- Alessandro VII (1665-1667), al secolo Fabio Chigi, aveva uno stemma con sei monti e una stella. A lui corrisponde il motto “Montium Custos” (Custode dei monti).
Dubbi di Autenticità
Esistono però fondati dubbi che la cosiddetta profezia di Malachia sia in realtà un apocrifo redatto alla fine del XVI secolo, e quindi attribuito al vescovo irlandese circa 450 anni dopo la sua morte. A parte la consuetudine, piuttosto comune in passato, di attribuire a illustri predecessori affermazioni o testi di particolare rilevanza per avvalorarne il significato, non si può escludere l’ipotesi che la pubblicazione del de Wyon sia stata un tentativo di influenzare l’opinione dei cardinali dell’epoca al fine di modificare le loro scelte in Conclave. In particolare si pensa all’elezione del 1590, in cui pare che qualcuno volesse favorire il cardinale Simoncelli di Orvieto con la diffusione della falsa profezia contenente il motto “De antiquitate urbis”, con chiara allusione all’antico nome latino di Orvieto (Urbs Vetus, cioè “Città antica”).
A dimostrazione che la profezia sia un apocrifo del 1595 ci sarebbero alcune imprecisioni biografiche dello storico Onofrio Panvinio che sono riportate nella cosiddetta profezia: certe evidenti incongruenze temporali dovute alla presenza nella lista anche degli Antipapi. Panvinio aveva lavorato nelle biblioteche vaticane nel 1556 e la sua opera di revisione era ovviamente conosciuta dai contemporanei. In tal caso anche la scelta dell’ipotetico autore Malachia sarebbe stata molto opportuna, facendo un sottile e convincente riferimento all’omonimo profeta dell’Antico Testamento; senza contare che lo stesso nome Malachia deriva dall’ebraico e significa letteralmente “Colui che porta messaggi”: davvero c’è il destino nel nome per uno dei più famosi profeti.
Già nel 1700 c’era chi pensava che la profezia fosse apocrifa ed oggi molti affermano che, mentre i motti sono estremamente puntuali ed esatti nell’indicare i Pontefici da Celestino II fino alla pubblicazione del Lignum Vitae (1595), le interpretazioni delle frasi relative ai Papi successivi sono meno lineari e precise, se non addirittura frutto della fantasia dei posteri.
Se però la profezia fosse soltanto un falso, non si spiegherebbero i numerosi casi in cui gli aforismi si rivelarono effettivamente molto calzanti in riferimento a qualche caratteristica riconosciuta dei Papi, e il mistero rimarrebbe, almeno in parte. Occorre anche dire che non sempre possediamo le notizie storiche e biografiche che potrebbero confermare il motto per molti Pontefici del passato, e quindi potremmo non comprendere molti riferimenti profetici magari esatti. In ogni caso, chiunque sia stato l’autore della profezia, gli si deve almeno riconoscere a posteriori una certa capacità previsionale o, per i più scettici, una buona dose di fortuna nella scelta degli aforismi.
I Papi da Pio IX a Giovanni Paolo II
• Pio IX (1846-1878) è il 101° Papa della serie e corrisponde al motto “Crux de Cruce” (Croce della Croce), forse in riferimento ai problemi dello Stato Pontificio durante l’unificazione italiana e la conquista di Roma nel 1870, dopo la quale la croce dello stemma dei Savoia idealmente si sovrappose a quella del pontefice.
• Leone XIII (1878-1903) è il 102° Papa della serie: il motto “Lumen de Coelo” (Luce nel cielo) si può riferire alla figura di una cometa nel suo stemma, ma ancor più al suo motto ufficiale straordinariamente simile: Lumen in coelo.
• Pio X (1903-1914) è il 103° Papa della serie: il motto “Ignis Ardens” (Fuoco ardente) potrebbe essere un riferimento alla sua ardente fede oppure all’inizio della Guerra Mondiale durante il suo pontificato.
• Benedetto XV (1914-1922) è il 104° Papa della serie: con il motto “Religio Depopulata” (Religione spopolata) si allude forse al fatto che, durante il suo pontificato, la Grande Guerra prima e la febbre spagnola poi fecero un enorme numero di vittime in tutta Europa.
• Pio XI (1922-1939) è il 105° Papa della serie: il motto “Fides Intrepida” (Intrepida fede) troverebbe conferma nella sua lotta per la fede in un mondo dominato dai totalitarismi e nel coraggio con cui li avversò.
• Pio XII (1939-1958) è il 106° Papa della serie: il motto “Pastor Angelicus” (Pastore angelico) ricorda San Tommaso d’Aquino, detto il Dottore Angelico, di cui il Pontefice era studioso, ma anche il suo appellativo “Pastore delle anime”. Un film biografico su di lui, prodotto nel 1942, ebbe lo stesso identico nome: Pastor Angelicus.
• Giovanni XXIII (1958-1963) è il 107° Papa della serie: il motto “Pastor et Nauta” (Pastore e navigatore) ben si addice all’ex Patriarca di Venezia, repubblica marinara, ed anche al “pastore e nocchiero” del Concilio Vaticano II.• Paolo VI (1963-1978) è il 108° Papa della serie: il motto “Flos Florum” (Fiore dei fiori) si può riferire ai tre gigli che campeggiano nel suo stemma.
• Giovanni Paolo I (26 agosto 1978-28 settembre 1978) è il 109° Papa della serie: il motto “De Medietate Lunae” (Metà della Luna) allude forse alla brevità del suo pontificato, iniziato con la mezza Luna nel cielo (fase di ultimo quarto) e durato appena più di un mese lunare, suscitando molti sospetti sulla sua morte. Si ricorda anche che il 16 settembre 1978 ci fu anche un eclisse totale di Luna.
• Giovanni Paolo II (1978-2005) è il 110° Papa della serie: il suo motto “De Labore Solis” (Fatica del Sole) sembra proprio significativo in riferimento all’instancabile e continuo pellegrinaggio del Pontefice in ogni parte del mondo; proprio come il Sole sembra girare nel cielo intorno al mondo, anche Papa Wojtila ha volato ripetutamente nei cieli di tutto il pianeta. Assai rilevante in proposito la frase che il 16 ottobre 2003, in occasione del 25° anniversario del suo pontificato, l’allora cardinale Ratzinger gli rivolse testualmente: “Lei ha girato instancabilmente il mondo!”
Gli Ultimi Papi secondo la Profezia
Il 111° Papa della serie è contrassegnato dal motto “De Gloria Olivae” (Gloria dell’olivo). In base a questo fatto molti hanno voluto leggere nella profezia un riferimento alla pace mondiale, di cui l’olivo è da sempre un simbolo riconosciuto, ma non si possono escludere altri collegamenti più o meno simbolici riferiti all’attuale Pontefice Benedetto XVI non ancora evidenziati. Il 27 aprile 2005, durante la prima udienza generale in Piazza San Pietro, il neopontefice dichiarò: “Ho voluto chiamarmi Benedetto XVI per riallacciarmi idealmente al venerato pontefice Benedetto XV, che ha guidato la Chiesa in un periodo travagliato a causa del primo conflitto mondiale. Fu coraggioso e autentico profeta di pace e si adoperò con strenuo coraggio dapprima per evitare il dramma della guerra e poi per limitarne le conseguenze nefaste. Sulle sue orme desidero porre il mio ministero a servizio della riconciliazione e dell’armonia tra gli uomini e i popoli, profondamente convinto che il grande bene della pace è innanzitutto dono di Dio, dono purtroppo fragile e prezioso da invocare, tutelare e costruire giorno dopo giorno con l’apporto di tutti.” Il primo gennaio 2012 Benedetto XVI ha concluso un accorato appello alla pace mondiale dicendo: “La pace nel suo senso più pieno e più alto, è la somma e la sintesi di tutte le benedizioni“.
Ma De Gloria Olivae è l’ultimo aforisma formato da una frase breve che si trova nella presunta Profezia di Malachia. Il successivo motto è sostituito invece con una più lunga previsione che fa riferimento a Pietro il Romano ed a oscure persecuzioni di cui sarebbero oggetto la Chiesa e la città di Roma alla (implicita) fine del pontificato:
“In persecutione extrema Sacrae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septis collis diruetur, et Judex tremendus judicabit populum suum. Amen” (Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà (sul trono) Pietro il Romano, che pascolerà il suo gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dei sette colli sarà distrutta e il giudice tremendo giudicherà il suo popolo).
È significativo che all’ultimo Papa della serie sia attribuito il nome del primo della storia e che nessun Pontefice abbia mai finora assunto il nome di Pietro II. Il nome sembra un riferimento all’Apocalisse di San Giovanni (21,6): “Io sono l’Alfa e l’Omega. Il Principio e la Fine”.A fianco di questo ultimo testo manca la numerazione, e ciò rende anche incerto se Pietro il Romano debba essere inteso come il 112° Papa della lista, oppure il nome sia ancora riferibile al precedente, o a qualche altro personaggio. Esiste pertanto il dubbio che l’attuale Pontefice sia il penultimo ovvero l’ultimo dei Papi della lista attribuita a Malachia; in ogni caso con singolari coincidenze temporali con le profezie del Monaco di Padova (De Magnis tribolationibus et Statu Ecclesiae, 1527) e con la leggenda dell’ultimo Gran Maestro dei Templari Jacques De Molay, il quale, già quasi avvolto dalle fiamme del rogo, pare abbia profetizzato la fine del potere del Papato 700 anni dopo la sua morte, cioè nel 2014.
Sarà interessante poter verificare presto l’attendibilità di queste terribili profezie, confidando che ogni previsione non rappresenti mai un destino ineluttabile e che il futuro sia sempre e comunque un libro con finale aperto ancora da scrivere.
Giovanni Pelosini