TRAMA: Alessia è uscita a cena con la squadra di pallavolo, di cui fa parte l’amica del cuore Giovanna, e ha appuntamento con sua madre sotto casa dell’amica. Lì, a San Sebastiano degli Appennini, dove “gli Appennini però, sono da un’altra parte.”. Ma all’ora stabilita, di Alessia non c’è traccia. Sparita nel nulla. Giovanna “non avrebbe voluto che se ne andasse”. Non c’era un motivo particolare, solo l’impressione che la strada ingiallita dai lampioni non fosse il posto giusto dove stare”. La denuncia della sua scomparsa fa scattare con lo stesso lancio le ricerche della polizia e l’assalto dei giornalisti, che come sciacalli annusano la tragedia.
Passa poco tempo ed entrambi hanno già un nome, o credono di averlo: Claudio Zanetti, un giovane immigrato che parrebbe essere l’ultima persona ad aver visto Alessia. Mentre la gente del paese è certa di aver trovato il suo colpevole, nelle indagini viene coinvolto Gabriele Riccardi. Determinato a ritrovare la ragazza prima che sia troppo tardi, porterà in superficie una fitta trama di segreti, menzogne e ricatti. Fino a scoprire che la verità può essere molto più semplice di quanto ci si aspetti.
“Svanita l’ultima possibilità, era cominciata la ricerca. In piazza, strada per strada, vicolo per vicolo. E solo allora si erano ricordati del terremoto, con i calcinacci a terra, una parte della chiesa crollata sul sagrato, la gente per strada, in attesa di una nuova scossa o della sicurezza per sfidare la notte in casa. Senza dire una parola l’uno all’altro, avevano cercato per ore. A San Sebastiano degli Appennini e fuori, verso le montagne, telefonando a intervalli regolari al cellulare spento di Alessia o al numero di casa, nella speranza assurda che fosse tornata. (…) Poi, c’era stata la denuncia, le domande, i motivi veri o presunti per cui Alessia sarebbe dovuta scappare, i posti che avevano controllato, la cronologia di tutta la serata. Da capo e poi da capo e poi da capo. Alessia era diventata Alessia Scaroni di anni quattordici, un nome su un foglio di carta, chiuso dalle loro firme. E finita tutta la burocrazia per dire quello che non volevano dire, era cominciato il pozzo senza fine dell’attesa”.
Torna al thriller Patrick Fogli. E con lui, con questo “talento vero”, come già scrisse Antonio Gnoli su La Repubblica, torna al lavoro Gabriele Riccardi, ex poliziotto dal passato difficile e doloroso, protagonista del romanzo d’esordio di successo Lentamente prima di morire. Dopo Il tempo infranto e Non voglio il silenzio, scritto a quattro mani con il giornalista d’inchiesta Ferruccio Pinotti, Fogli, considerato uno degli autori più interessanti e originali della narrativa italiana contemporanea, brillante, documentata e lucida penna, lascia le stragi, i grandi buchi neri nella storia del nostro paese – quella di Bologna, l’assassinio di Paolo Borsellino -, e ritorna sul noir superandolo, con un romanzo di suspense, introspezione ed evidente attualità che, come è d’abitudine per Fogli, non può rinunciare alla denuncia: La puntualità del destino.
In un paese di provincia dove tutti si conoscono - e no -, come in tutti i paesi di provincia italiani, a San Sebastiano degli Appennini, in attesa della piena del fiume Idra e appena scosso da un piccolo terremoto che appare premonitore, Alessia, una ragazzina di quattordici anni, scompare. Per i genitori, “finita tutta la burocrazia per dire quello che non volevano dire, era cominciato il pozzo senza fine dell’attesa”, scrive Fogli. Nel resto della comunità, “la provincia” che abita e che abita in lei, si fa sentire in tutta la sua paura, la sua noia, la sua invadenza. Nell’eco di casi di cronaca nera recente, come la strage di Erba al nord, o il delitto di Avetrana al sud, il morbo di una curiosità famelica si scatena alla ricerca di un colpevole, di un capro espiatorio, angosciati da un male temuto e solo presunto, ma già individuato e dato per certo. La stampa, come è ormai consuetudine, si trasforma in un circo mediatico mentre Gabriele Riccardi, che non può accettare una giustizia vittima dei pregiudizi, cerca di far chiarezza sulla banalità del male. E della verità.
Patrick Fogli, nato a Bologna, dove vive tuttora, è ingegnere elettronico. Ospite al Festivaletteratura di Mantova, finalista al Premio Scerbanenco al Noir in Festival di Courmayeur, è considerato dalla critica uno degli scrittori più interessanti e originali della narrativa italiana contemporanea. Ha esordito con il thriller Lentamente prima di morire, ottimo successo di pubblico e critica. Sempre con Piemme ha anche pubblicato L’ultima estate d’innocenza e i romanzi Il tempo infranto, sulla strage di Bologna, e Non voglio il silenzio, sull’assassinio di Paolo Borsellino, scritto a quattro mani con Ferruccio Pinotti .
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