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La questione africana

Creato il 02 febbraio 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La questione africana

Con l’imminente passaggio della presidenza del BRICS dall’India al Sudafrica vi è un fermento di attività nelle capitali dei paesi che formano il suddetto gruppo, inclusa la visita di una delegazione sudafricana a Nuova Delhi. Mentre sono in corso delle discussioni riguardanti il passaggio della presidenza, il punto centrale delle questioni rimane l’agenda dei paesi BRICS.

Se i recenti colloqui con alcuni studiosi sudafricani possono rappresentare un’indicazione, la prossima presidenza BRICS potrà essere condizionata da un forte impulso a voler rappresentare l’intera Africa.
In due conferenze tenutesi in Cina, l’intervento dei delegati sudafricani su questioni relative al BRICS ha posto un’importante attenzione nei confronti dell’Africa, delle problematiche che attualmente riguardano l’Unione africana e il Continente in generale.
Nel periodo che precede il summit 2013 del BRICS sembra che il paese sudafricano da solo stia tentando di riscoprire e rappresentare, in maniera unitaria, la voce dell’intera Africa. Tale scenario ha sollevato diverse critiche e risulta essere difettoso per molti aspetti e, inoltre, potrebbe anche compromettere i progressi finora compiuti.

Il primo problema è inerente al rischio soggettivo e morale. Il Sudafrica non deve considerarsi come il portavoce dell’Africa nel BRICS. Sarebbe presuntuoso, e un certo numero di paesi africani potrebbe presentare delle obiezioni a riguardo. E solamente l’Africa necessita di intessere relazioni con i paesi BRICS? Anche l’Asia Meridionale meriterebbe la stessa attenzione, visto che qui si registra un alto tasso di povertà e con un elevato numero di sfide legate allo sviluppo e a questioni di carattere sociale. In tal senso, l’India potrebbe rappresentare la voce dell’Asia Meridionale e, quindi, dell’intero subcontinente? Sicuramente alcuni paesi dell’Asia Meridionale si opporrebbero ad una simile situazione. La stessa questione si può dire per quanto riguarda il Brasile e il Sudamerica, la Russia e l’Eurasia, la Cina e l’Asia Orientale. Questo ruolo da ambasciatori per le rispettive grandi regioni risulta essere pericoloso e può gravare sul ruolo del BRICS.

D’altra parte quasi tutti i membri del BRICS hanno rilevanti impegni bilaterali con il Continente africano. Mentre la Cina è un recente partner di diverse nazioni africane, l’India ha sia antichi legami di civiltà sia rapporti stabiliti più recentemente. Molti indiani, infatti, si stabilirono in Africa; l’India è stata tra i paesi che hanno mantenuto nei paesi africani il più alto numero di forze di pace; e, soprattutto, le imprese indiane, proprio come la loro controparte cinese, hanno mostrato un crescente interesse per il Continente.
Anche il Brasile possiede un discreto numero di sostenitori nell’Africa lusofona. Le immense risorse e le infrastrutture poco sviluppate che caratterizzano l’Africa hanno attirato il Brasile, il quale ha mostrato un forte interesse commerciale verso il Continente. Quindi, ritornando alla premessa, può il Sudafrica rappresentare gli interessi dell’intera Africa?

Il secondo punto debole dell’espressione il “Sudafrica per l’Africa” è che questa non collima con la ragione che ha portato ad includere il Sudafrica nel BRICS. Solo un ingenuo può attribuire la responsabilità dell’Africa al Sudafrica.
È innegabile che uno dei principali motivi che ha favorito l’inclusione del Sudafrica nel BRICS è stato quello di avere all’interno del gruppo una voce dal Continente, ma questa voce deve parlare soltanto per sé. Il Sudafrica rappresenta un’economia emergente, la quale offre un unico punto di vista e, in più, aggiunge da sola valore al BRICS. È controproducente per un piccolo gruppo consentire l’adesione di un nuovo paese per mezzo di una delega.

Il terzo e più importante punto debole della suddetta espressione è la mancanza di valutazione degli obiettivi reali del BRICS. È indiscutibile che il presupposto di questo gruppo sia quello di porsi come alternativa alla governance globale rappresentata dagli operatori storici dell’emisfero occidentale. Il BRICS non è, e non deve divenire, un altro “sindacato” o una voce dell’”opposizione globale”. Esso è, invece, un gruppo che permette a queste cinque nazioni che ne fanno parte di avere un peso collettivo e di cambiare, tramite il loro impegno, le regole, vecchie e nuove, partecipando al “tavolo globale”. C’è molto in gioco. Il mondo è in continuo mutamento e la governance può essere pensata in maniera differente, ridefinita e rinegoziata. Il BRICS consente ad ogni paese membro di esercitare una rilevante influenza nel dialogo con i paesi occidentali. Questa deve rimanere la priorità del gruppo.

È ora che i paesi BRICS si pongano delle importanti domande. Le risorse e il tempo che ogni nazione dedica al forum dovranno essere dedicati alle questioni regionali come quelle importanti riguardanti l’Africa? Le tensioni e le necessità dell’Asia Meridionale possono essere una priorità? Sarà produttivo per il BRICS prendere parte alle problematiche concernenti il Mar Cinese Meridionale? Oppure il BRICS, essendo un gruppo di economie emergenti che partecipano attivamente al futuro globale, dovrebbe rimanere attivo sull’unico obiettivo di creare una piattaforma volta a dialogore significativamente con tutti i paesi sviluppati e in via di sviluppo su questioni di importante rilevanza?

Non si può negare che il Sudafrica rimarrà, nel prossimo futuro, l’economia principale dell’intero Continente. Inoltre, ha una posizione geografica molto strategica, poiché rappresenta, secondo alcuni, il punto nevralgico fra l’America Latina e l’Asia. Tutto ciò conferisce al Sudafrica un peso di gran lunga superiore rispetto al suo apparato militare ed economico.
Il Sudafrica da solo completa il BRICS. Con l’avvicinarsi del prossimo summit, il paese deve condurre con urgenza una strategica e realista rivalutazione di ciò che vuole ottenere dal BRICS rispetto a ciò che gli viene offerto.

(Traduzione dall’inglese di Marcella La Cioppa)


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