La quinta onda
di J. Blakenson
con Chloe Moretz, Nick Robinson, Liev Schreiber
Usa, 2016
genere, fantascienza
durata, 112'
Il materiale narrativo
accumulato da “La quinta onda” nel primo quarto di proiezione basterebbe da solo a sviluppare almeno
altri due lungometraggi, oltre a quello ricavato dal primo libro della trilogia
scritta da Rick Yancey. Capita infatti che, nell’immaginare gli sviluppi di
un’invasione aliena preannunciata dall’apparizione di una misteriosa astronave,
il regista J. Blakenson il suo
sceneggiatore pensino di dare corso agli eventi attraverso una serie di sconvolgimenti climatici
indotti dai visitatori allo scopo di fiaccare le resistenze della razza umana.
Ora, considerato che nella
prima parte di film Blakenson preferisce lasciare spazio alla dimensione post
apocalittica prodotta dalla catastrofe e allo spirito d’avventura della giovane
protagonista (Chloe Moretz), impegnata a sopravvivere ai rastrellamenti del
nemico, “La quinta onda” potrebbe risolversi ricalcando per filo e per segno i
codici e gli stilemi del disaster movie, ipotizzando alternative futuribili e palingenesi riparatorie.
Senonché, avvalendosi di una svolta narrativa sorprendente e citazionista per
le analogie con un classico della fantascienza come “L’invasione degli ultracorpi”, capita che il film un poco
alla volta assuma le forme di quelle saghe cinematografiche che a partire da Twilight
e Hunger Games hanno raccontato i turbamenti dell’età giovanile
inquadrandoli all’interno di universi leggendari e distopici, e che pur con le
limitazioni di un budget da film
indipendente “La quinta onda” in qualche modo replica nella contrapposizione tra
la resistenza degli umani, ancora in nuce ma ben agguerrita, e la persistenza
della minaccia aliena, attuata con forme di controllo e di manipolazione degne
del grande fratello orwelliano.
Pescando qua e là dai campioni del genere e, in
particolare dal film di Katerine Hardwicke di cui
“La
quinta onda” sembra voler riprende, sia la tipologia del triangolo amoroso che
coinvolge i giovani protagonisti, che le caratteristiche agresti e selvagge
dell’ambiente che gli fanno da sfondo, il lavoro di Blakenson risente di una
costruzione, a tratti un po’ meccanica e non sempre in grado di tenere insieme
le sue fonti d'ispirazione. A favore del film invece, segnaliamo l'estetica da b
movie che nell'artigianato della
messinscena comunica autentica passione.