SINOSSI Una misteriosa calamità colpisce un remoto villaggio belga nelle Ardenne: la primavera si rifiuta di arrivare, gli alberi cominciano a cadere, la terra diventa arida, le provviste scarseggiano. Il ciclo della natura è sconvolto. La natura prende il sopravvento provocando l’implosione della piccola comunità. Due adolescenti, Alice e Thomas, lottano per dare un senso alla propria vita in un mondo che sta crollando intorno a loro.
NOTE REGIA Diario dell'anno della peste C'era una volta, forse l'ultima, in un piccolo borgo agricolo situato alla fine del mondo, in una campagna solcata da valli che ricorda le nostre fiabe dell'infanzia con la sua scacchiera di campi e boschi, una comunità che si accingeva a seppellire l'inverno con un rito che risale alla notte dei tempi. Quand'ecco che per il più grande dei misteri, la natura si inalbera e si ribella: l’inverno non vuole morire e la primavera non può arrivare. Ecco che tutto, assolutamente tutto, poco a poco si sfalda, si deteriora, cade in abbandono – il calore e la tenerezza, l'umanità e la solidarietà. Ecco che il “vivere insieme” si disgrega e il mondo, ancora una volta, va verso la sua perdizione, scivola nella barbarie, fa risorgere i miti e permette all'efferatezza di regnare di nuovo. Ogni cosa sfocia in un dolore incommensurabile, nella pura disperazione e in inutili, benché illuminanti, sacrifici espiatori. Un destino al tempo stesso tragico, implacabile e ineluttabile. Cronaca della sparizione, il terzo lungometraggio di Peter Brosens e Jessica Woodworth declina le quattro stagioni attraverso quelli che potremmo chiamare “quadri di una espirazione”.
Quadri soffocanti di grande bellezza visiva che ci accompagnano verso le porte dell'inferno, tratteggiati come le stazioni di una via crucis pagana che conduce al Calvario della fine del mondo. Quadri che raggelano il sangue e ossessionano. I film di fantascienza amano proiettare le loro storie avveniristiche in un futuro indeterminato dove gli abitati della Terra hanno abbandonato il loro pianeta, divenuto ormai invivibile, dopo essere stati costretti, a causa di secoli di guerre, di sopravvivenza economica o di sconvolgimenti climatici, a migrare nelle galassie in un esilio senza speranza di ritorno. La quinta stagione prefigura questa mutazione senza menzionarla. È un film di prefantascienza dunque? Forse. Di sicuro è un inquietante film collettivo, fuori dal tempo, ma contemporaneo. Indubbiamente viviamo in un momento di drammatizzazione eccessiva e allarmista, ma è pur vero che siamo in un'epoca in cui eminenti scienziati temono l'estinzione di varie specie e la distruzione massiccia degli ecosistemi ad opera dell'uomo.
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