Questo è un argomento che mi sta molto a cuore e che già da tempo mi ero ripromessa di affrontare. Ci tengo a parlarne in primis perché è una delle tante cose che non riesco a comprendere, ma che tanto per cambiare, è diventata una pessima abitudine, e le abitudini si sa, a lungo andare diventano regole. Stamattina, in un imprecisato ufficio postale dell’Italia peninsulare, mi ritrovo a fare la fila per spedire una lettera. Il contenuto del plico non è cartaceo ma è fragile, per questo motivo seppur munita di busta adeguata, devo per forza recarmi allo sportello, in quanto il costo del francobollo dipenderà dal peso. E fin qui ci siamo, tutto rientra nella norma. Mentre attendo, una signora prima di me sta spedendo delle lettere. L’operatore le consiglia di fare la raccomandata, perché la posta ordinaria non consente la tracciabilità della lettera; la signora si lascia convincere, perciò per una semplice lettera spende 8 euro. Dopo di lei arriva un altro cliente, stessa situazione: l’impiegato allo sportello convince il signore a fare una raccomandata e non inviare la sua lettera semplicemente affrancandola, perchè c’è il rischio che si perda.
Arriva il mio turno e l’impiegato fa la stessa proposta anche a me. Premesso che per me non si trattava della prima volta, dico all’operatore che non ho intenzione di fare la raccomandata. Lui mi guarda perplesso, come se fossi un uovo parlante, e ricomincia la manfrina della tracciabilità. Lo redarguisco facendogli presente che i compiti spettanti ad un ufficio postale sono quelli di far arrivare a destinazione lettere, pacchi e cartoline, e non di gonfiare palloncini dunque gli dico che l’invio di una lettera per posta ordinaria prevede che la lettera stessa magari arrivi meno celermente, ma che arrivi. Le poste servono a questo. Gli ho ricordato poi, facendo del sano populismo mattutino, che gli emigranti italiani inviavano cartoline ai primi del ’900 che attraversavano oceani e continenti, e lo facevano senza la tanto nota tracciabilità. L’abuso del simil-progresso o l’ossessione della vendita? Io direi, più italianamente parlando, la raccomandazione delle raccomandate!
V. Di Cesare