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La ragazza che non voleva smettere di correre. Inediti di Vera Bonaccini

Creato il 08 luglio 2015 da Wsf

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Vera nasce a Milano nel Febbraio del 1977. Vive in Liguria. Scrive da sempre su tutto quello che le capita a tiro: fogli, scontrini, muri, a volte anche sulle proprie mani. Quando non scrive, scatta fotografie, disegna, legge o dorme. Fa parte del collettivo Nucleo Negazioni con cui ha pubblicato la raccolta di racconti Nagasaki Luna Park (Edizioni La Gru) e l’antologia poetica: “I ragazzi non vogliono smettere” (Matisklo Edizioni). Una sua poesia è presente nell’antologia “Guadagnare soldi dal caos” (La Gru). È nella redazione di Bibbia d’asfalto – poesia urbana e autostradale e collabora col progetto di scrittura collettiva Carrascosaproject.

È la responsabile della collana di narrativa contemporanea, Vertigini, per Matisklo Edizioni.

Il suo ultimo libro di poesia è “Little Town Blues”, uscito nel 2015 per Matisklo Edizioni.

Da grande vuole fare il pirata.

* NESSUNO.VUOL.GIOCARE

perse il personaggio

verso febbraio o marzo,

cadde in un tombino

e se ne dimenticò,

sopra e sotto

a un palco

sfoggiava denti bianchi

e mani aperte tese

con unghie rovinate

dare lo smalto,

un senso,

un corpo alle parole,

dislessica la voce

che se la portò via

dare un tetto,

un nome,

un volto alle parole,

distopica la luce

che il buio illuminò

masticò il personaggio

intorno a aprile o maggio,

l’appese ad un ombrello

e se ne dimenticò,

fuori o dentro

al mondo

sfoggiava paradossi,

capelli acculturati

con punte rovinate

dare un accendino,

un bacio o due parole,

logica agli eventi,

battezzare un colore

dare una sigaretta,

uno strappo sul furgone,

speranza a un’alba nuova,

un calcio ad un pallone

depose il personaggio

tra giugno e il carnevale

in una grotta bianca

tra l’universo e il mare,

sospeso in un ricordo

tra maschere di cera

sfoggiava l’eresia

di quel che ancora era

e le candele son lucciole

e le lucciole candele

se nessuno sta a guardare

nessuno vuol vedere

e le cartucce son lucciole

e le lucciole illusione

se nessuno sta a guardare

triste è il mondo di cartone

dare un volto,

un corpo, un astro,

un salto sulla sabbia,

dare corda a una sirena,

impiccarsi sulla spiaggia

dare forma a un mondo amorfo,

dare vita a una sorpresa,

l’esplosione di una bomba,

la rivolta che è sospesa

e le quartine son lucciole

e le lucciole illusione

se nessuno vuol giocare

il deserto è religione

** NESSUN MOTIVO, NESSUN CIELO E NEANCHE IL MARE

che poi io di te direi lo stesso

[l’ambivalenza emotiva dell’ego-pace]

definitiva la non accettazione

dell’esistenza di anime autoimmuni

il vago tentativo di concepire

suicidi dilatati in meridiani

quando il vento scuote le foglie amaramente

tra i nostri passi di sole e suole circolari,

di carri_armati per conflitti [in]dichiarati

che poi io di te dirò lo stesso

nocche disgiunte dalle preghiere laiche

e un’ombra nera vaporizzata nelle tasche,

fiori recisi mutati in pietre a zavorrare

nessun motivo, nessun cielo e neanche il mare

a suturare con dita competenti

la ferita cieca di chi resta,

lo sciabordio insistente e senza pace

di schegge d’ossa dentro la testa.

*** MASSACRO IN ROSA

ma davvero

vuoi giocare

al massacro?

a me sta bene,

il web questa sera

è una noia.

dammi dieci minuti

(anche venti magari)

che i capelli rossociliegia

han bisogno di doping

e devo girare

tipo cento sigarette

che mi è entrata la crisi

nei polmoni

e non posso sparare

con le dita impegnate,

la mira ne risente.

te l’ho già detto

dell’armatura

che ho costruito

con le tavole a fumetti

e le stelle triturate?

che la prova costume

per me ha senso

solo col fucile a pompa

tra le mani.

cinque minuti e ci sono,

aiuto il gatto

a riempire le molotov

e mi sistemo i rasoi

come orecchini

che non mi voglio

allargare il sorriso

ogni volta

che scuoto la testa.

eccomi,

sono pronta per la guerra,

anfibi rosa e le parole cariche,

che questa pace

troppo edulcorata

comincia a pesarmi

dietro le palpebre.

**** RIAFFIORA 

la prima sera

mi hai regalato un libro

e mi hai baciato

e gocciola l’asfalto senza fretta senza nome

gocciola l’asfalto nella gola

cadono negli occhi

impalcature deludenti

senzienti i desideri

ci parlano dai sogni

abbiamo troppi nomi – abbiamo troppi segni

le cicatrici sono affreschi disturbanti

le cicatrici sono affreschi nei silenzi

vestita a festa

si muove la città

la miseria ripiegata nelle tasche

vestita a festa

si consuma la città

protetta da

confini inconsistenti

nell’era digitale

realtà post-nucleare

ma pesa la distanza

come ieri

sei un rumore bianco tra accordi dissonanti

il silenzio perfetto della sera

e tutto tende a te

tutto tende a te

riaffiora

vestita a festa

soccombe la città

trafitta da pensieri deprimenti

vestita a festa

si allarga la città

un’ombra antracite

a maledire

la prima sera

mi hai regalato un libro

e mi hai baciato

e tutto tende a te

tutto tende a te

riaffiora

***** UN REQUIEM PER I MESI IN CUI FA CALDO

e Maya si è dimenticata

il velo sull’ultima corsa

della 90 a Piazzale Lotto

una Domenica notte ubriaca

di fine Maggio

senza le scarpe a combattere l’asfalto

e Giano bifronte

si fa i selfie bipolari

sushi vegano con la camicia bianca

[quella nera per gli amici neonazisti]

all’ora dell’aperitivo è ancora Aprile

e fioriscono le milf e il botulino

Prometeo promette arrogante

la Conoscenza dai cartelloni elettorali

e il fuoco purificatore senza pietas

per i nemici della Patria e della Mamma

ed è già Giugno e si muore col sorriso

Poseidone sfoggia raggiante

la Bandiera Blu che si è appena tatuato

e ammicca alle turiste provocanti

allontanando i clandestini con la mano

e viene Luglio sudando l’ansia

in discoteca

Anansi racconta puttanate

alle famiglie che aspettano il traghetto

in fila come bestie sotto al sole

rabbia compatta ripiegata

ad infradito

ed ecco Agosto

ed è la vita che si ferma

pigiata stretta attorno a un ombrellone

Ma poi a Settembre ecco Kalì

spendere miliardi in manicure

la green economy – la beauty farm

e gli oli per capelli alla sirena

per sgomberare gli abusivi dall’altalena

e Maya ritrova il velo

al Parco Lambro

un pomeriggio di un mese a caso

steso su un corpo

e si allontana lentamente pedalando

fischiando un requiem

per i mesi in cui fa caldo.

****** ASPETTO PRIMIPIANI

scusa,

ma secondo te

cazzo mi frega

di cosa mangi?

non siamo mica in guerra

allora sì, la troverei interessante

quella bistecca svenuta sul piatto,

quel controfiletto silenzioso

e provocante

come una diva del muto

ubriaca

e delle nuove scarpe che hai comprato?

e della giacca?

portiamo taglie diverse e voglie diverse

tagli diversi su dissimili epidermidi

io non credo che i vostri figli

un domani

saranno felici di ritrovarsi

globalizzati

in centinaia di computer

di sconosciuti

già si troveranno a litigare

con il classico amico coglione

che si fa il selfie alla festa ubriaco

con loro dietro strafatti di coca

e tutte queste foto di sorrisi

le fate per rassicurare il dentista

che stia tranquillo, la fattura non serviva,

avete leccato il culo senza problemi

anche senza

vorrei vedere altre foto di voi.

quella in bianco e nero in cui vi dicono

che vostro padre sta morendo di cancro.

la panoramica in cui vi beccano a masturbarvi la notte

sui corpi acerbi di adolescenti asiatici.

la foto in cui piangete disperati

mentre vi accorgete di essere falliti.

l’istantanea mossa e sfocata del vostro scippo.

vorrei vedere foto reali, dei miseri umani che siete.

non pietosi paraventi di paranoie

per permettervi di prendervi per il culo.

perché la guerra c’è,

c’è sempre una guerra.

ma voi non la vedete

ossessionati da voi stessi.

aspetto primipiani

dei vostri cadaveri

col fascino vintage

da filtro instagram.


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