Un dipinto battuto all’asta per pochi spiccioli diviene in poco più di un secolo una vera e propria icona: è La ragazza con l’orecchino di perla, di Johannes Vermeer, pittore delle Fiandre attivo nel ’600, che morì a soli 43 anni e di cui sono note solo 36 opere. Abbastanza però da farne capire l’estro, il genio e la bravura.
La ragazza con l’orecchino di perla, piccolissimo dipinto noto in tutto il mondo, soprattutto dopo il romanzo di Tracy Chevalier e il film con Colin Firth e Scarlett Johansson non viene prestato mai per mostre dal museo all’interno del quale è esposto/custodito: il Mauritshuis de L’Aia. Questa è solo la seconda volta, e coincide con un momento in cui il Mauritshuis è in via di ristrutturazione.
Code interminabili davanti a Palazzo Fava, sede della mostra, prenotazioni esaurite fin da una settimana prima per il week-end successivo. Il successo è grande, non c’è che dire, il richiamo della fanciulla sorpresa mentre si volta a guardarci con la bocca socchiusa è fortissimo.
Il piccolo dipinto è il punto d’arrivo del percorso della mostra, che vuole tracciare un po’ una panoramica su quella che viene definita la Golden Age dell’arte delle Fiandre: il ritratto, il paesaggio, la scena di genere, la natura morta. Alcune opere colpiscono per la loro intensità o per la resa, come “Al vecchio che canta il giovane fa eco” di Jan Steen, del 1655, una scena corale e familiare che è presa come spunto per un ammonimento morale: chi nasce in un ambiente di vizio e di dissolutezza sarà più incline ad essi perché è ciò che meglio conosce.
Al vecchio che canta il giovane fa eco, Jan Steen, 1665
L’intento morale, più o meno velato, si riscontra molto spesso presso i pittori Fiamminghi, così le scene di genere vanno guardate a fondo, indagate sotto la superficie, per scovare il loro più nascosto significato. Anche le nature morte talvolta nascondono intenti morali, oltre a rivelare tutte le abilità dei pittori nel rendere le luci, i contorni, i dettagli con vivida naturalezza. La Natura morta con candela accesa di Pieter Claesz, del 1627 è esemplare da questo punto di vista.
Natura morta con candela accesa, Pieter Claesz, 1627
Ma certo, il fulcro della mostra è lei, La ragazza con l’orecchino di perla. Appartiene ad una tipologia di ritratto che si chiama tronie, ovvero non è il ritratto di una persona riconoscibile, ma piuttosto di un individuo convenzionale, di un tipo. Si tratta di una sottocategoria della ritrattistica fiamminga. La ragazza indossa un turbante giallo fermato da una fascia blu, una giacca verde ad ampie maniche e il famoso orecchino. La ragazza con l’orecchino di perla è ritenuta oggi il capolavoro di Vermeer, anche se va detto che la fortuna di quest’artista è stata alterna e giustamente oggi gode del successo che avrebbe dovuto meritare già quand’era in vita e dopo la morte. Invece di lui ad un certo punto si perse quasi memoria ed è per questo che fu possibile acquistare per pochi fiorini il piccolo dipinto ad un’asta nel XIX secolo.
Questo il racconto della mostra. Buoni i contenuti, grazie ad una panoramica sull’arte fiamminga del ’600 che certo è molto più limitata di quella che si svolse poco più di un anno fa alle Scuderie del Quirinale, “Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese”: del resto a Bologna sono riunite le opere provenienti da un unico museo, e questo è al tempo stesso un limite e la forza della mostra. Il problema sono gli spazi e le scelte espositive. Palazzo Fava è sicuramente un bel palazzo, con piccole stanze dalle pareti affrescate e dai bassi soffitti a capriate dipinte. Ma queste piccole stanze sono poco adatte ad accogliere l’enorme flusso di visitatori che la ragazza con l’orecchino di perla richiama. E poi l’ultima sala, quella che ospita proprio il dipinto protagonista della mostra, è la peggiore. Nel buio, perché non la si può chiamare penombra, è illuminato solo il dipinto, davanti al quale si accalca la folla dei visitatori, come davanti alla Gioconda. Sulla parete di fronte un lungo pannello scritto molto fitto racconta il dipinto. Ma siamo al buio, il pannello è grigio con il testo in nero. Una fatica infinita per leggere la spiegazione principale dell’opera principale, per leggere il motivo per cui siamo lì davanti in contemplazione. Un vero peccato, dubito fortemente che questa potesse essere l’unica scelta espositiva.
La ragazza con l’orecchino di perla nel suo allestimento a Palazzo Fava
E voi? Avete visitato la mostra? Cosa ne pensate? Vi è piaciuta?