La Recensione del Mese: Stoner di John Williams

Da Strawberry @SabyFrag

Premessa: questa molto probabilmente non sarà la recensione più originale fatta su Stoner di John Williams. Tuttavia, non credo che potrei scrivere qualcosa di diverso da una recensione positiva ed entusiasta su uno dei libri evento degli ultimi anni, in barba al fatto che Stoner ha quasi 50 anni. Perché Stoner è così, un libro che non ti aspetti, che non ti aspetti così bello.

Titolo: Stoner
Autore: John Williams
Anno: 2012
Editore: Fazi Editore
Pagine: 334
ISBN 9788864112367

William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido. Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell’università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei "Libri rari", con la dedica: «Donato alla Biblioteca dell’Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. I suoi colleghi»

La storia di William Stoner è tutto fuorché sensazionale, apparentemente inutile da raccontare. Il giovane Stoner, dopo un’infanzia passata in campagna con i genitori, si iscrive per volere del padre all’università, dove conosce il piacere della lettura e l’appagamento spirituale che la conoscenza e la sete di essa sanno dare. Una trasformazione radicale per il giovane Stoner, eppure che passa quasi inosservata, giusto un moto di sorpresa, molto contenuta, da parte degli impassibili genitori, ai quali il lavoro dei campi ha tolto qualsiasi espressività e forza vitale, eccetto che per una tenace convinzione pseudo-calvinista secondo cui la vita è sofferenza e sopportazione. Dopo la laurea, Stoner abbraccia la vita accademica, che gli calza come un guanto, come condizione innata della sua persona, eppure, anche in questo caso, tutto avviene con poco rumore: nessun riconoscimento particolare, nessun discorso toccante o lezioni memorabili, ma in compenso difficoltà, ostracismo da parte di quel collega che diventa la sua “nemesi”,  un pacato affetto dai suoi alunni, i quali riconoscono la sua bravura e preparazione ma non riescono mai realmente a raggiungerlo nella sua posizione di accademico quasi totalmente ignaro del mondo che gira al di fuori delle mura dell’università. Stoner si sposa con una donna dalle difficili capacità di interazione con il mondo e vive un matrimonio infelice per ben 40 anni senza mai ribellarsi; ha una figlia che ama molto ma che non riesce a tenere legata a sé; nella sua intera vita considererà come veri amici solo i due giovani colleghi di studi Dave e Gordon, uno dei quali morto in guerra e per gli anni a venire teneramente compianto; ha una relazione con una donna che lo completa, ma il loro amore si rivela ben presto un sogno dolcissimo e impossibile. Il mondo di Stoner si racchiude tutto in questa sfera, delle stesse dimensioni del perimetro dell’Università del Missouri, ma che, in realtà, svela una profondità di gran lunga maggiore, che rispecchia la meravigliosa natura racchiusa nel nostro protagonista.

Ed è proprio questa natura a trovare linfa vitale nello stile di Williams. Una scrittura di qualità, alta, ma senza essere supponente e irraggiungibile. La linearità e la chiarezza con cui Williams racconta la vita di Stoner è un piacere per il lettore, che si sente guidato con eleganza e leggiadria nel mondo del protagonista, aiutato e incoraggiato a sondare ogni singolo aspetto del suo animo, anche quello più oscuro e impenetrabile. Ne sono testimoni le pagine in cui l’anima di Stoner sembra trasmigrare da una realtà che lo isola e lo delude – un momento difficile nella vita del protagonista, senza amore e senza particolari prospettive future – per toccare vette che solo il suo ricco IO interiore sembra regalargli. Pagine di poesia dal sapore agrodolce, forse tra le più rappresentative di un personaggio che fa della “normalità” il vessillo di un’esistenza straordinariamente piena di emozioni e suggestioni, rivelandosi pienamente degna di essere raccontata attraverso la forma del romanzo.

Williams realizza, con la sua scrittura aggraziata e precisa ma allo stesso tempo calda e viva, il ritratto dell’uomo di lettere per eccellenza, colui che sa trovare conforto nella parola scritta e nei libri che lentamente si accumulano nel suo studio con il passare degli anni, senza curarsi troppo degli uomini e le loro beghe. Semplice, allora, per un amante delle lettere, per un lettore, riflettersi in diversi suoi modi e atteggiamenti, emozionarsi di fronte al suo tramutarsi da bruco in farfalla dopo la lettura del fatidico sonetto di Shakespeare, comprendere e condividere il desiderio di avere dei libri da toccare accanto al suo letto durante la malattia. Ci si affeziona a Stoner e inevitabilmente ci commuoviamo per lui, per il suo essere un uomo del suo tempo eppure al tempo stesso così lontano dai suoi contemporanei. Perché nel suo apparire inerte, nella sua rassegnazione colpevole, che non sempre il lettore capisce e accetta – come, ad esempio, nel suo rapporto con la figlia, lasciata in balia di se stessa nel timore di nuocerle, o nella rinuncia passiva all’amore della sua vita – si nasconde una forza sorprendente, una lotta ben più ardua di quella compiuta da chi si arruola per andare in guerra o da chi decide di “farsi la guerra” tra le mura domestiche o nelle aule di un ateneo, quella che si svolge in una dimensione tutta interiore, che si sviluppa nella mente in continuo movimento di Stoner e che trova come unico sfogo esterno lo scontro continuo con il collega e “nemico” Lomax, giungendo, infine, al suo epilogo alla morte del protagonista, quando la mano di Stoner lascia andare il suo libro, che suo non è più. Una sorta di passaggio di testimone, da personaggio a lettore, un atto liberatorio che racchiude l’essenza stessa della vita di Stoner e il senso ultimo del lavoro di scrittore di Williams.

Stoner è un libro che racconta di una vita normale solo all’apparenza. Perché, scostando lentamente la cortina, ecco tramutarsi in un’avventura che ama fingersi timida per poi trasmettere una potenza espressiva ed emozionale unica, silente, essenziale e meravigliosa, da custodire gelosamente con cura una volta giunti all’ultima riga.

Stoner è un libro dagli equilibri perfetti, che dosa sapientemente delicatezza ed energia, poesia e realismo, capace di scivolare leggero davanti ai nostri occhi e, allo stesso tempo, rendersi indelebile nel cuore di ogni suo lettore.

L’autore

John Edward Williams (1922-1994), nato in Texas da una famiglia di contadini, partecipò alla seconda guerra mondiale in India e Birmania. Al suo rientro si trasferì a Denver, in Colorado, dove rimase tutta la vita insegnando all’Università. Oltre a Stoner è autore di tre romanzi: Nothing but the night(1948), Butcher’s Crossing (1960, di prossima pubblicazione da Fazi Editore) e Augustus (Castelvecchi, 2010), vincitore del National Book Award.

 

 

Frasi

> Vagava per i corridoi della biblioteca dell'università, in mezzo a migliaia di libri, inalando l'odore stantio del cuoio e della tela delle vecchie pagine, come se fosse un incenso esotico.

> Mentre la sua mente era impegnata in quegli argomenti e si confrontava con il potere della letteratura cercando di comprenderne la vera natura, avvertiva un continuo cambiamento: e come se ne fosse consapevole, usciva da se stesso entrando nel mondo che lo conteneva e comprendeva così che la poesia di Milton, o il saggio di Bacon, o la commedia di Ben Johnson che stava leggendo cambiavano il mondo che avevano per oggetto, e lo cambiavano in virtù della loro dipendenza da esso.

> Perché ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere.

> L’amore per la letteratura, per il linguaggio, per il mistero della mente e del cuore che si rivelano in quella minuta, strana e imprevedibile combinazione di lettere e parole, di neri e gelidi caratteri stampati sulla carta, l’amore che aveva sempre nascosto come se fosse illecito e pericoloso, cominciò a esprimersi  dapprima in modo incerto, poi con coraggio sempre maggiore. Infine con orgoglio.

> A quarantatré anni compiuti, William Stoner apprese ciò che altri, ben più giovani di lui, avevano imparato prima: che la persona che amiamo da subito non è quella che amiamo per davvero e che l’amore non è una fine ma un processo attraverso il quale una persona tenta di conoscerne un’altra.

> Bisogna innamorarsi, per capire un po’ come si è fatti.

La colonna sonora

Awake My SoulMumford and Sons


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