Quando la situazione si fa difficile, i comuni mortali fuggono, timorosi di affrontarla. Come reagirebbero, anzi, come reagiremmo noi nello scoprire che una certa profezia sta per avverarsi, che l’Anticristo è nostro contemporaneo, che il mondo quale noi lo conosciamo, nonché i suoi simboli, hanno le ore contate?
Il nemico che Tommaso Santini dovrà affrontare è l’avversario per antonomasia, votato alla propria e all’umana distruzione.
La cosa scotta e si impone una domanda: c’è una profezia che indica eventi che dovranno comunque accadere. Già si muove, dall’origine dei tempi, la ruota di un destino contro il quale non si può nulla. Chi o cosa autorizza Santini a fermare Belial, questo il nome del nemico, porre limiti a ciò che deve accadere, impegnarsi in una lotta contro il tempo per fermare il destino implacabile?
La risposta è suggerita via via che la narrazione si snoda, ma si capisce subito che non è affatto scontata.
Ragioniamo un attimo: nel Quinto Vangelo Santini ha affrontato uomini in carne e ossa, votati al male nella forma di elezione totale e incondizionata verso il potere e il denaro. Giungere ad adorare il male in quanto tale, la sua personificazione, il passo è davvero breve.
Nel Quinto Vangelo aleggia una presenza malefica e impalpabile, radicata nel cuore e nella mente di una combriccola di malfattori (il Crepuscolo).
Nella Bibbia Oscura essa si personifica, si incarna nell’uomo che è immagine e somiglianza della divinità e perciò l’abito perfetto, ideale, per irridere e bestemmiare la divinità stessa.
Cristo e Anticristo, proprio perché l’uomo è a immagine della divinità, gli appartengono da sempre, accompagnandolo e consigliandolo stabilmente. Il loro intento è condurlo oltre se stesso: verso la salvezza (Cristo) o verso la dannazione, la distruzione (Anticristo). La Bibbia e la Bibbia Oscura rappresentano la segnaletica, la via che l’uomo deciderà di seguire responsabilmente.
In entrambi i casi l’uomo è condotto oltre se stesso: conquista la sua perfezione (quella perduta di Adamo) o la completa distruzione, fino a incarnare l’esatto significato del superuomo nietzschiano che, in tedesco, è “Ubermensch”, letteralmente “oltre-uomo”. Le vie indicate altro non sono che la perfezione di Adamo o la dannazione del Faust (almeno nel finale della tragedia di Marlowe del 1590).
Preciso doverosamente che questo termine (Ubermensch) compare ben prima di Nietzsche e guarda caso proprio nel Faust di Goethe (vv. 489-90: “Quale miserando orrore ti prende o Super-uomo?”). Non è Faust condotto oltre da qualcun altro, verso la dannazione certa, stringendo un patto il cui prezzo è stabilito dalla sua anima?
Non è una buona cosa ignorare le due dimensioni dell’oltre e ha ragione l’autore quando ci esorta, nelle note finali, ad arrenderci a tale evidenza. Il rischio è di considerare l’uomo il solo artefice del proprio destino: è costretto a essere ottimista, per superare ogni ostacolo incontrato lungo il cammino. Da qui è nata un’altra categoria di superuomo: quella dannunziana, mutuata a suo modo dalla cultura americana piena di supermen e di supereroi straordinari che fanno, dell’avversario di turno, terra bruciata. Mi sono domandato spesso se il risolutore Tommaso Santini non incarni eccessivamente questa idea di super-eroe.
La risposta non è difficile: Tommaso Santini non è il Batman o il Superman che si mostra al pubblico come un trofeo. Si nasconde, non si parla di lui, è attivo ma invisibile, le inchieste che lo coinvolgono sono secretate, i media lo ignorano. Assume le stesse qualità del nemico che deve affrontare: anch’esso inafferrabile, invisibile, quanto basta per rendersi conto che i cliché del genere sono ignorati.
Da non trascurare un fatto piuttosto rilevante: arrivati alla parola fine il lettore, in casi analoghi, pago del diletto e dell’intrattenimento ricevuto dalla storia, tende a chiudere libro o fumetto che sia. Giunto invece alla parola “fine” della Bibbia Oscura, la mente del lettore è un turbine, pullula di pensieri e idee, di domande urgenti, non può impunemente abbandonarlo in un canto della sua libreria e non pensarci più.
Ad esempio: riprendo la domanda di prima: chi ha autorizzato Tommaso Santini ad affrontare Belial?
Di sicuro qualcuna delle sue qualità: la virtù? la forza? la caparbietà? No.
Semplicemente la fede (insieme a tutto il resto, ovviamente), fede in una verità quanto mai sconcertante: “Satana non è onnipotente e non gli riesce a spingere le cose fino alla fine” scriveva ad esempio Thomas Mann nel suo romanzo L’eletto del 1951.
Cosa che Tommaso Santini non ignorava affatto, come dimostra il drammatico scontro finale.
Recensione originale su StrepiTesti Forum