Maria Sofia divenne regina del Regno delle Due-Sicilie a 18 anni al fianco di Francesco II ma non visse, come sua sorella Sissi, solo per la sua bellezza. Non si nascose in qualche reggia sicura, e rimase al fianco del marito e dei napoletani durante l’assedio di Gaeta, fino alla capitolazione avvenuta il 13 febbraio 1861.
Si dice che, vestita con un costume calabrese maschile, si mescolava ai soldati per incitarli al combattimento, cuciva le coccarde per premiarli, incoraggiava il popolo. Andava negli ospedali a prestare soccorso ai feriti.
Cosi la racconta il poeta napoletano, Ferdinando Russo:
E a’ Riggina! Signò!…Quant’ era bella!
E che core teneva! E che maniere!
Mo na bona parola ‘a sentinella,
mo na strignuta ‘e mana a l’artigliere…
Steva sempe cu nuie!…Muntava ‘nsella
currenno e ‘ncuraggianno juorne e sere,
mo cca’, mo lla’…V’ ‘o ggiuro nnanz’ ‘e sante!
Nu’ ‘eramo nnammurate tuttequante!
Cu’ chillo cappellino ‘a cacciatora,
vui qua’ Riggina! Chella era na’ Fata!
E t’era buonaùrio e t’era sora,
quanno cchiù scassiava ‘a cannunata!…
Era capace ‘e se fermà pe’ n’ora,
e dispensava buglie ‘e ciucculata…
Ire ferito? E t’asciuttava ‘a faccia…
Cadiva muorto? Te teneva ‘mbraccia…
Il re e la regina patirono le stesse identiche sorti del loro popolo, dei loro sudditi, dei loro militari, combatterono come loro. Indossarono le loro stesse divise, rischiarono la vita, divisero le razioni militari, patirono il freddo tra le mura del castello di Gaeta, furono traditi e sconfitti. Il re e la regina delle Due-Sicilie divennero i primi emigranti della storia del Regno, come poi accadde per tutti gli altri sudditi sparpagliati via per il mondo. Subirono, infine, lo stesso ostracismo e le stesse etichette, e come i propri sudditi ammirati prima in tutto il mondo ed oscurati poi dalla storia, umiliati allo stesso modo.
Si racconta anche che, i Piemontesi, per screditare la regina combattente durante l’esilio romano, dopo la caduta del Regno delle Due-Sicilie, costruirono i primi fotomontaggi per farla apparire la donna che non era. Nel febbraio 1862 apparvero infatti alcune foto oscene che la ritraevano nuda e che fecero il giro di tutte le corti d’Europa. La polizia pontificia arrestò gli autori.
Con la caduta di Roma e dello Stato Pontificio il 20 settembre 1870, il re e la regina si trasferirono in Baviera. Francesco II mori nel 1894. Maria Sofia trascorse molto tempo a Monaco, e poi si trasferì a Parigi, dove viveva in una villetta acquistata da Francesco II nel sobborgo di Saint Mandé.
A Parigi presiedeva, ancora, in qualche modo, una informale corte borbonica in esilio. Maria Sofia non smise mai di sperare di riconquistare il regno perduto, arrivando persino ad avere contatti col mondo anarchico ed insurrezionale: conobbe lo stesso Errico Malatesta e fu soprannominata, del tutto impropriamente, Regina degli anarchici. Sperava, infatti, di utilizzarli in attentati contro i regnanti sabaudi allo scopo di provocare la destabilizzazione del neonato regno d’Italia. Si diceva che avesse avuto una certa influenza sugli anarchici Giovanni Passannante e Gaetano Bresci contro Umberto I, ma le testimonianze e i processi provarono che i due attentatori agirono individualmente. Alcuni studiosi avevano resuscitato questa voce basata sulla credenza della teoria del complotto dall’allora presidente del Consiglio, Giovanni Giolitti.
In Francia coltivò la sua passione per i cavalli e seguì le gare in varie località europee, come Londra, dove si appassionò anche alla caccia alla volpe.
Durante la Prima guerra mondiale, Maria Sofia si schierò attivamente verso l’Impero tedesco e l’Austria-Ungheria in guerra contro Regno d’Italia. Ancora una volta, le voci sostenevano che lei fosse coinvolta in atti di sabotaggio e di spionaggio contro l’Italia nella speranza che una sconfitta italiana avrebbe disintegrato la nazione e che il Regno delle Due Sicilie sarebbe stato ripristinato.
Durante la Guerra aveva l’abitudine di visitare i campi di prigionieri italiani per portare loro dei libri e quel poco di cibo che si poteva trovare nell’affamata Germania. I soldati non riuscivano a capire chi fosse quell’anziana signora che parlava la loro lingua con uno strano accento tedesco-napoletano e che chiedeva notizie soprattutto dei paesi del Sud. Ecco cosa scrive a proposito Arrigo Petacco: “Fra quei soldati laceri ed affamati, lei cerca i suoi napoletani. Distribuisce, come a Gaeta, bombon e sigari”.
Durante la sua vita, ha generato un’aria di ammirazione anche tra i suoi nemici politici. Gabriele D’Annunzio la soprannominò severa piccola aquila bavarese e Marcel Proust ha parlato di lei come della regina soldato sui bastioni di Gaeta.