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Diario del Capitano. Proseguono le vacanze nella parte Sud del paese. Come promesso, vi aggiorno sulle mie ferie senza che possiate opporvi.Questo è un report d'obbligo, come la tappa che ho fatto ieri sera alla Pasticceria Jonio, dove si celebra il culto del panzerotto. Ehi ma, attenzione cari lettori del Nord, quando dico "panzerotto" intendo qualcosa di molto diverso, a volte opposto, da quella cosa molliccia che siete abituati a mangiare voi nelle pause pranzo, giusto per dare un tocco di originalità alle vostre tristi giornate. E, ahimè, tra i lettori del Nord mi ci metto anch'io. Il panzerotto a cui mi riferisco è quello grande, incandescente, croccante in superficie e poi subito morbido. Se lo appoggi su un tovagliolo, lascia una sorta di sacra sindone di olio. Ma non è olio normale. Di quell'olio tu senti subito il gusto dell'arachide, ti sembra di sentire il sapore delle mani che l'hanno sbucciata, quell'arachide. E poi, una volta aperto, escono fumi di mozzarella di mucca arrostita al sole, misti a quelli di pomodoro. Ma non pomodoro dell'Esselunga. Non pomodoro coltivato secondo tutti i principi normativi Iso 9001. Pomodoro che non sai dov'è stato piantato, forse in una discarica, ma è così...così...BUONO. Ecco, ditemi voi adesso che cosa c'entra quella donna dell'insegna del re dei panzerotti. Così perfetta, truccata, ammiccante con il dito sulle labbra. Che mi rappresenta? Piuttosto, avrebbe dovuto troneggiare una formosa donna incolta con i baffi e il grembiule da cucina. O suo marito, in canotta bianca e spalle pelose. Insomma, il trionfo dei tricologi. Ma se proprio vogliamo uscire dagli stereotipi, potevano semplicemente mostrarmi un forno, o il fuoco. La violenza della natura con tutti i suoi odori e colori. Insomma non so e non mi voglio sforzare, ché sono in ferie. Al limite, comunque, potevo pure farla io la testimonial di quel posto. Mi ci vedo proprio come regina del panzerotto.
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