Fatta anche questa. Dieci giorni di gara, o forse meglio dire nove e mezzo visto l’aperitivo a cronometro d’apertura di circa due chilometri. Una corsa che già dopo il primo vero giorno di corsa ha dato una spazzolata pesante alla classifica, quando il circuito della prima frazione (Santa Maria a Vico) produce sfracelli inaspettati. Cicliste che a metà tappa vengono doppiate, altre che vengono raggiunte verso la fine della frazione. Percorso ondulato, ma soprattutto breve, tanto che a fine frazione – 95 i chilometri totali, con la Vos che mette la sua prima ‘firma’ di questa edizione – si registra un elevato numero di cicliste (157 al via del Giro), che verranno riammesse alla partenza il giorno dopo. Gente di primo piano con, tanto per gradire: Mara Abbott a oltre due minuti, Emma Pooley ed Evelin Stevens a più di quattro, le altre semi-disperse, alcune pare a due giri. E così, siccome tra semi-disperse e ‘distratte’ si parla di qualche decina di cicliste, a favore dello spettacolo si azzerano le regole del gioco. Domanda: le cicliste hanno visionato il percorso? Fatto sta che non c’è da discutere sulla superiorità che Marianne Vos ha mostrato anche quest’anno (4 vittorie su nove tappe ‘vere’ perché, come detto, i due chilometri e briciole del crono-prologo lasciamoli alle statistiche). La sua vittoria finale è stata costruita nella prima metà della corsa: 1^ nella prima frazione di S. Maria a Vico, 2^ nella seconda (vinta dalla Bronzini) sul traguardo di Fratta Maggiore, 1^ nella quarta ad Alba Adriatica, 1^ nella quinta a Cesenatico. Ad un tratto era la compagna di squadra Van Der Breggen a poterle soffiare il Giro, ma alla fine ha vinto la causa Rabobank. Tra le altre concorrenti si è rivista una forte Emma Pooley, che non ha perso smalto rispetto a due stagioni addietro, dopo l’anno dedicato in primis a completare gli studi. La formica atomica britannica è sempre la stessa che avevamo lasciato: in salita non ce n’è per nessuna, peccato che esistano anche le discese. Nelle ultime giornate di gara la capitana mignon della Lotto ha bastonato tutte vincendo tre frazioni: la 6^ tappa Gaiarine – San Fior di 112 chilometri con l’azione più bella della corsa. Dopo essersi scrollata di dosso Longo Borghini, Vos, Hausler, Van Der Breggen, ha rivisto tutte al traguardo. Le altre vittorie sono state conseguite nella 9^ tappa (Verbania – Varzo di 90 km.) e quindi nella 10^ frazione (Trezzo sull’Adda – Magreglio di 81 chilometri) che chiudevano questa edizione. Togliessero le discese la formica atomica avrebbe vinto un paio di Giri. Mara Abbott si è fatta vedere soltanto in salita, com’era prevedibile e con lei la Ferrand Prevot che a tenuto spesso testa alle migliori, potrebbe aver gettato basi per essere protagonista nei prossimi giri. Anche quest’anno il Giro d’Italia ha avuto poca Italia. Se l’anno scorso il 2° posto finale della Guderzo e la ritrovata (e fortunosa) vittoria di tappa della Bronzini avevano reso discreta l’edizione 2013, quest’anno Giorgia Bronzini ed Elisa Longo Borghini sono state le migliori tra le nostre, con qualche risveglio e alcune conferme. L’ex iridata ha vinto, e bene, sul traguardo di Fratta Maggiore, con altri due piazzamenti nelle prime tre posizioni. Elisa ha tenuto bene in salita, tenendo conto che non ha certo un fisico da scalatrice, ed ha chiuso come migliore delle nostre. Sgarbozza – noto personal trainer – ci mette poco a dire che basta che la ragazza perda qualche chilo per migliorare in salita, ma a certe età meglio andarci cauti con il parlare in maniera così semplice del buttar già chili. Ma nel complesso siamo sempre a livelli molto bassi rispetto alle ‘ospiti’ straniere. E di questo si scriverà nella prossima puntata dove si parlerà di: verde speranza, fantasmi biondi, cicliste da premio speciale, e appunto di un 22 a 5 che manco Brasile-Germania.
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Fatta anche questa. Dieci giorni di gara, o forse meglio dire nove e mezzo visto l’aperitivo a cronometro d’apertura di circa due chilometri. Una corsa che già dopo il primo vero giorno di corsa ha dato una spazzolata pesante alla classifica, quando il circuito della prima frazione (Santa Maria a Vico) produce sfracelli inaspettati. Cicliste che a metà tappa vengono doppiate, altre che vengono raggiunte verso la fine della frazione. Percorso ondulato, ma soprattutto breve, tanto che a fine frazione – 95 i chilometri totali, con la Vos che mette la sua prima ‘firma’ di questa edizione – si registra un elevato numero di cicliste (157 al via del Giro), che verranno riammesse alla partenza il giorno dopo. Gente di primo piano con, tanto per gradire: Mara Abbott a oltre due minuti, Emma Pooley ed Evelin Stevens a più di quattro, le altre semi-disperse, alcune pare a due giri. E così, siccome tra semi-disperse e ‘distratte’ si parla di qualche decina di cicliste, a favore dello spettacolo si azzerano le regole del gioco. Domanda: le cicliste hanno visionato il percorso? Fatto sta che non c’è da discutere sulla superiorità che Marianne Vos ha mostrato anche quest’anno (4 vittorie su nove tappe ‘vere’ perché, come detto, i due chilometri e briciole del crono-prologo lasciamoli alle statistiche). La sua vittoria finale è stata costruita nella prima metà della corsa: 1^ nella prima frazione di S. Maria a Vico, 2^ nella seconda (vinta dalla Bronzini) sul traguardo di Fratta Maggiore, 1^ nella quarta ad Alba Adriatica, 1^ nella quinta a Cesenatico. Ad un tratto era la compagna di squadra Van Der Breggen a poterle soffiare il Giro, ma alla fine ha vinto la causa Rabobank. Tra le altre concorrenti si è rivista una forte Emma Pooley, che non ha perso smalto rispetto a due stagioni addietro, dopo l’anno dedicato in primis a completare gli studi. La formica atomica britannica è sempre la stessa che avevamo lasciato: in salita non ce n’è per nessuna, peccato che esistano anche le discese. Nelle ultime giornate di gara la capitana mignon della Lotto ha bastonato tutte vincendo tre frazioni: la 6^ tappa Gaiarine – San Fior di 112 chilometri con l’azione più bella della corsa. Dopo essersi scrollata di dosso Longo Borghini, Vos, Hausler, Van Der Breggen, ha rivisto tutte al traguardo. Le altre vittorie sono state conseguite nella 9^ tappa (Verbania – Varzo di 90 km.) e quindi nella 10^ frazione (Trezzo sull’Adda – Magreglio di 81 chilometri) che chiudevano questa edizione. Togliessero le discese la formica atomica avrebbe vinto un paio di Giri. Mara Abbott si è fatta vedere soltanto in salita, com’era prevedibile e con lei la Ferrand Prevot che a tenuto spesso testa alle migliori, potrebbe aver gettato basi per essere protagonista nei prossimi giri. Anche quest’anno il Giro d’Italia ha avuto poca Italia. Se l’anno scorso il 2° posto finale della Guderzo e la ritrovata (e fortunosa) vittoria di tappa della Bronzini avevano reso discreta l’edizione 2013, quest’anno Giorgia Bronzini ed Elisa Longo Borghini sono state le migliori tra le nostre, con qualche risveglio e alcune conferme. L’ex iridata ha vinto, e bene, sul traguardo di Fratta Maggiore, con altri due piazzamenti nelle prime tre posizioni. Elisa ha tenuto bene in salita, tenendo conto che non ha certo un fisico da scalatrice, ed ha chiuso come migliore delle nostre. Sgarbozza – noto personal trainer – ci mette poco a dire che basta che la ragazza perda qualche chilo per migliorare in salita, ma a certe età meglio andarci cauti con il parlare in maniera così semplice del buttar già chili. Ma nel complesso siamo sempre a livelli molto bassi rispetto alle ‘ospiti’ straniere. E di questo si scriverà nella prossima puntata dove si parlerà di: verde speranza, fantasmi biondi, cicliste da premio speciale, e appunto di un 22 a 5 che manco Brasile-Germania.
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