Il Ministero delle Finanzespagnolo ha reso noto l’ultimo provvedimento preso nell’ambito della regolamentazione del poker online, al via ufficialmente oggi relativamente al rilascio delle licenze, ma che sarà effettivamente operativo solo da martedi 5 giungo.
Il Tesoro ha pubblicato a sorpresa un comunicato nel quale si afferma che il trasferimento dei players dalle poker room dot.com a dot.es non riguarderà i rispettivi account nè i saldi, i quali dovranno essere chiusi e manualmente riaperti dagli stessi interessati.
Quindi non solo i giocatori spagnoli dovranno ritirare il loro denaro e rieffettuare di nuovo il deposito, ma tale procedimento renderà vani i punti ed eventualmente lo status VIP raggiunto.
Inoltre si precisa che il database delle affiliazioni verrà azzerato e al momento del nuovo deposito nella dot.es, gli affiliati partner dei futuri operatori del mercato iberico perderanno il diritto acquisito con le dot.com e i players potranno schegliere i loro affiliati.
Un altro colpo di coda dunque, un altro provvedimento che mostra l’attitudine dei Governi europei alle prese con la regolamentazione, a considerare il settore del gambling online la cash caw da spremere in un momento di estrema difficoltà economica e finanziaria.
Ottima tempistica, bisogna ammettere, di un Governo alle prese con la lotta per la sopravvivenza, con un sistema bancario molto fragile e bisognoso di ricapitalizzazione per non collassare su se stesso, che dopo aver monetizzato sulla tassa reotrattiva per un periodo di 4 anni, già pagata tra l’altro da molte società che sperano di ricevere la licenza d’oro spagnola, decide di sostenere i nuovi entranti del mercato (soprattutto locali come Cirsa e Cordere) con una soluzione al limite delle regole del libero mercato e con costi elevati per i giocatori spagnoli.
Nulla da obiettare circa la volontà di dare ai players la possibilità di scelta con quali affiliati avere rapporti, ma livellare il settore per renderlo più competitivo con un’azione così arbitraria e soprattutto dopo aver incassato sulle tasse reotrattive, ricorda piuttosto la Repubblica Popolare Cinese piuttosto che un Paese membro dell’Eunione Europea.