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La relatività ristretta

Creato il 20 ottobre 2012 da Cultura Salentina

La relatività ristretta

Chi ha avuto a che fare con i bambini sa che, a un certo punto della loro crescita, essi cominciano a fare domande sempre più complesse ai loro genitori. S’instaurerà, tra genitori e figli, un rapporto biunivoco che li condizionerà entrambi: i genitori saranno oggetto di quei segnali che, stimolando amore e tenerezza, indurranno, anche in molte specie animali, alle cure parentali.

I figli, apprendendo dagli adulti tutto il loro sapere, continueranno a fare domande, finché il meccanismo dell’imprinting fisserà le risposte ritenute esaustive, in concetti che si fisseranno alla memoria degli adolescenti, condizionando così tutto il resto della loro vita. Così, chi è nato in occidente, abbraccerà la religione cristiana, chi sarà nato in India, diventerà induista, chi in Giappone scintoista e così via in un crescendo di “diversità” che non riguardano solo lo spazio ma anche il tempo in cui un individuo è cresciuto, fatto che prelude a quel relativismo culturale che rende varia e polimorfa la moltitudine umana.

Ma il condizionamento ambientale non riguarderà solo il campo della religione o delle relazioni sociali, ma anche il campo dell’astronomia, della fisica, della biologia e, per poter rimuovere le “antiche “ credenze, bisognerà fare sforzi notevoli accettando nuovi concetti e teorie a volte fortemente contro intuitivi, come appunto la relatività ristretta di cui oggi voglio parlarvi. La vita caotica dei nostri tempi non concede molto spazio alla fantasia.

Noi adulti siamo oberati dalle mille problematiche che la quotidianità c’impone, ma se provassimo a seguire l’esempio di Einstein e tornare ogni tanto bambini, scopriremmo altre realtà, altre verità che arricchirebbero la nostra mente e darebbero una nuova luce al mondo che oggi ci ospita. Vediamo che cosa diceva il grande scienziato:

“…i bambini che si fanno domande sulla luce, il tempo, lo spazio, sono soddisfatte dalle risposte preconfezionate e non si pongono il problema da adulti. Ma siccome io ero ritardato, mi posi queste semplici domande da adulto e le sondai con maggior tenacia e profondità di qualsiasi bambino…”

Così Albert Einstein, senza far uso inizialmente di complesse formule matematiche, arrivò a formulare la più famosa equazione della storia dell’umanità. Cerchiamo di seguire il suo ragionamento logico. Egli sapeva benissimo, perché altri lo avevano scoperto prima di lui, chela velocità della luce era di 300.000 km al secondo e che era una costante per tutti i sistemi di riferimento, anche se la sorgente di luce fosse stata in movimento. E qui ci tocca andare avanti per esempi se vogliamo seguirlo, senza stancarci, nei suoi esperimenti mentali. Pensiamo che in un vagone di un treno che viaggi a 100 km all’ora ci siano due giocatori di tennis da tavolo: per uno spettatore che stia osservando la partita, la pallina da tennis viaggerà a 20 km all’ora, ma per uno spettatore che sia fermo ad un passaggio a livello, la pallina viaggerà a 120 km all’ora se il percorso della pallina si sta avvicinando a noi (100 km l’ora del treno + 20 km l’ora per la pallina ) 80 km all’ora se se ne sta allontanando. Ma se invece l’esperimento lo facciamo con un raggio di luce, le cose vanno diversamente perché la luce non può cambiare la sua velocità, essendo stato ampiamente dimostrato che la sua velocità è comunque costante. Immaginiamo allora che a rimbalzare nel vagone in movimento non sia una pallina da ping-pong, ma un raggio di luce. Immaginiamo che essa rimbalzi tra due specchi posti sul pavimento e sul tetto del vagone. Se un osservatore si trova dentro il vagone, egli vedrà il raggio di luce percorrere su e giù il percorso del raggio secondo una verticale e cioè percorrerà sempre la stessa distanza tra il pavimento ed il tetto a qualsiasi velocità vada il treno. Ma un osservatore che si trovi fuori dal treno, vedrà il raggio oscillare tra il pavimento ed il tetto non più secondo una verticale (il cateto di un triangolo immaginario), ma secondo una diagonale (l’ipotenusa) tanto più lunga quanto più velocemente correrà il treno. Quindi, essendo la velocità della luce costante (come scoprì Romer e come codificò Maxwell con le sue famose equazioni), questa volta non si potranno sommare le velocità come nell’esperimento della pallina e di conseguenza saranno il tempo e lo spazio a dover subire delle variazioni notevoli e l’osservatore che è sul treno vedrà percorrere il tragitto del raggio di luce in un tempo molto più breve rispetto all’osservatore che è fuori, per il quale il raggio di luce dovrà percorrere una distanza maggiore e quindi impiegare anche un tempo più lungo per effettuare lo stesso percorso. Per capire meglio questo concetto v’invito a visionare il filmato che Piero Angela e il prof. Lanciano hanno preparato per noi.

Se inizialmente questa sembra una contraddizione, è perché siamo abituati a pensare che spazio e tempo siano entità assolute (gli a-priori kantiani) ma, con questo esperimento mentale, Einstein ha dimostrato che ognuno ha il suo tempo e che la stessa distanza varia a seconda che un osservatore sia fermo o in movimento. Questo esperimento mentale fece capire ad Einstein che spazio e tempo non sono assoluti ma relativi . Un minuto secondo per il viaggiatore che si trovi nel treno, dura di meno per un osservatore che stia fuori e, se il treno corresse a velocità simili a quella della luce, il tempo dell’osservatore che sta fuori del treno, aumenterebbe moltissimo. Così si spiega il paradosso dei gemelli che naturalmente non possiamo sperimentare, ma possiamo finalmente cominciare ad intuire. Per lo spazio naturalmente vale la stessa cosa perché spazio-tempo sono indissolubilmente legati l’uno con l’altro.

Ma Einstein non si fermò qui. Ora che era chiaro che il tempo diminuiva con la velocità (si fermerebbe del tutto se potessimo cavalcare un raggio di luce), egli si rese anche conto che, con l’aumentare della velocità, gli oggetti diventano più pesanti, insomma aumenta la loro massa perché l’energia del moto viene appunto convertita in massa in un passaggio reversibile che gli consentì di formulare la celebre equazione E = mc2.

Io mi fermerei qui sperando di avervi stimolato ad ulteriori approfondimenti e sperando che, nel continuare ad esplorare la bellezza di questa magica formula, vi appassionerete allo studio della relatività che qui ho enormemente semplificato non essendo peraltro io un fisico, ma solo un biologo armato di grande curiosità verso tutti i fenomeni naturali. Quella di cui vi ho parlato è solo la relatività ristretta, già abbastanza complessa ma propedeutica di un’altra meravigliosa conseguenza delle scoperte di Einstein: quella relatività generale che ci mostra addirittura l’influenza della curvatura spazio-temporale sulla gravitazione universale. A presto. Dino Licci


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